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25 aprile 2020 - Il messaggio del Prefetto di Sondrio

CULTURA E SPETTACOLO - 24 04 2020 - Salvatore Pasquariello

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25 aprile 2020 - Messaggio del Prefetto di Sondrio in occasione del 75° anniversario della Liberazione dal nazifascismo

Il giorno della festa della Liberazione dal nazifascismo è per me, quest’anno, da una parte, il rievocare momenti indimenticabili vissuti con intensa emozione in alcune mie precedenti sedi di lavoro, Verbania, dove si celebra tra l’altro la Repubblica dell’Ossola, durata solo 40 giorni e Brescia, insignita della medaglia d’argento al valor militare per la Resistenza; dall’altro, il desiderio di approfondire le vicende della Resistenza in questa Provincia, decorata al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale. Non mancheranno occasioni di far visita ai luoghi della Resistenza dove accaddero i fatti più drammatici: Buglio in Monte, Sernio, Campo Tartano, Mello, Vervio, Triasso (Sondrio), Uzza (Valfurva), Boirolo (Tresivio), dove la furia vendicativa si manifestò con incendi e fucilazioni. I centoquaranta caduti partigiani, i quarantotto caduti civili e i centoquarantaquattro mutilati, invalidi e feriti convalidano ed esaltano il contributo corale della gente valtellinese e valchiavennasca.

 

Celebriamo dunque la Liberazione, che costituisce anche il presupposto della nascita della nostra Costituzione Repubblicana!

 

Un’autentica democrazia non è solo il risultato di un rispetto formale di regole, ma il frutto della convinta accettazione dei valori che ispirano le procedure democratiche: la dignità di ogni persona, il rispetto dei suoi diritti, l’assunzione del bene comune come fine e criterio regolativo della vita politica. Se non vi è un consenso generale su questi valori, si smarrisce il significato della democrazia e si compromette la sua stabilità. Se non esiste nessuna verità ultima che guidi ed orienti l’azione politica, allora il potere non trova alcun limite al suo dominio.

 

La libertà è riconoscimento e adesione alla verità: per questo è essenziale porre sempre di più al centro della nostra attenzione, nel dibattito culturale, nelle scuole e nelle università, accanto all’insegnamento delle tecniche, pur necessarie, la ricerca della verità e l’ascolto della posizione che ogni uomo assume di fronte ad essa.

 

La libertà è come l’aria - sottolineava Pietro Calamandrei nel discorso pronunciato nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria il 26 gennaio 1955 in occasione dell’inaugurazione di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione Italiana organizzata da un gruppo di studenti universitari e medi - Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai”.

 

Stiamo facendo esperienza, in parte proprio in questi giorni di emergenza epidemiologica da coronavirus, di cosa significhi vivere con alcune libertà sospese.

 

“E vi auguro di non trovarvi mai – continuava Calamandrei - a sentire questo senso di angoscia, in quanto mi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…

Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che ognuno di noi nel mondo non è solo! Che siamo in più, che siamo parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli”.

 

Aggiungo che la democrazia e la libertà sono strumenti complessi e delicati, è sbagliato, è pericolosissimo considerarle acquisite una volta per tutte. Nulla deve essere dato per scontato e la responsabilità della salvaguardia di questi valori deve passare attraverso l’impegno quotidiano da parte di ciascuno.

 

Primo Levi ci ricordava che ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono essere nuovamente sedotte, anche le nostre.

Voi giovani, e noi tutti con voi, dobbiamo riflettere anche sul fatto che la strage attuale dovuta all’epidemia da coronavirus la stanno pagando soprattutto i bambini e i giovani del ’20, del ’30, del ’40; da loro nacque anche l’idea dell’Europa senza più guerre, un sogno che ci ha donato 75 anni di pace su questo continente; Europa che oggi è la nostra Unione Europea, chiamata proprio in questi giorni a dare segni di solidarietà inedita; sono quei bambini e quei giovani che, in prevalenza, oggi muoiono, a casa, o negli ospedali o in case di riposo. Abbiamo appena celebrato la Santa Pasqua, il loro morire avvolti in un lenzuolo ci richiama l’immagine di Gesù Cristo avvolto nella Sindone.

 

Mi è rimasta impressa la commemorazione – sulla montagna del Sonclino, tra Lumezzane, Sarezzo e Marcheno in provincia di Brescia – della battaglia partigiana che lì si svolse il 19 aprile 1945, dove un cippo ricorda le 18 giovanissimi vite umane che caddero appena 6 giorni prima del 25 aprile sacrificandosi per resistere ai rastrellamenti e al terrore che accompagnava la ritirata nazifascista all’alba della Liberazione dell’Italia.

E’ una strano morire poco prima del 25 aprile.

Lo è ancora di più morire il 26, come il Ten. Col. Edoardo Alessi, al quale è intitolata la Caserma dei Carabinieri di Sondrio e che morì durante un rastrellamento notturno.

In questa Provincia si verificarono vicende drammatiche fino al 3 maggio, quando il presidio tedesco nello Stelvio si arrese.

 

L’oratore ufficiale, nella circostanza di cui facevo cenno prima, evidenziò che questi cippi sono le fonti vive della nostra Costituzione, ricordando le parole di Calamandrei tratte dal discorso che ho prima citato.

Sono andato a cercare queste parole…le ho lette…le ho meditate.

Le voglio rileggere con ciascuno di voi in conclusione di questo mio intervento:

”Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una Carta morta, no, non è una Carta morta, questo è un testamento, è un testamento di centomila morti.

 

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.

 

Salvatore Pasquariello

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