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A piedi nella Valtellina e Valchiavenna di fine ‘800, secondo itinerario

CULTURA E SPETTACOLO - 19 11 2021 - Silvio Mevio

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Piazzi Garibaldi a Sondrio

A distanza di alcuni mesi dalla prima pubblicazione dell’itinerario (il primo) che ha - ufficialmente - aperto la “collana” … siamo a proporvi il secondo (Sondrio-Orobie Valtellinesi-Val D’Ambria) che ripercorre gli “antichi cammini” di viandanti e genti che vivevano la montagna, i quali partivano da Sondrio e, lungo la Val d'Ambria, entravano nella bergamasca attraverso il passo di Cigola. Il tutto estrapolato, in chiave attuale (2021), dalla seconda pubblicazione (versione più ricca ed ampliata della prima del 1873) della “Guida alla Valtellina ed alle sue acque minerali” pubblicata nel 1884 a cura del Club Alpino Italiano - Sezione valtellinese.

 

Da ricordare, anche, che il “deus ex machina” di tutto ciò è Erik Viani, titolare della Libreria del Viaggiatore di Sondrio, appassionato di trekking e di alpinismo, che ha ripercorso alcune grandi vie - in Valtellina e in Valchiavenna attraverso il prezioso “ausilio” della guida sopra ricordata, tratteggiata con sapiente cura da Fabio Besta. Il manuale descrive, infatti, come già ricordato in precedenza … con rara efficacia ed accuratezza, lo stato orografico della Valle e delle Alpi che la circondano, con un richiamo agli usi e costumi del popolo che vi abitava due secoli fa; queste descrizioni costituiscono una grande testimonianza del passato, nonché una chiave di lettura del continuo processo di mutamento del paesaggio e del territorio alpino.

 

Verranno rappresentati alcuni capitoli della storia di questa regione, confrontandola con la nostra attuale realtà, grazie alla collaborazione di: Guido Scaramellini, presidente del Centro di Studi Storici Valchiavennaschi, Saveria Masa, storica valtellinese, M.V.S.A. (Museo Valtellinese di Storia e Arte) di Sondrio, Anna Lanfranchi, componente del C.S.S.A.V. (Centro Studi Storici Alta Valtellina), Riccardo Scotti, geologo e socio del Servizio Glaciologico Lombardo, oltre a Mario Vannuccini e Michele Comi, guide alpine; Andrea Mori, Andrea Panighetti e Laura Besseghini, accompagnatori di media montagna, tutti grandi conoscitori della nostra Valle e Thomas Ruberto, autore di diverse pubblicazioni su Livigno; il piano dell’opera prevede sette uscite (la prima, Chiavenna-Madesimo-colle dello Spluga, già pubblicata nella scorsa primavera 2021) così suddivise:

 

1-Chiavenna-Madesimo-colle dello Spluga (già pubblicato)

2-Morbegno-La valle del Masino

3-Sondrio-Orobie Valtellinesi-Val D’Ambria (già pubblicato)

4-La Valle Malenco-Il Bernina-Il monte della Disgrazia

5-Tirano-Val Poschiavo-Val Grosina

6-Bormio-Valle Zebrù-Ghiacciaio del Forno

7-Livigno-Valle del Braulio e la strada dello Stelvio

 

P.S. Da ricordare che la seconda “uscita” (Sondrio-Orobie Valtellinesi-Val D’Ambria) è stata ulteriormente approfondita sulla rivista “Le montagne divertenti” (autunno 2021 – Beno Editore) in distribuzione e quindi disponibile proprio durante il corrente mese di novembre 2021; buona lettura!

 

A piedi nella Valtellina e Valchiavenna di fine ‘800

ITINERARIO 3

Sondrio – Orobie Valtellinesi – Val D’Ambria – Passo di Cigola

 

Un tempo gli uomini si spostavano a piedi e lavoravano i campi a mano. Che fossero più felici di oggi non è certo, ma sicuramente il contatto con la natura e l'aria aperta irrobustiva il fisico e rinsaldava l'animo. Le Orobie valtellinesi si riconducono ad un paesaggio unico, sospeso nel tempo; uno “stargate” tra passato e presente ricco di storia e tradizioni. Gran parte delle valli orobiche sono raggiungibili da Sondrio, collocandosi al centro della cintura che va dal Legnoncino al Torena, lunga più di 50 km: “Come città, Sondrio è quanto si può mai dire per città di provincia e di montagna, di grazioso, pulito, moderno. Il paesaggio, che contorna ed inquadra Sondrio, è di una bellezza superiore; i panorami che si godono dai punti alti della città sono pure bellissimi.” [1] Così il prof. Gustavo Strafforello definiva il capoluogo valtellinese nella guida “Geografie dell'Italia: provincie di Como e Sondrio” del 1896.

 

Anche Fabio Besta la descriveva nella “Guida alla Valtellina ed alle sue acque minerali” del 1884 esaltando le sue peculiarità: “Capoluogo della Valtellina, è piccola ma graziosa città, divisa dal Mallero in due parti ricongiunte fra loro da tre ponti in ferro di recente costruzione. La stazione della ferrovia è posta vicina al vecchio cimitero, che ora s'abbandona, costruendosene uno nuovo a occidente della città. Uscendo dalla stazione, e prendendo la via a sinistra si passa accanto alla grandiosa filanda Baebler, già Rossi, che merita d'essere visitata, poi si giunge al palazzo delle Scuole elementari, costrutto negli anni 1879 e 1880. Dalla piazza Vittorio Emanuele, vasta e non priva di eleganza, a mezzodì prospetta il grandioso Albergo della Posta, di primo ordine, con ameno giardino, Stabilimento per la cura delle uve dal 15 agosto a tutto ottobre. Pensione a L.7. Si possono in ogni tempo avere vetture per le passeggiate nei dintorni. V’è una tariffa di favore ai prezzi che seguono ad 1 cavallo: Da Sondrio ad Albosaggia e ritorno L.4; da Sondrio a Chiesa in Valmalenco e ritorno L.8; da Sondrio per Tresenda al Belvedere d’Aprica e ritorno L.15. Un breve tratto di via carrozzabile, di recente costrutta, conduce dalle ultime case della contrada Scarpatetti al castello Masegra, dove hanno sede due compagnie alpine, e da cui si gode ampia vista sopra Sondrio e i suoi amenissimi dintorni”.

 

Verso metà – fine Ottocento, con l'introduzione del traffico commerciale migliorano le condizioni dell'artigianato e anche quelle dell'agricoltura: Sondrio inizia, se pur con lentezza, la crescita urbana che si sviluppa dal Piazzo verso Scarpatetti con numerose costruzioni di case rurali e artigianali, mentre lungo il lato orientale della Valeriana e verso occidente sorgono le migliori case patrizie dell'epoca fino alla piana, attualmente Piazza Cavour. A ridosso della periferia un vecchio maniscalco con lunghi e folti mustacchi soprannominato “El Toni” aiutato dal figlio Cecco forgiava ferri per cavalli, asini e muli e, a seguire, vi erano prati e campi di granoturco che occupavano gran parte della piana alluvionale dell'Adda. Oggi Sondrio si presenta come una cittadina moderna, completamente trasformata rispetto a due secoli fa; chiedo a Giusi Sertoris, del MVSA (Museo Valtellinese di Storia e Arte), quali sono state le fasi e le motivazioni principali di questa trasformazione.

 

Con l'ausilio della “Guida alla Valtellina ed alle sue acque minerali” decido di ripercorrere antichi cammini di viandanti e genti che vivevano la montagna, i quali partivano da Sondrio e, lungo la Val d'Ambria, entravano nella bergamasca attraverso il passo di Cigola. Su consiglio della guida seguo la strada più “commoda”, come scrive l'autore, percorrendo la Valle di Vedello: “Per l’alpinista è la più importante fra le valli nelle Prealpi valtellinesi. Vi si può entrare da Sondrio, portandosi alla Moia, e da lì a Faedo poi girando lo sperone del monte e penetrando nella valle lungo uno stretto sentiero che attraversa scoscesi dirupi. Questo sentiero ha il solo vantaggio di non essere nel pomeriggio esposto ai raggi del sole.

Ma volendo da Sondrio recarsi in Val d’Ambria per la strada più commoda, la sola mulattiera, convien seguire a mattina la via nazionale e, traversato il piano di Busteggia, salire il monte. La via corre a risvolti fra vigneti, selve, campi e prati fino alle fontane sotto Piateda (alta), poi entra nella valle a mezza costa e sale lentamente sino al villaggio di Vedello, il Forno della carta austriaca, dove la valle si biparte. Sono notevoli in questo primo tratto alcuni faggi giganteschi i quali trovansi accanto alla via prima ancora che cessi la regione del castagno. Da Vedello, volgendo a destra si sale in tre quarti d’ora, lungo un’angusta valle, ad Ambria, povero villaggio sepolto fra rupi, dove è una quiete che non manca di fascino.”

Scorro man mano i passi di lettura dai quali traspare un'emotività presente e palpabile dell'autore nella narrazione del piccolo villaggio di Ambria, a mio avviso, insieme a Sostila in Val Fabiolo, tra i più bei borghi delle Orobie valtellinesi. Una realtà fluida, in continuo movimento, di rara bellezza che mi catapulta per un istante in quel frammento di vita bucolica:”Gli abitanti durante l’estate attendono ai pascoli e alla raccolta del fieno, nel lungo inverno fabbricano scale, sedie e culle, gerle e campaggi, e così traggono di che vivere. Il parroco è per essi sacerdote, maestro, medico e consigliere, ed è anche per gli alpinisti che visitano questi luoghi una vera provvidenza, perché presso di lui, che tiene osteria, possono sempre trovare modesto alloggio e di che mangiare. È tuttavia prudente, quando si va lassù in parecchi senza dar preavviso, portar con sé pane e carne.”

 

Proseguo il cammino da Ambria verso la valle omonima non prima di soffermarmi sulle prime guide che fecero la storia di queste montagne tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. In quel periodo brilla la figura di Antonio Baroni di Sussia (In Val Brembana), il quale vanta un gran numero di prime salite. Ascese il Pizzo Coca in solitaria nel 1877, nel 1891 tracciò una fantastica alternativa alla Via normale del Pizzo del Diavolo di Tenda, percorrendo i 450 metri di dislivello della cresta sud e nel 1896 completò l'opera salendo la Punta di Scais. “Ma se per le cime orobiche possiamo dire che Antonio Baroni fu per antonomasia la guida bergamasca, Giovanni Bonomi da Agneda ne fu la guida valtellinese. Anche se non fu l'artefice di alcune prime Vie già esplorate in precedenza, le sue doti lasciarono un ricordo indelebile nell'immaginario dei suoi clienti: Alfredo Corti, curatore della guida Alpi Orobie, facente parte della collana Guida dei Monti d'Italia, che nei suoi scritti spende per lui parole dense di ammirazione; il principe Scipione Borghese, il leggendario pilota che vinse nel 1907 lo storico raid Pechino - Parigi, che il Bonomi accompagnò in vetta allo Scais e Redorta; Sir Douglas Freshfield, presidente del Club Alpino Inglese, che venne ospitato ed accompagnato dalla guida di Agneda sulle vette orobiche a fine Ottocento”.

 

Riprendo il passo, inizio a salire la Val d'Ambria tenendo la destra, attraversando una conca dove, in primavera, grazie all'accumulo di acque da disgelo, si forma il Lago Zappello il quale, non avendo affluenti, si dissolve man mano si entra nella stagione secca. Giunto quasi nel fondo valle inizio a salire lungo un sentiero tracciato che mi conduce alle Baite di Cigola per poi continuare in direzione del Passo Brandà. Davanti a me la montagna si fa sempre più aspra e forma una catena invalicabile con cime che sfiorano i tremila come: il Pizzo dell'Omo, il Pizzo del Diavolo di Tenda, il Monte Aga e il Pizzo di Cigola. La salita si fa sempre più impegnativa sino all'altezza di una insegna gialla che indica sulla sinistra il Passo di Cigola, così come la guida descrive: “A circa mezz’ora dal villaggio si trova il lago d’Ambria. Giunti al Dosso, un sentiero sale a sinistra alle Foppe di Cigola e al passo omonimo (2400 m.). Tra i molti valichi che congiungono la Valtellina alla Val Brembana, questo è il più alto e più aspro”. In effetti l'ultimo tratto attraversa un lungo deposito di rocce aguzze e materiale di scarico che si percorre con orientamento a vista sino alla bocchetta d'invito. Si conclude la salita aiutandosi con mani e piedi.

 

Nell'Ottocento, epoca in cui la guida fu pubblicata, i villaggi come Ambria fungevano da baricentro culturale ed i loro abitanti avevano una vera e propria identità forgiata dalla montagna, sviluppando una civiltà di tipo silvo-agro-pastorale. Erano dei maestri di vita, in grado di trasmettere ai giovani la cultura del territorio come scrigno di significati e valori in cui riconoscersi. I giovani di oggi, privati di questo meccanismo e non frequentando più le proprie montagne, hanno perso la propria identità e con essa la ragione di una permanenza in un territorio difficile. “Inoltre”, come evidenzia Annibale Salsa: ”va ribadito che la modernità non ha lavorato a favore della montagna, in Europa e nelle Alpi. Al contrario, ha lavorato contro la montagna, rappresentata come un ostacolo, una chiusura naturale e mentale da percorrere il più rapidamente possibile.”

 

A proposito di sentieri, Salsa scriveva: “I sentieri, le mulattiere, le antiche strade di arroccamento che cosa rappresentano ancora? Oggi li classifichiamo, li cataloghiamo come manifestazioni di una viabilità minore che si sta perdendo. Solo associazioni alpinistiche ed escursionistiche, d'intesa con le comunità Montane, apprezzano il valore culturale ed economico di tali infrastrutture ma, purtroppo, la mentalità prodotta e veicolata attraverso i ben noti circuiti mediatici non ne fa comprendere pienamente il valore. E' difficile, per la nostra cultura della fretta, apprezzare il valore della lentezza nel profondo significato pedagogico e morale.”

 

Questo tempo tiranno che ci toglie il bello dell'esperienza vissuta attraverso l'osservazione, le immagini e le sensazioni; questo mordi e fuggi inculcato da un modello culturale urbano, sempre più disattento al valore dei luoghi e dei particolari, potrebbe sfociare in una visione distorta della montagna, come Annibale Salsa accennava.

 

Bibliografia

 

1. Gustavo Strafforell , La Patria, Geografia dell'Italia, Provincie di Como e Sondrio, 1896 UTET

2. Marino Amonino, Beno e Raffaele Occhi, Giovanni Bonomi guida alpina, 2020 Beno Ed.

3. Annibale Salsa, Il tramonto delle identità tradizionali, 2009 Priuli & Verlucca

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