MENU

Annina e Giacomo: la saggezza dei vecchi

CULTURA E SPETTACOLO - 28 01 2021 - Ivan Bormolini

CONDIVIDI

/UNO SCORCIO DI VIA LUDOVICO IL MORO
UNO SCORCIO DI VIA LUDOVICO IL MORO

Grazie al consenso del direttore Marco Travaglia e ai positivi riscontri avuti  dai racconti “Aspettando il Natale”, ho deciso per quest'anno di inaugurare una nuova rubrica dal titolo “Piccole storielle tiranesi”.

Questi miei scritti non avranno delle date di pubblicazione fisse nell'arco del tempo, saranno ambientati nella Tirano d'altri tempi e soprattutto ciò che proporrò ai lettori non farà alcun riferimento a persone, luoghi o fatti realmente accaduti, insomma sarà tutto frutto della mia invenzione. Concentrò il tutto nel limite di due puntate che saranno proposte una di seguito all'altra.

Nel porre nuovamente gli auguri di buon anno ai miei lettori e a tutti coloro che seguono quotidianamente questa testata, spero che queste storielle vi possano fare compagnia. Buona lettura, vi lascio alla prima che vedrà come protagonisti Annina e Giacomo.

 

Ivan Bormolini

 

Annina e Giacomo: la saggezza dei vecchi

(Prima parte di I. Bormolini) In quel borgo di Tirano dei tempi che furono, in una corte di via Ludovico il Moro, vivevano nelle loro dimore contadine due famiglie di umili origini. La prima aveva una figlia di nome Annina e la seconda un maschio, Giacomo. 

La vita quotidiana di quei due piccoli nuclei o fuochi, come si usava dire un tempo, era scandita dal trascorrere delle stagioni e dai lavori nei campi. Era quello l'unico orologio da seguire nella speranza che la bella stagione fornisse quanto necessario per mettere d'accordo il pranzo con la cena.

Nelle lunghe e fredde sere d'inverno, le due famiglie si trovavano alternativamente nelle due stalle della corte per godere del tepore che le mucche e qualche ovino emanavano. In quei luoghi le madri parlavano del più e del meno, i due uomini discutevano del lavoro e i due piccoli Annina e Giacomo si inventavano giochi.

Nelle giornate d'inverno i padri si dedicavano alla potature delle loro vigne poste sul versante Retico e nel loro certosino lavoro confidavano sempre in una futura stagione produttiva che desse loro qualche soldo dalla vendita delle uve, trattenevano per sé solo i grappoli degli “opoli” che avevano nelle poco solive zone Orobiche nei dintorni del Castellaccio, dalle uve di quei filari facevano il vino per il loro uso quotidiano.

 

Questi due contadini si aiutavano l'un l'altro durante il corso dell'anno e se riuscivano cercavano di trovare qualche lavoro extra, in modo da poter dar sostentamento alle rispettive famiglie. Di certo anche le due mogli facevano la loro parte.

In estate, si saliva in montagna sull'Alpe Canali, era quella salita una piccola processione comune a tantissime famiglie: in pesanti zaini si metteva tutto il necessario per una trimestrale permanenza nelle baite; padri, madri e figli iniziavano la loro migrazione dalla località ancor oggi detta “Li cadeni” e i gli animali li seguivano. Lento era il passo delle mucche verso i pascoli, ancor più claudicante era quello dei due maiali, mentre galli e galline scorrazzavano ovunque piuttosto di seguire la retta via.

In quello spaccato di vita tiranese, Annina e Giacomo crescevano insieme e condividevano tutto; tra i due però emergevano aspetti caratteriali molto diversi.

La piccola, esile e minuta certo non si risparmiava nel tentativo di dare una mano ai genitori, questi cercavano in ogni modo di risparmiarla, ma Annina era sempre pronta a dare una mano tanto al padre quanto alla madre.

 

Giacomo invece, era l'esatto contrario ed ogni scusa era buona per evitare di fare anche piccoli lavori che potevano tranquillamente competergli. I due coscritti andavano sempre insieme anche a scuola tra quelle aule di palazzo Credaro, ma gli esiti delle pagelle erano ben differenti tra i due. La ragazzina, pur non godendo di spiccata vocazione per lo studio, ci metteva il massimo impegno e questo veniva premiato in quel brevissimo percorso scolastico che prevedeva pochi anni di frequentazione. Giacomo poteva essere veramente un alunno modello, ma anche tra penna, calamaio e libri mostrava segni di ampio disinteresse, tanto che in un anno scolastico veniva pure bocciato anche con l'aggravante della poca disciplina.

Annina cercava in ogni modo di aiutarlo anche nei compiti a casa, ma Giacomo pareva non volerne sapere e le liti tra i due divenivano sempre più frequenti.

In quella corte di via Ludovico il Moro, i genitori di Annina erano orgogliosi di quella figlia, mentre dalle finestre della casa accanto, non era raro sentire i duri rimproveri del padre e della madre di Giacomo, il quale nel frattempo, piuttosto di iniziare a piegare la gobba, si era pure improvvisato un chierichetto modello. Non c'era celebrazione nella parrocchiale di San Martino, oppure nella vicina chiesa di Sant'Agostino, alla quale non fosse presente a “servir messa”. Con quella tonaca pareva un angelo, ma di sicuro non lo era. Anche il buon parroco si era accorto del fatto e aveva cercato di redimere il fanciullo, ma nulla da fare!

Il tempo passava, Annina e Giacomo avevano ormai superato l'età dell'adolescenza: la ragazza aveva presto trovato lavoro come “serva”, presso un'agiata famiglia locale. Nella sua umiltà, aveva manifestato dotti anche come cuoca e quasi subito i padroni, l'avevano promossa a quel ruolo.

 

Annina ben si destreggiava tra i fuochi, così dalle piccole e umili ricette casalinghe imparate dalla madre, aveva ampliato i suoi orizzonti. I suoi datori di lavoro, che spesso invitavano nella loro dimora ospiti di un certo riguardo, confidavano in lei per la preparazione di pranzi e cene che mai avevano tradito le aspettative dei commensali.

Per Giacomo le cose erano più complesse, suo padre gli aveva trovato un lavoro come manovale presso una piccola impresa edile, ma nulla da fare. Purtroppo il proprietario si era visto nelle condizioni di licenziarlo per scarso rendimento.

Fortuna aveva voluto che un noto fabbro tiranese, cercava in quel momento giovani da avviare nel mestiere, obbligato dalla famiglia il ragazzo si era presentato in quell'officina, ma il suo atteggiamento sembrava strafottente. Quel maestro nella lavorazione del ferro battuto aveva cercato in ogni modo di renderlo partecipe al lavoro, ma evidentemente il rumore del maglio, il calore del braciere ardente e l'arte del battere il ferro con il martello sull'incudine non si confacevano a Giacomo.

Di tanto in tanto i due amici d'infanzia si trovavano nella bella corte, Annina cercava di convincere l'amico a prendere una strada e a non continuare a vivere sulle spalle dei genitori. In quei colloqui si andava però innescando un qualcosa di più.

In quelle sere del mese di maggio, dove era rito recitare il Santo Rosario, nella “santella” della via, in alcuni si erano accorti che tra i due vi era  del tenero.

Ma come poteva la laboriosa Annina cedere alle lusinghe della schiena di vetro Giacomo? Eppure era successo. Tra quelle due famiglie da sempre unite, era calato una sorta di gelo. Certo i genitori di lei avrebbero preteso per la loro figlia un fidanzato migliore, non un “lendena”, mentre dall'altra parte i “regiur” di Giacomo non sapevano che pesci pigliare per raddrizzare il figlio.

Ma la storia tra i due andava avanti... Si era partiti da teneri baci nei pressi della fontana di piazza Parravicini per poi cadere in altre lusinghe.

 

E così avveniva che Annina era rimasta incinta. La ragazza non sapeva cosa fare e soprattutto come dirlo ai genitori e a Giacomo; per un periodo i titolari di Annina erano andati in vacanza lasciando in ferie la giovane, ed era stato proprio in quelle due settimane che la stessa manifestava sintomi del tutto tipici d' inizio gravidanza.

Il padre che vedeva la figlia star male pensava a chissà quale malattia e ignorava le reali cause, mentre la madre che aveva un po' più di occhio e forse pure esperienza, aveva capito tutto. Voci indiscrete l'avevano avvisata che la figlia e Giacomo, che nel frattempo era stato soprannominato Lazzaro da parecchi, la sera si appartavano tra i vigneti.

La buona donna aveva conservato per se quelle parole, forse bollandole come puri pettegolezzi, ma a quel punto era doveroso mettere alle strette la figlia. Così un pomeriggio, complice l'assenza del marito la obbligava a vuotare il sacco. Annina confessava il tutto con un pianto incontrollabile e la sera ovviamente anche il papà veniva a sapere la verità. La reazione dei due genitori appariva, nonostante la preoccupazione, piuttosto pacata e atta a rassicurare la figlia, i due non si erano lasciati andare in parole o giudizi che potessero ulteriormente umiliare Annina. Certo vi era stato un serio rimprovero, ma in quel momento anche Giacomo e i suoi dovevano sapere e il ragazzo doveva assumersi la sua parte di responsabilità. Anche se i rapporti tra le due famiglie non erano più quelli di un tempo, il papà di Annina in accordo con la moglie e con la stessa figlia, aveva deciso che il giorno successivo era necessario informare il ragazzo e la sua famiglia.

E così era avvenuto, ma la reazione della famiglia di lui non era stata quella attesa e volta ad un dialogo capace di sistemare le cose.

 

Durissime erano state le parole dei genitori di lui:

“Se vostra figlia si è frettolosamente concessa fuori dal matrimonio a qualche baldo giovane, magari amico dei suoi padroni ed è rimasta incinta di un buon partito che ora rinnega il tutto, non venite a dare la colpa a Giacomo che sarà certamente un grande lazzarone ma non è poi così stupido.

E' vero tra loro c'è stato qualcosa, lo sappiamo tutti ma da due baci certo non può nascere un figlio, noi abbiamo chiaramente detto a Giacomo di smettere di frequentare Annina e mettere una volta per tutte la testa a posto. Lui infatti ci ha confermato che la loro storia era finita ancor prima di nascere”. 

 

Ma a quella dura reazione mancava proprio il futuro padre, il quale con altri amici della sua stessa indole, bazzicava per le bettole del borgo passando le giornate a giocare a carte.

Il dialogo tra genitori e alla presenza di Annina, aveva scatenato le ire del padre di lei, di solito Antonio era un omino pacato e capace di pesare ogni parola pronunciata, ma al cospetto di un simile atteggiamento aveva sbottato come un fiume in piena:

“Bene, se la pensate in questo modo, io vi dico che mi meraviglio della vostra conclusione dei fatti, frettolosa e che nello stesso tempo non tiene conto di una nuova vita che sta per arrivare. Io e mia moglie non abbiamo alcun dubbio perché Annina, non ci ha mai raccontato bugie di nessuna sorta, mentre vostro figlio pare invece avervi come al solito ben ben abbindolato”.

Annina nel mezzo di quella corte e abbracciata a sua madre, non credeva a quanto quella discussione stesse degenerando, si sentiva in colpa, si sentiva una peccatrice e questo certo non giovava.

Ma a darle un poco di rassicurazioni era stato l'intervento della madre:

“Abbiamo vissuto quasi insieme per anni, in armonia e ci siamo sempre aiutati, i nostri figli sono cresciuti quasi sotto lo stesso tetto, è vero hanno sbagliato ma in alcuni mi hanno detto che la loro storia d'amore è continuata. Adesso però non vi consento di dare della poco di buono a mia figlia, o giudicarla capace di soddisfare le voglie altrui, non difendete a spada tratta Giacomo”.

 

Nel frattempo giungeva nella corte anche il futuro padre, il quale osservando la scena, i volti dei presenti e soprattutto guardando di Annina, si era limitato a dire:

“Che succede”?

A quella domanda rispondeva la madre di lui:

“Ce lo devi tu cosa succede, qui ti accusano di essere il futuro padre del figlio o della figlia che Annina porta in grembo, ovviamente se così fosse, cosa di cui dubito, siamo qui ad aspettare le tue parole avanti parla, levati da colpe che non hai e facciamola finita”.

In quella parentesi di vita nella corte contadina, di tanto in tanto prendevano parte anche due vecchi, marito e moglie, nella loro anzianità vivevano veramente di poco. Logori dalle fatiche e pieni di acciacchi, nella loro umile casetta che dava accesso a quella corte, se ne stavano quasi sempre seduti su quella panchina di pietra ed il bastone era il loro ultimo compagno di vita. Non avevano figli e si arrangiavano come potevano ma con dignità e saggezza. Lui era stato un vetturale e di “priale” a valle ne aveva condotte tante, lei invece aveva guadagnato paghe facendo tanti lavori, tutto ciò che le capitava era buono per mettere da parte qualche lira.

I due avevano ascoltato quella brutta discussione, in cuor loro si sentivano di avere in quelle due famiglie i figli che avrebbero desiderato, mentre in Annina e Giacomo i nipoti. Nella verità dei fatti, i genitori dei due, avevano sempre volto un occhio benevolo verso quei due vecchi e li avevano aiutati in caso di bisogno ripagandoli di tanti servigi........Quante volte in tanti anni Giacomo e Annina si erano seduti sulle loro gambe, come se loro fossero i nonni che mai avevano conosciuto.  I due anziani scuotevano il capo, pur ancorati a qui principi della vita di un tempo, quella discussione sulla paternità li aveva lasciati basiti.

E Giacomo nel frattempo, difeso dalla madre e guadato da Annina con occhi compassionevoli, diceva la sua verità...

 

(La seconda e ultima parte domani)

LASCIA UN COMMENTO:

DEVI ESSERE REGISTRATO PER POTER COMMENTARE LA NOTIZIA! EFFETTUA IL LOGIN O REGISTRATI.

0 COMMENTI