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Annina Giacomo: la saggezza dei vecchi - 2^ parte

CULTURA E SPETTACOLO - 29 01 2021 - Ivan Bormolini

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/UNO SCORCIO DI VIA LUDOVICO IL MORO
UNO SCORCIO DI VIA LUDOVICO IL MORO

(Seconda ed ultima parte di I. Bormolini) La verità di Giacomo era stata sconcertante, negava di aver avuto rapporti intimi con Annina e aggiungeva di averla illusa con pochi baci. Aggiungeva, rincarando la dose, di non essersi mai innamorato di lei.

 

La povera ragazza scoppiava in un pianto incontrollabile, mentre il padre di Giacomo con fare tronfio diceva che a quel punto tra le due famiglie non vi era più nulla da spartire.

Al momento i due nonnini considerati da tutti come vecchi saggi avevano deciso di non intervenire, e così ognuno si era ritirato nelle rispettive dimore.

I genitori di Annina non avevano alcun dubbio e credevano nella figlia, mentre nell'altra casa si pensava ad un piano per incastrare Giacomo; questo, nel frattempo, nonostante i rimproveri del padre e della madre continuava a vivere sulle loro spalle e ben se ne guardava da dar loro una mano nei vari lavori tra i campi.

Con il passar del tempo la voce che Annina fosse incinta era divenuta di dominio pubblico, se ne parlava fuori dai bar, fuori dalla chiesa parrocchiale e persino il buon parroco certo non mancava di dispensare il suo giudizio che certo non assolveva.

Ma ai pettegolezzi inneggianti allo scandalo e che battezzavano la giovane come la prima ragazza madre di Tirano, il padre e la madre di lei reagivano a testa alta.

Quella pancia che si vedeva crescere sempre di più dava vita a scandalosi giudizi e molti al posto che pensare ai fatti propri, preferivano interrogarsi sulla vera paternità.

 

Un giorno Annina se ne stava seduta sconsolata nella corte, si accarezzava dolcemente la pancia e quella vecchia donnina le diceva:

“Annina, vieni qua non posso dirti di sederti sulle mie gambe come una volta, ma raccontami come stai e cosa è realmente successo”.

La ragazza aveva vuotato il sacco, si sentiva in grave difetto per ciò che era accaduto ma era consolata dal fatto che i suoi non l'avevano giudicata come una poco di buono e che comunque l'avrebbero sempre aiutata anche nel crescere la creatura.

L'anziana, ben conoscendo Annina, ben sapeva che diceva la verità e asseriva di non farsi troppe preoccupazioni per ciò che si andava raccontando in giro, anzi le consigliava di cercare di vivere quei mesi con serenità per la sua salute e per quella vita che le cresceva in grembo.

Una sera il padre di Annina rincasando dopo una dura giornata di lavoro, aveva inavvertitamente appoggiato qualche attrezzo nelle immediate adiacenze della porta della stalla dei genitori di Giacomo.

La scusa era stata buona per innescare una nuova e furente lite tra le famiglie, immediatamente accortosi del fatto il padre di lui, inveiva violentemente contro quell'uomo che in tutta fretta si era premurato di levare quei due rastrelli che evidentemente davano fastidio, o meglio erano la causa per attaccar briga.

A nulla erano servite le umili scuse del padre di Annina, e così alle urla incontrollabili si aggiungevano anche quelle delle rispettive consorti a difesa dei mariti. Se da una parte i genitori della ragazza avevano messo da parte la questione della paternità di Giacomo pur con risentimento, dall'altra si era sempre creduto nel tentativo di incastrare Giacomo e questo era imperdonabile, uno sgarro capace di rinnegare tanti anni di pacifica convivenza e grande amicizia in quella corte.

 

Erano volate parole grosse e accuse reciproche, a momenti i due uomini stavano per arrivare alle mani, ma provvidenziale era stato l'intervento del vecchietto che sino a quel momento non aveva mai proferito alcun verbo sulla questione. Alzatosi da quella panca e vedendo che le cose si mettevano male, con una camminata a lui ormai insolita da anni, si dirigeva verso il quartetto e alzando il bastone in aria con toni severissimi ammoniva:

“Ma non vi vergognate, litigare così per due arnesi e ancor peggio per una nuova nascita, avrei voluto anch'io avere dei figli e dei nipoti, ma la grazia Divina non ha concesso a me e a mia moglie di coronare questo sogno. Vi ho visti crescere e quando avevate avuto bisogno di consigli ve li ho sempre dati, come farebbe un buon padre con la sua prole, ho visto tanta amicizia in voi, avete condiviso tutto per anni e anni ed ora vi vedo cercare di usare la forza l'uno contro l'altro.

Mi avete deluso, a me resterà poco da vivere ogni giorno le forze ed il respiro mi vengono sempre più a mancare, ma vorrei vedere quella creatura nascere in quanto ho fatto un po' anche da nonno ai vostri figli e ora vorrei andarmene col pensiero di essere anche un po' bisnonno e che soprattutto tra di voi vi sia una ritrovata pace. In questa vecchia corte non si sono mai viste certe scene, i vostri genitori hanno sempre vissuto rispettandosi e voi?

Le parole di Giuseppe, questo era il nome dell'anziano, erano apparse talmente dure e nello stesso tempo veritiere tanto da calmare quegli animi surriscaldati. E Giuseppe rosso in volto dalla rabbia, prima di rincasare diceva ancora:

“Vergognatevi, non avete ancora imparato un vecchio detto popolare che dice “che è meglio crescere piuttosto che calare”, ed alzando nuovamente il bastone intimava:

“Ora tornate nelle vostre case, e voi - riferendosi ai genitori di Giacomo - cercate di far ragionare vostro figlio che nega l'evidenza ed è un irresponsabile, li ho ben visti io tutti e due scendere dalla via Santa Maria in una tarda sera di qualche mese fa… Provate a pensarci”!

 

Le due coppie avevano sempre avuto il massimo rispetto per Giuseppe e la sua consorte, ed è vero che spesso avevano chiesto loro consigli, li consideravano saggi e così avevano eseguito quel perentorio ordine di rincasare. Erano legatissimi a loro, anche perché di tanto in tanto non si erano mai sottratti dal curare Annina e Giacomo quando erano piccolini.

Quella sera nella casa di Annina, dopo il suo ritorno dal lavoro non si era fatta parola di quell'alterco, mentre nella dimora di Giacomo quella cena appariva densa di interrogativi che mai ci si era posti. Ma Giacomo continuava a negare quella che sembrava più che un'evidenza.

Il momento del lieto vento ormai si avvicinava, tra Annina e Giacomo da tempo era calato un brutto silenzio, lei non sapeva perdonare e lui non si interessava a quella pancia, ben sapendo che era frutto di un amore che negava. Si raccontava persino che nel suo trascorrere delle giornate tra una bettola e l'altra, non disdegnava di concedersi a “viscole giovani del borgo”, che evidentemente ne apprezzavano certe doti.

Nel frattempo, la madre di Annina, confezionava gli abitini per la creatura, il padre aveva realizzato una bella culla e tutto era ormai pronto, sino al momento delle doglie la ragazza pur risparmiata dai titolari, aveva voluto continuare a lavorare nella consapevolezza di dover crescere da sola quel figlio o quella figlia.

 

E così in una sera le avvisaglie del parto si erano fatte insistenti; vi era in paese un'ostetrica che seguiva le gestanti nel parto presso le loro abitazioni, prontamente il padre di Annina era corso a chiamarla, mentre la madre si adoperava per assistere la figlia.

Vedendo il trambusto anche la saggia vecchina moglie di Giuseppe, era giunta in quella casa per cercare di dare una mano in quei momenti concitati.  Alle cinque dell'alba di quel nuovo giorno, Annina dava alla luce un bel maschietto.

Nei giorni successivi, Giacomo e la sua famiglia parevano essere totalmente indifferenti al lieto evento, ma in quel breve passar del tempo, quella piccola creatura pareva essere totalmente somigliante a Giacomo e la cosa non era passata inosservata.

Anche il vecchio Giuseppe, nel far visita al nuovo nato e alla neomamma, notava quel particolare, il tenero visino di quel pargoletto sempre affamato, era uno spaccato di quel padre che negava ogni colpa, se tale la si poteva definire.

Era chiaro, se mai ci fossero stati dubbi, che questi venivano fugati anche dalle parole proprio dell'anziano:

“Sembra Giacomo quando era nato”! Ed era stato così che proprio Giuseppe vedendo rincasare proprio Giacomo, con un certo piglio lo aveva fermato:

“Giacomo è tanto che non parliamo più io e te, lo vedi io sono un povero vecchio, forse non sarò più degno del tuo sguardo, ma ricordati che io con tanto piacere ti ho fatto anche da nonno e mi permetto di dirti alcune cose".

 

Ammutolito da quello sguardo penetrante, per una volta il ragazzo pareva aver perso la sua tipica baldanza e si era fermato ad ascoltare.

“Vedi ragazzo mio - proseguiva il vecchio - in primo luogo ti chiedo di salutarmi quando mi vedi, è un segno di educazione e rispetto per chi è più anziano di te e ti prego di fare la stessa cosa con mia moglie.

Ora però è giunto il momento che tu ti assuma le tue responsabilità e con te anche i tuoi genitori, come puoi far finta di nulla, quel piccolo a cui non è ancora stato dato un nome è uguale a te quand'eri in fasce, ora sei un uomo e devi dare prova di essere tale.

Vai a far visita a Annina, chiedi scusa per il tuo comportamento e prendi in braccio qual pargolo che ha bisogno oltre che di una brava madre anche di un padre che sia orgoglioso. Infine, ascoltami, è il momento che tu metta la testa a posto.

Non puoi continuare a vivere alle spalle dei tuoi, non devi fare il pellegrino tra le bettole del borgo, un mazzo di carte è certo ben più leggero di una pala ed un piccone, devi trovarti un lavoro e dare un futuro a quella vita appena venuta al mondo… Io te lo dico col cuore in mano, gli errori si possono sempre rimediare, basta solo l'umiltà”!

 

Mentre Giuseppe finiva quel discorso, tra le vecchie mura della corte riecheggiava il pianto del bambino che aveva fame, e così il vecchietto con quel poco di fiato che gli restava diceva al giovane:

“Ascolta, mi par di sentire te e Annina quando eravate venuti alla luce, sai c'erano ancora i vostri nonni che troppo presto ci hanno lasciato e non vi hanno visto crescere, poni fine a questa storia che ha visto indecorosi litigi che mai si erano visti in questa nostra corte, solo tu puoi decidere”.

Giacomo usciva frastornato da qual discorso e dall'udire quel pianto che si era andato lentamente assopendo quando Annina aveva attaccato al seno il piccolo....

Sicuramente complici il discorso di Giuseppe ed il vagito del bimbo, sul volto del ragazzo pareva risplendere una luce diversa, senza replicare alle parole del vecchio ma salutandolo con un gesto affettuoso che non gli era per nulla consono, al posto che trovar ristoro in famiglia, bussava alla porta di Annina e la scena che gli presentava davanti, una giovane donna che allattava, lo aveva commosso e scosso in quella sua indole ribelle.

Pochi, in quel breve frangente erano stati gli sguardi dei genitori di lei, ma alla fine della poppata, Annina faceva un gesto intriso di tanti sentimenti, poneva nelle braccia di un impacciato Giacomo quella creatura... E lui?

 

Che altro dire, a quel Giacomo in miniatura che lo guardava come per dirgli ciao papà finalmente ti vedo, il novello genitore scoppiava a piangere chiedendo scusa a tutti.

Nel breve giro di poche ore, le due famiglie si erano ritrovate, Giacomo aveva ammesso il tutto ed era stato lui l'artefice di una ritrovata pace tra le due famiglie della corte.

Occorreva dare un nome a quel bimbo, Annina e Giacomo avevano deciso per Giuseppe, in fondo era stato quel vecchio a far ragionare quello che sino a qual momento era uno scapestrato.

Ed era giunto il momento del battesimo… I due neo genitori avevano voluto come madrina e padrino proprio i due anziani, questi con onore avevano accettato.

Nel frattempo, in quell'armonia ritrovata, in quei perdoni vissuti, il vecchio Giuseppe che conosceva alcuni artigiani di Tirano, aveva trovato un nuovo e duraturo lavoro per Giacomo.

E così arrivava anche il giorno del matrimonio tra Annina e Giacomo.

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