MENU

Aspettando il Natale: Agnese e le bambole di pezza

CULTURA E SPETTACOLO - 11 12 2020 - Ivan Bormolini

CONDIVIDI

/Il Dosso di Tirano la piazzetta
Il Dosso la piazzetta

(Di I. Bormolini) Il Natale era ormai alle porte in quell'anno di guerra. La piccola Agnese abitava con la mamma e la nonna in una casa della contrada Dosso, il papà era stato arruolato e si trovava al fronte, molto raramente giungevano sue notizie.

La mamma faceva di tutto per far quadrare i conti, ma senza le braccia forti del marito il tutto appariva molto difficile e la nonna ormai anziana era sempre bisognosa di cure che costavano.

Anna, questo era il nome di quella mamma, si impegnava in mille lavoretti, era una buona sarta ma in quei tempi di vacche magre le commissioni per ripare o confezionare qualche vestito erano scarse.

Lavorava i campi di famiglia e la vigna, ma quell'anno anche i proventi della vendita dell'uva non erano stati per nulla generosi. Persino la mucca che allevava nella stalla pareva dare poco latte in quell'inverno che appariva come più triste e cupo del solito. Certo qualche uova dalle tre galline nel pollaio non mancavano, ma la dieta su quella tavola era sempre la stessa.

Un giorno tornando da scuola, Agnese chiedeva alla mamma un regalo per Natale, una bambola di pezza, tante suo compagne l'avevano domandata ai genitori come dono.

Anna, non batteva ciglio davanti a quelle parole della figlia che le aveva indicato anche dove acquistarla.

Nel suo cuore però regnava l'impotenza, non poteva eludere a quel semplicissimo desiderio della figliola, la quale andava benissimo a scuola, non chiedeva mai nulla e quando c'era da dare una mano nei campi, nonostante la sue esilità non si tirava indietro.

Mentre Agnese, in una di quelle sere faceva compagnia alla nonna davanti al focolare, Anna guardava in quel contenitore di latta dove teneva i risparmi. Con le lacrime agli occhi e sapendo del costo della bambola di pezza, appurava che davvero non la si poteva comperare; su un foglio di carta fatti due conti, comprensivi dei farmaci indispensabili dell'anziana madre, erano rimasto giusto il necessario per poter prendere un pezzo di carne da far bollire nel giorno di Natale e poi goderne di un buon brodo, persino l'acquisto nel negozietto di quattro pugni di riso per fare un risottino era divenuto un lusso.

 

In quella notte il sonno per Anna non giungeva, guardava il soffitto della camera che per il freddo pareva essere costellato di stelle fatte di gocce d'acqua, in sé il desiderio di accontentare la figlia non la lasciava.

Il giorno seguente, una sua amica di vecchia data, vedendola più triste del solito, le chiedeva cosa fosse successo e Anna vuotava il sacco, la miseria era tanta e si sentiva in colpa nei confronti di Agnese, oltre a questo da molto tempo non giungevano notizie del marito e il tutto aggravava la situazione.

Quell'amica anch'essa madre di famiglia, le dava il suggerimento di confezionarne una con gli scampoli di stoffa che Anna aveva in casa, certo non la bambola di pezza non sarebbe assomigliata a quella nella vetrina del negozio di piazza Cavour, ma Agnese l'avvrebbe ugualmente apprezzata.

Passavano le giornate e  le lunghe sere in attesa di quel Natale; Anna, una volta assicuratasi che la nonnina avesse preso sonno dopo aver recitato le litanie e le preghiere della sera e che la stessa Agnese dormisse, dava il via a quell'umile intento.

Le foglie secche delle piante di granturco, “sacrfòi” che erano parte integrante dei materassi di quel tempo, sarebbero state indispensabili per dar forma alla bambola, per i il resto pochi pezzi di tessuto avrebbero fatto il loro dovere.

Ed alla fine la bambola di pezza prendeva forma, magari non assomigliava a quella del negozio, ma il buon cuore e le buone mani di quella mamma, erano dedite a realizzarla simile.

 

Aveva avuto cura dei vestiti, non mancavano nemmeno le scarpe che Anna aveva cucito con la già poca lana che aveva a disposizione. Per il volto aveva ritagliato una piccola porzione di sacco di  juta, o “sach de urtìga”, il tutto appariva decente, il sorriso di quella bambola sembrava essere di buon auspicio. La piccola Agnese,  al calar di una sera dicembrina, vedendo la mamma sconsolata tornare dalla stalla con davvero poco latte, le diceva di non farsi carico della sua richiesta, ne avrebbe fatto a meno, l'importante per lei era rivedere suo papà e questa sua richiesta andava ben oltre ogni regalo materiale.

Quell'umile figliola a cui il padre mancava più del cibo quotidiano,aveva fatto finta di nulla per tanto tempo. Nelle sue preghierine della sera invocava nostro Signore chiedendogli di poter riabbracciarlo, mentre recitava il Rosario sulle incerte gambe della nonna, il suo pensiero andava a quell'uomo.

Nel giorno della domenica, andando alla messa, Agnese nell'inginocchiarsi pregava per il padre, le sue piccole mani giunte parevano forti nel loro stringersi. Quelle stesse erano segno di ringraziamento anche per  i tanti sacrifici che la madre faceva.

Ed era giunto il giorno della vigilia, quel piccolo presepe in quella casa di contrada Dosso, sembrava voler rappresentare, oltre alla natività, anche quel desiderio forse, di ricongiungere quella piccola e umile famiglia.

 

Verso il primo pomeriggio, la neve aveva iniziato a cadere copiosa, da quella finestrella Anna osservava Tirano, quel paesello con quella nevicata sembrava farsi voce di tanti messaggi. Pensava  a suo marito, che con fucile in mano era in condizioni peggiori delle loro.

Guardava sua madre, sempre più priva di forze seduta su quella poltroncina, questa nel recitare il Santo Rosario in ricordo dei Vespri pomeridiani ai quali da tempo non poteva partecipare, si distraeva in quella sonnolenza che pervadeva la sua umana condizione dettata dalla vecchiaia.

La bambola era pronta, dall'altra finestrella Anna osservava la figlia, complici precedenti nevicate, Adele faceva la slitta giù per i prati con tutti i ragazzi della contrada. Erano felici quei bambini, tutti insieme per un momento scordavano la precarietà di quel tempo che loro stessi vivevano.

 

Era la notte della vigilia, poco era il motivo di festeggiare in quell'umile casa. Come tutte le sere la minestra era quella, tanto brodo e poca pasta. E così il rituale si ripeteva, a letto presto; ormai, anche la poca brace del camino della cucina, si stava spegnendo, quella legna premurosamente raccolta da Anna, perdeva il suo vigore e lucentezza in quello scoppiettare.

All'udire il campanone e le altre quattro sorelle di San Martino, che annunciavano la messa di mezzanotte, Anna metteva dinanzi al presepe, quella bambola di pezza che aveva confezionato.

L'indomani mattina, Agnese l'avrebbe trovata e  forse l'avrebbe apprezzata assieme a quell'umile tazza di latte fumante e poco altro.

Taceva il Dosso, in quella notte, ben poche erano le luci accese tra le finestre di quelle dimore contadine.

La sveglia, posta da sempre sopra il camino, scandiva il passar delle ore, pochissimi coloro che tornavano dalla parrocchiale di San Martino nell'ormai tarda e buia notte.

 

E la neve scendeva, una poesia in quel tempo dove le privazioni degli affetti, l'insicurezza umana e materiale venivano sempre meno.

A quel punto Anna decideva di coricarsi, molti erano i pensieri che attanagliavano la sua mente, tanto il desiderio di rivedere il marito sano e salvo e la voglia di tornare a festeggiare il Natale come quando Agnese, che chiedeva ormai sempre più spesso del padre, era una bambina che nel suo crescere era stata privata di quell'importante figura.

Nel dare un ultimo sguardo dalla finestrella della cucina, quella donna vedeva una sagoma scomposta e claudicante che dal sentiero che portava alla piazzetta del Dosso a fatica riusciva a raggiungere quella meta.

La debolissima luce, rallegrata solo di fiocchi di neve, all'inizio non le aveva permesso di capire di chi fosse quell'uomo, ma una volta giunto al centro della contrada i suoi tratti improvvisamente si erano fatti più nitidi, chiari e famigliari.

Avvolto in poche vesti logore, malconce, non certo adatte alla stagione e con uno zaino sulle

spalle, in quello zoppicare vistoso Anna riconosceva del suo amato.

Immediatamente, la moglie correva verso l'uscio di casa e aprendolo ecco il volto stanco di suo marito, rispedito a casa dal fronte perché ferito di guerra e non più buono per le armi. Lunga era stata l'odissea del suo viaggio verso casa, dopo una frettolosa operazione che definire chirurgica era persin paradossale. La sua gamba era compromessa, una pallottola di grande calibro lo aveva colpito e così quella divisa che indossava con fierezza, per i suoi superiori era un peso da scaricare e rispedire a casa, senza troppi onori e nessuna lode, nonostante fino a qualche tempo prima Angelo, si fosse dimostrato un buon soldato e sempre schierato nel voler difendere i valori della Patria.

 

Brevi erano stati gli abbracci, l'uomo stanco da un interminabile viaggio, aveva bisogno di essere rifocillato e tutto questo avveniva prontamente. Anna ridava vita al fuoco che doveva scaldare tanta acqua calda, alla fame del marito rispondeva con una dose massiccia di caffè nero fumante e quegli umili dolcetti che aveva preparato per il pranzo di Natale accompagnavano il tutto.

La notte lasciava spazio al nuovo giorno, così una volta ripigliate le forze Angelo apriva quello zaino, custoditi tra quattro stracci, vi erano i regali acquistati da quel buon uomo che inizialmente, dopo il congedo e con un po' di remunerazione in tasca, nemmeno sapeva quanto lunga fosse stata l'odissea del suo ritorno a casa, sperava inizialmente di essere nel paese addirittura per la fine dell'anno. Ma la sorte tanto avversa e in quell'occasione timidamente favorevole, aveva giocato un buon destino e così pur  perdendo l'ultima corsa pomeridiana utile per Tirano, in quella vigilia di Natale, soffrendo aveva intrapreso a piedi il suo ritorno a casa da Sondrio.

 

Molte ore prima, Angelo aveva pensato a tutto, quasi smarrito alla stazione centrale di Milano, nella lunga attesa del treno verso le nostre località, aveva visto un piccolo negozietto aperto nonostante i tempi di guerra.

Entrando, scorgeva un anello di poco valore e subito aveva pensato alla moglie, rovistando con gli occhi, una piccola bambola di pezza faceva da regalo per la sua Agnese ed infine per la suocera, da sempre ancorata ai valori cristiani, un Santo Rosario.....

Giunto a Sondrio con la cosapevolezza di dover farsela a piedi, nell'ormai imminente chiusura del macellaio, contando i soldi entrava. Voleva regalare un degno pranzo di Natale alla famiglia. Ed eccolo un cotechino e pure quattro salsicce di sangue.

Ed era arrivata l'alba, le nubi coprivano i nostri monti e la neve non cessava di cadere, nel suo accumularsi pareva voler narrare la lietezza del Natale, ma soprattutto in quella casa faceva da cornice ad un giorno dove grande era la sorpresa per quell'affetto che fino a poche ore prima sembrava esser lontano.

 

La nonnina si era alzata e recandosi in cucina, aveva rivisto il genero seduto alla tavola con la sua consorte.

L'anziana, tremolante nel suo camminare e incredula, quasi quasi balbettando parole che venivano dal cuore, aveva visto negli occhi della figlia l'assenza di quell'ombra oscura che ormai da anni la attanagliava.

Poco dopo anche Adele si era risvegliata, ormai si era persuasa che nulla Gesù Bambino le avrebbe portato, se non un pezzo di carne bollita, frutto dei sacrifici di sua mamma.

C'era in quella mattina un caldo insolito nella casa, Adele lo aveva percepito già alzandosi dal letto. 

Come ogni giorno quasi sconsolata, si era diretta verso la tavola per quel poco latte inzuppato normalmente da pochi dolci casalinghi.

Le era bastato sentire una voce maschile per farle urlare papà sei tornato. Infinito era stato quell'abbraccio.

In quel giorno di festa, il pranzo di Natale era ben più ricco del solito. La carne, bene prezioso e molto spesso solo un miraggio, era abbondante, patate, cipolle e carote, avevano assunto in quel pranzo un sapore diverso e ben accompagnavano il grande dono dell'unione ritrovata.

Certo Adele, non si aspettava nulla di più di quanto potesse avere. Papà Angelo e mamma Anna le davano quella bambola di pezza che il padre aveva preso Milano.

Ma quella bambina, nei tempi precedenti si era accorta che la madre le stava confezionando una bambola..... Era fiera di quella figura materna e sapeva che in quel regalo vi era riversato un grande amore di madre, capace sempre di dare affetto nonostante le tribolazioni dell'epoca.

 

E così, facendo tesoro di quel gradito dono, diceva:

“Mamma tu pensavi che io dormissi, ma ti ho vista ieri sera riporre davanti al presepe la bambola che tu mi hai confezionato. Avevi le lacrime agli occhi. Oggi siamo qui con mio papà, non nascondere quel tuo regalo, le due bambole per me hanno la stessa importanza... ”.

Dopo tanto tempo, non avevo mai dimenticato la voce di mio papà, la tua parola mamma mi ha confortato, adesso siamo nuovamente insieme, ed io voglio che quelle due bambole di pezza giochino con me.

La nonnina, con la mantellina di lana, ascoltava le parole di quella sua unica nipote, in cuor suo era felice.

Sono passati i decenni da quel Natale, il Dosso è cambiato.. Eppure nonostante Angelo, Anna e ben prima di loro, la nonnina se n'era andata, in una casa restaurata, su quel divano Agnese, conserva con affetto e stima, quelle due bambole, annoverando quel Natale denso di affetti dei tempi passati.

Buon Natale!

 

L'immagine di copertina è di Ivan Bormolini

LASCIA UN COMMENTO:

DEVI ESSERE REGISTRATO PER POTER COMMENTARE LA NOTIZIA! EFFETTUA IL LOGIN O REGISTRATI.

0 COMMENTI