MENU

Cenni sulla storia della fiera di San Michele

CULTURA E SPETTACOLO - 18 09 2019 - Ivan Bormolini

CONDIVIDI

/foto storica fiera san michele

(Di I. Bormolini) Cinquecentocinque anni fa nasceva la fiera di San Michele, un evento commerciale di grande valenza storica. Voglio, nell'imminenza di questa fiera che si terrà il 29 settembre, ricordarne la storia ed alcuni particolari importanti legati a questa manifestazione, ovvero le vicende legate alle “botteghe” e all'“Hostaria granda”.

 

Ma partiamo in questa prima parte dalla storia: geograficamente parlando, Tirano si è sempre trovata in una posizione ottimale per i commerci, un crocevia viario unico.

L'evento dell'Apparizione del 29 settembre 1504, come ho già avuto modo di dire, aveva ulteriormente rafforzato quell'economia.

Dietro supplica di alcuni tiranesi, nel 1514, il vescovo di Coira e il Governo Grigione, concedevano a Tirano il diritto di organizzare un grande mercato agricolo-commerciale, ovvero la fiera di San Michele.

Questa manifestazione era diventata ben presto la più importante di tutta la valle, contribuendo a far divenire Tirano il baricentro economico e sociale della Valtellina.

Il borgo infatti assumeva un ruolo fondamentale quale epicentro di interessi tedeschi, svizzeri, milanesi, veneziani e tirolesi.

 

Nel periodo di maggior splendore questa manifestazione durava quindici giorni, assumendo sempre più la valenza di una e propria fiera campionaria di richiamo internazionale.

Pur essendo noi sudditi dei Grigioni, dominatori della nostra valle dal 1512, questa concessione va ampiamente definita come positiva all'interno dei rapporti che caratterizzavano i primi anni di dominio.

E' chiaro ed evidente che anche i commerci Grigioni da questa fiera traevano enormi vantaggi ed anche il periodo in cui si teneva non era certamente casuale. La locazione dell'evento non era stata identificata in modo improvvisato, ma il tutto era ben studiato. I luoghi attorno al santuario iniziato nel 1505 e nel 1513 già officiato, ben si inserivano oltre ad un ampio contesto devozionale, anche nella sfera commerciale.

 

L'attento cronista del santuario Giuseppe Maria Quadrio affermava:

Intorno al magnifico tempio della Beata Vergine, per ogni lato, si intendano fondachi e case e cinquantotto botteghe comode a mercanti.”

Queste botteghe si allineavano in una lunga e pittoresca teoria, vi era posto anche per il bestiame, i tantissimi capi venivano collocati nello grande “prato delle fiere”, poco distante dalla piazza del santuario.

Sempre il Quadrio ci fornisce una fedele descrizione delle merci, dei capi di bestiame e della loro provenienza esposti in quei luoghi storici:

“ Cavalli d'ogni fattura vi conduconsi e questi si traggono dalla Baviera e in ispezie dal Salisburghese, dall'Algovia, dai Svizzeri e dalle città Franche imperiali. Quivi traggono da Venezia le droghe, le cere, i saponi: da Padova e da Verona i panni e le calze di stame: da Bassano gli alti e bassi fioretti: da Brescia le lane, i fili e le candele di Sevo: da Bergamo le cuoia. Dalla Slesia le tele: dalla Germania i cappelli: i panni del Nord, del Buffo, d'Olanda e d'Inghilterra: da Bolzano le persiane di ogni genere, le calamandre le terliggi: da Milano le sete, le stoffe, di Lione le drapperie, i galloni d'oro e d'argento: dalla parte di Genova si spediscono li tabacchi....”.

 

Oltre ai cavalli, si contavano tantissimi altri animali, mucche, ovini, asini, caprini e altro.

I DAZI I CONTROLLI E LE GRIDE: in occasione di questa fiera i Signori Capi dei Grigioni, aggiornavano e pubblicavano i dazi sulle singole merci.

Esisteva un documento specifico dove venivano registrati i dazi e gli accordi che intercorrevano tra i Grigioni ed i Rettori dell'amministrazione del santuario, questi ultimi avevano l'incombenza di far rispettare tutte le disposizioni in tal senso.

I dazi più forti erano quelli sulle “spezierie” ed ancor più elevati erano quelli sui tabacchi in vendita nei giorni di fiera in un'ampia varietà di tipi o gusti.

L'afflusso di commercianti e compratori era notevolissimo e quindi ai fini della sicurezza e del regolare svolgimento della fiera, tutto andava appositamente regolamentato.

Per tale motivo, il Commissario del Terziere Superiore, per ordine del Governo di Coira, emetteva continuamente delle “gride”, spesso severissime.

Con l' emanazione di queste regolamentazioni venivano date meticolose disposizioni, circa i forestieri, il commercio, la località e gli orari delle fiere.

E' chiaro che le pene per chi trasgrediva a qualsiasi “grida” le pene applicate erano altrettanto severe.

 

Faccio alcuni esempi: si proibiva nella fiera e quindi durante tutto il suo svolgimento “di fare questioni e risse, sia verbali che fisiche, chiassi, bagordi scandalosi, sotto pena per i trasgressori di 200 scudi d'oro”, oppure secondo la gravità del reato o del fatto era possibile ricevere tre squassi di corda.

Mi vien da pensare che questi bagordi, potrebbero essere stati magari frequenti: dico questo perchè un'ordinanza del 1700 permetteva nei giorni della fiera di San Michele che “ ognuno possa impunemente far osteria e bettola”.

Certo la possibilità era una buona occasione per i tiranesi, che in imminenza della vendemmia trovavano la possibiltà di vuotare le proprie botti. Ma volete proprio che nessuno abbia mai alzato troppo il gomito e fatto qualche rissa?

Era inoltre proibito portare nella zona della fiera archibugi lunghi e corti, pistole, coltelli, barre di ferro e altro. Gli osti dove alloggiavano commercianti e compratori erano obbligati a dar notizia di tale divieto.

Si bandivano dalla fiera ogni sorta di “Giuochi” sia segreti che palesi, era dunque guerra anche nei confronti dei “ciarlatani”.

 

Attente erano anche le regolamentazioni sull'orario di accesso alla fiera: dopo il suono dell'Ave Maria della sera, al di fuori dei mercanti, bottegari e loro servitori, nessuno poteva accedere alla zona se non con il lume tra le mani.

Altre grida interessavano i contratti che venivano stabiliti tra venditori e compratori e gli strumenti di misura o di peso, questi ultimi dovevano essere rigorosamente controllati e bollati.

Proprio per controllare meglio la situazione, il Capitano Generale, in occasione del periodo della fiera, trasferiva la sua residenza da Sondrio a Tirano.

Nei pressi del palazzo Pretorio, attuale piazza Cavour, funzionava con continuità il cavalletto per squassi di corda, attivo come pena per tutti coloro che contravvenivano ai regolamenti del mercato.

La fiera, dopo grandi fasti commerciali e storici, verso la metà dell'Ottocento registrava una decadenza.

Le mutazioni economiche, le nuove facilitazioni nelle comunicazioni e le nuove rotte commerciali, favorivano altre direzioni ai grandi traffici di merci a livello europeo. In questo modo la fiera si riduceva ad un grosso evento locale.

 

(Fine prima parte, domani la seconda parte)

Ivan Bormolini

 

FONTI: Sintesi di storia della Valtellina medio-alta. Autore Ennio Emanuele Galanga. Museo Etnografico Tiranese. P. 48/49. Stampa: finito di stampare nell'agosto 1992 dalla Litografia Poletti in Villa di Tirano ( So ).

Tirano. Autore don Lino Varischetti. P. 45/46/47/48. Stampa: Finito di stampare il 29 settembre 1961 presso la Tipografia Bettini di Sondrio.

Foto di copertina gentilmente concessa dal professor Gianluigi Garbellini.

GALLERY

LASCIA UN COMMENTO:

DEVI ESSERE REGISTRATO PER POTER COMMENTARE LA NOTIZIA! EFFETTUA IL LOGIN O REGISTRATI.

0 COMMENTI