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Dalla revisione di un progetto all'attuale facciata di San Martino

CULTURA E SPETTACOLO - 01 03 2019 - Ivan Bormolini

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DALLA REVISIONE DI UN PROGETTO ALL'ATTUALE FACCIATA DI SAN MARTINO IMPONENTE E SOLENNE” CON L'USO INSOLITO DEL COTTO.

 

Ieri ci siamo lasciati, sugli interventi della controfacciata e la nuova ed attuale collocazione dell'organo Serassi. Veniamo ora alla facciata: secondo il progetto del Maciacchini, la stessa avrebbe dovuto avere un corpo sporgente in corrsispondenza della navata principale.

In una revisione progettuale, messa in atto dallo stesso architetto, e successiva alle osservazioni fatte dalla Commissione d'Ornato, si notava che il peristilio, non sottraeva spazio al sagrato ed in oltre avrebbe permesso la costruzione di un portale imponente e solenne.

Nell'ordine superiore inoltre si prevedeva la realizzazione di un alto frontone, dominato da un rosone e dalle lesene coronate da un timpano triangolare.

Si prevedeva l'apertura di due porte laterali che avrebbero consentito l'ingresso dei fedeli direttamente sulle due navate laterali. Ognuno di questi accessi come notiamo oggi è sormontato da un rosoncino.

 

Per ammirare il contenuto dei rosoncini, era però stato necessario attendere qualche ulteriore decennio.

Solo nel 1909 veniva commissionata alla prestigiosa Casa G. Jourdin Peintre et Verrier di Ginevra, una serie di vetrate dipinte per adornare i lunettoni delle cappelle laterali, ed appunto i due rosoncini sopra le due porte laterali.

Quando la luce del giorno ed in particolare i raggi del sole illuminano questi due capolavori, se ne ammira la grande bellezza artistica, il rosone della navata di destra raffigura San Luigi Gonzaga, mentre quello di sinistra Santa Agnese.

Tornado ad analizzare la facciata, si scopre che il bel protiro assomiglia ad un antico arco di trionfo. Notiamo due alte colonne granitiche, realizzate in pietra “Gallina di Verona”, con capietello corinzio in cotto.

La ditta Peverelli di Milano, aveva fornito le parti in pietra, stipiti ed architrave del portale, la croce sulla sommità del timpano e due vasi ai lati esterni della facciata.

Le cornici in pietra dei portali laterali sono invece tutt'oggi derivati da materiali di recupero risalenti al lontano 1600.

Questi provenivano dal presbiterio e originariamente ornavano le due porte d'accesso alle sacrestie, eliminate nella loro origine, nel corso di interventi di restauro.

 

L'esecuzione dei battenti delle tre porte, sempre su disegno del Maciacchini, venivano affidate al falegname tiranese Giuseppe Accorsi con contratto datato 10 luglio 1874.

L'artigiano locale, si impegnava ad eseguire le opere con assi di abete e noce, con specchiature a punta di diamante o con riquadri in conformità ai bozzetti a lui forniti.

Le asole, le serrature ed i chiodi necessari venivano forniti direttamente dalla Fabbicieria.

Un'attenta osservazione della facciata, ci fa notare delle parti ornamentali realizzate in cotto, un materiale se vogliamo insolito per le realizzazioni di quell'epoca.

Anche per questo c'è una spiegazione: si trattava di un ripiego su un materiale meno costoso della pietra che inevece era prevista anche per queste decorazioni in un primo momento.

La scelta del cotto era imposta da preoccupazioni finanziarie, tuttavia lo stesso Maciachinni assicurava tutti sul valore artistico del materiale e sulla sua resistenza definita assai migliore della pietra.

Sia i due medaglioni posti al lato dell'arco e le altre parti in cotto venivano realizzate dalla ditta milanese Airaghi e Boni.

I due busti, voluti espressamente da don Albonico, rappresentano a destra San Martino, titolare della chiesa e patrono della città con il saio monacale. A sinistra invece troviamo il volto di San Francesco Ferreri, patrono dell'omonima Confraternita, negli abiti dell'Ordine domenicano.

Altri particolari in cotto intererssano alcune parti delle lesene dell'ordine superiore dell'opera.

 

Veniamo ora all'arte decorativa di questa parte esterna della Collegiata: l'idea principale era quella di decorare il tutto con affreschi.

A dissentire era solo Luigi Torelli che suggeriva un più duraturo mosaico. Per la decorazione veniva interpellato il pittore talamonese Giovanni Gavazzeni, il quale, dal 5 marzo 1881, dichiarava di essere pronto ad eseguire l'opera.

Sul tema della di questa le idee erano sostanzialmente tre: in un primo momento si era pensato a San Martino che donava parte del suo mantello al povero. Ancora però, direi giustamente il Torelli dissentiva con una buona giustificazione, non era necessario riproporre la stessa scena raffigurata sullo storico telone dell'organo. Lo stesso proponeva la figura del Redentore nell'atto della distribuzione del pane.

In seguito a prevalere era ancora stata la volontà di don Albonico ovvero quella di raffigurare la “Pietà”.

Oggi, fotografando il tutto, si nota e con vero peccato, che l'opera del Gavazzeni, considerata una tra le sue migliori paia usurata, stinta e mal conservata.

La scena della Pietà rimane comunque percepibile in tanti dei suoi drammatici aspetti, il corpo ed il sangue di Cristo, il dolore della Madre di Gesù, le tre Marie e quel di San Giovanni, rimasto sempre al fianco di Maria in quelle drammatiche ore sul monte Calvario.

Per la decorazione della volta, si era convenuti su un suggerimento di facile comprensione, il pellicano che con la sua carne nutre i piccoli, un'immagine riconducibile a Cristo. Notiamo poi quattro figure angeliche, due per lato, con ovvia allusione alle gerarchie celesti, simbolo di felicità.

 

Ivan Bormolini

(Fine seconda parte)

 

FONTE: La Chiesa di San Martino in Tirano. Autori Gianluigi Garbellini e William Marconi. Stampa: Tipografia Bettini Sondrio.

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