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Gesù e i malati

CULTURA E SPETTACOLO - 04 02 2018 - Don Battista Rinaldi

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Nel racconto evangelico di oggi c’è un’intera cittadinanza fuori dalla porta della città che aspetta di incontrare Gesù. Una giornata frenetica: predicazione nella sinagoga, visita a un’ammalata, e, dopo il tramonto, perché di sabato non si può fare alcun lavoro, tutti gli ammalati della città, con l’aspettativa di una pronta guarigione.

 

Il narratore ottiene l’effetto plastico di un ritmo serrato con il suo racconto senza pause, senza perdersi in particolari, senza permettere, quasi, di tirare il fiato.

 

E quelli tra noi che vivono spesso questi ritmi, soprattutto quelli che operano nel settore delle malattie e che si trovano spesso di fronte a situazioni simili di ammalati che chiedono continuamente qualcosa che faccia passar loro un dolore che non terminerà mai, forse guardano a come reagisce Gesù.

 

E notano come Egli, di fronte agli ammalati rimane quasi irretito, colpito nel profondo; per cui ha sempre per loro uno sguardo premuroso, una carezza indulgente, un ascolto di ciascuno e del suo caso, sempre altro e sempre unico.

 

E l’incontro consueto di Gesù con i malati diventa anche istruttivo per il modo cristiano di porsi di fonte alla malattia e alla sofferenza.
Gesù non predica rassegnazione, non chiede di offrire la sofferenza a Dio, non dice mai che la sofferenza di per se avvicini maggiormente a Dio, non nutre atteggiamenti doloristici. Gesù, invece, lotta contro il male, cerca di ridare salute all’uomo. Perché l’attività di cura e di guarigione che Gesù compie fa parte della sua missione primaria, quella di ‘predicare il vangelo’, di annunciare il Regno di Dio. Un annuncio senza impegno è vago, una parola senza gesti di liberazione è illusione. Pertanto le sue guarigioni sono una vangelo in atto; e per questo chiede anche ai discepoli di annunciare e guarire.

 

Ma questa consuetudine di Gesù non si lascia travolgere dalle folle che vogliono guarigioni a tambur battente, Egli cerca e trova spazio e tempo di solitudine e silenzio per pregare. Sa porre un limite all’attività, sa dire dei no, non si lascia sedurre da una frenesia dell’azione che può dare la sensazione di essere più vivi e più importanti; il “tutti ti cercano” di Simone, può essere una tentazione demoniaca. I gesti che egli compie non possono essere solo risposta a chi chiede, ma espressione della relazione con Colui che lo ha inviato. Per questo “andiamo altrove…”. 

 

Del resto da dove attinge Gesù la sua forza? Da dove attinge la pazienza, la dedizione, lo spendersi? Da dove se non da una relazione quotidiana con il Padre?

 

Don Battista Rinaldi

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