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Lasciare il luogo dove si è nati

CULTURA E SPETTACOLO - 26 08 2019 - Ercole Ricci

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Lo stato d’animo

Partire per andar lontano dalla propria terra, soprattutto quando lo si fa per ragioni di lavoro, lascia dentro, certamente, un profondo senso di solitudine, quel velo di tristezza che accompagna il distacco. Lo si voglia o no, i luoghi da dove veniamo e siamo cresciuti ci plasmano e influiscono su di noi fino al nostro essere più profondo e contribuiscono a renderci quelli che siamo. Quante volte ne abbiamo discusso, quante volte abbiamo amaramente commentato questa ingiusta situazione, quante e quante volte lo abbiamo ribadito.

 

Ogni uomo porta sempre con sé, nell’arco della sua vita, le bellezze, i sapori, l’aria del luogo in cui è nato. Se si trova lontano dalla sua terra, ripensa con nostalgia ai luoghi in cui ha trascorso la sua infanzia e ripercorre nella sua memoria tutte quelle cose (natura, casa, persone) che rendevano speciale il suo paese. Quanto dolore provoca nell’animo umano il dover abbandonare per forza la propria terra.

 

Un esempio di ciò che si può provare nell’allontanamento forzato è costituito dallo splendido passo dell’Addio ai monti contenuto alla fine dell’ottavo capitolo de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni. In questi pensieri, viene messa in risalto anche la paura che si prova nel dover abbandonare per la prima volta la propria terra: Lucia ha sempre vissuto nel suo piccolo paese, non si è mai allontana da esso e ora prova timore nell’andare in un luogo che le è estraneo, in cui non ha nessun appoggio e non sa cosa troverà. Di Gabriele d’Annunzio che, in una lirica intitolata “I pastori d’Abruzzo” , vuole essere proprio come i pastori abruzzesi che, ogni settembre, lasciano la loro terra per condurre il gregge verso il mare. La speranza di recuperare il territorio, le parole, la speranza di recuperare il passato, diventa nostalgia, e si vive solo nella speranza del ritorno.

 

Per questo è fondamentale, quando si è lontani, ogni tanto tornare ai propri luoghi dell’infanzia: per ritrovare dentro di noi quelle parti originarie e autentiche di noi stessi che nel lungo viaggio del mondo e della vita abbiamo messo da parte e dimenticato per un po’; per ritrovare se stessi insomma. Avere la propria Terra nel cuore significa sentire forte l'appartenenza e portare le radici dentro di sé, in qualunque parte del mondo ci si ritrovi ad essere, a nascere, a vivere, ad amare e anche a morire. E' un legame inscindibile dal proprio Dna.

 

Sono passati 52 anni da quando, poco più che ragazzo, ho lasciato il mio paese, i miei affetti, per ragioni di lavoro. Un distacco caratterizzato da sentimenti di intenso dolore, di paura dell'ignoto, della solitudine. Dalla paura del giudizio degli altri. di non venire accettato per via delle mie origini, il timore dell’umiliazione, dell’esclusione, dell’emarginazione.

 

Un dolore vissuto ed accettato in modo consapevole che solo col passare del tempo e grazie ad una grande voglia di emergere e la consapevolezza di migliori prospettive per lo sviluppo personale di un lavoro dignitoso che mi permetteva una risorsa per la stabilità individuale, familiare e sociale ma anche la convinzione di sentirmi accolto, ascoltato e rispettato nel mio essere quello che sono stato e sono, ho superato.

 

Sono stato e lo sarò sempre, convinto che nella vita, non avere pretese, non imporre agli altri le mie esigenze, non pretendere di essere riconosciuto, essere ascoltato, di avere la priorità in qualsiasi occasione, di essere compreso e, ovviamente essere amato più di qualsiasi altra cosa.

 

Questo mi ha portato a superare le difficoltà lo shock culturale e inserirmi nel contesto di nuovi paesi, di adeguarmi ad abitudini, ritmi e stili di diversi, da quelli vissuti nel mio paese di origine.

 

Ercole Ricci

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1 COMMENTI

26 08 2019 09:08

Méngu

Caro Ercole capisco e condivido il Tuo scritto . Cici Bonazzi, l’emigrante tiranese per eccellenza, Uomo Signore e poeta tiranese che ha vissuto una lunga vita con i piedi in Australia e il cuore a Tirano scriveva in una sua poesia : “ Forse un giorno/ chissà quando, /si racconterà di quelli /andati a morire / lontani dalla loro terra/ per rincorrere i loro sogni … “ Personalmente raccomando ai giovani nel fare tutto il possibile per rimanere in Valle, di dare il proprio genio a questa terra , di amarla e di rispettarla in ogni sua zolla, di cercare e “creare “ lavoro percependo e valutando anche le più piccole possibilità e agli Amministratori nostri di fare squadra al fine che nessuno se ne vada dalla Valtellina per scoprire poi il “ pane duro e amaro “ dell'emigrante.