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Nicolò Rusca: l'ultimo processo e la morte

CULTURA E SPETTACOLO - 13 05 2022 - Ivan Bormolini

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(Nona parte di I. Bormolini) Per fare un breve riassunto, si è evinto che il servo di Dio Nicolò Rusca era stato assolto da due processi, quel clima di pericolo contro la sua persona però non aveva fermato la sua azione.

A contribuire ad un aggravamento dei fatti, era stata la ferma opposizione del sacerdote arciprete di Sondrio, all'istituzione di un collegio di ispirazione riformata; a sostegno dello stesso i protestanti valtellinesi avevano intensificato i rapporti con Ginevra, centro intellettuale e direttivo del calvinismo.

I riformati sostenevano con ufficialità che la scuola sarebbe dovuta servire esclusivamente per imparare la lingua “Italica” e per gli studi letterari.

Tuttavia, il fitto carteggio intercorso con Ginevra, confermava le vere finalità del collegio, ovvero la propaganda confessionale.

Non solo, tale iniziativa consentiva di mostrare interessi ben più ampi di quelli dei riformati svizzeri, basti pensare che anche il re d'Inghilterra e altri principi protestanti erano impegnati per l'istituzione del collegio.

Al momento dell'apertura, dietro consenso delle Tre Leghe, Rusca veniva convocato davanti ai ministri riformati e a altri cinque delegati grigioni.

In quel momento ufficiale, l'arciprete dichiarava apertamente la sua contrarietà e invitava i cattolici a non frequentare quella scuola.

Adesso in questo cammino dobbiamo dare altre risposte; è infatti vero che il Rusca tra dispute, contraddittori e opposizioni, era un serio pericolo nella diffusione della dottrina protestante, come si è visto era già stato messo due volte sotto processo.

Ma uno dei motivi scatenati della persecuzione nei suoi confronti e quindi della sua morte è riconducibile proprio alla sua posizione nella questione del collegio.

Andava quindi presa una netta decisione al fine di limitare l'arciprete e questa azione era stata presa, vediamo come.

 

L'ARRESTO E IL PROCESSO. Nella notte tra il 24 e il 25 giugno 1618, alcune decine di uomini armati erano scesi a Sondrio attraverso la Valmalenco, sotto la guida del pastore Marcantonio Alba, una volta circondata la casa parrocchiale, catturavano l'arciprete, suo fratello Bartolomeo, anche lui prete diocesano e un servitore.

A seguito della cattura dopo aver passato alcune ore al pretorio, l’arciprete legato a un mulo veniva condotto a Coira e provvisoriamente carcerato nei locali di un'osteria nell'attesa di essere trasferito a Thusis.

Di certo, la pubblicazione nel 2002 della “Positio super martyrio” che ho avuto il piacere di consultare e visionare grazie al compianto monsignor Tullio Viviani, prevosto di San Martino in Tirano dal 1987 al 2006, offrirebbe molteplici e maggiori spunti d'indagine di quei complicati e drammatici momenti dall'arresto, al processo sino alla morte di Nicolò Rusca.

Nel frattempo, si andavano avviando le prime iniziative a difesa del Rusca: queste venivano messe in atto in primo luogo dalla comunità di Sondrio, quindi dal vescovo di Como Filippo Archinti alla guida della Diocesi comense dal 1595 al 1621. Lo stesso Archinti informava Federico Borromeo e il nunzio presso gli svizzeri Ludovico Sarego dei fatti avvenuti.

Fallito ogni tentativo diplomatico, il prigioniero Rusca veniva trasferito a Thusis, sede del tribunale, luogo in cui in attesa del procedimento a suo carico, l'arciprete veniva rinchiuso in carceri improvvisate.

Il processo aveva avuto inizio il primo settembre. Le tante fonti nella loro molteplicità non permettono di riassumere con facilità i capi d'imputazione: oltre a riproporre le accuse dei due precedenti processi, dai quali Rusca era stato assolto, si asseriva che lo stesso sarebbe stato “ribelle” alle leggi dello stato, opponendosi all'erezione del collegio di Sondrio, più in generale impedendo la predicazione dei pastori protestanti.

Oltre a questo, si profilava dell'altro al fine di erigere il castello accusatorio: Rusca forte del sostegno dei suoi parrocchiani, sarebbe riuscito a evitare qualsiasi intervento dei magistrati, avrebbe intrattenuto particolari rapporti con i “nemici” spagnoli ed ancor di più.

Addirittura presso la casa arcipretale di Sondrio, i confratelli del Santissimo Sacramento avrebbero celato armi per l'eliminazione violenta dei riformati.

Nicolò Rusca si era difeso da tutte le accuse, non essendoci però stata alcuna confessione spontanea, da parte sua, veniva sottoposto a tortura per due giorni consecutivi.

In quel brutto ambito, particolarmente violento e insistente era stato il comportamento di alcuni giovani pastori protestanti presenti nel tribunale.

Questi avevano partecipato direttamente alla tortura, aumentando con squassi e insulti, i dolori provocati dal sollevamento. 

Senza cedimento alcuno, Nicolò Rusca rimaneva fermo nel proclamare la propria innocenza, fino alla morte sopraggiunta durante i tormenti, nella sera del 4 settembre 1618.

 

FONTE: NICOLO' RUSCA ARCIPRETE DI SONDRIO MARTIRE PER LA FEDE ( 1563-1618 ). AUTORI: testi di Saverio Xeres e Anna Rossi. Stampa: Bonazzi Grafica Sondrio. Dalle pagine 9,10,12,13.

Anche l'immagine di copertina è tratta dalla stessa fonte, pag. 11.

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