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Quinta parte della "Rivoluzione Valtellinese"

CULTURA E SPETTACOLO - 13 07 2020 - Ezio (Méngu)

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/Stampa tratta dal libro “Il Sacro Macello della Valtellina” di Cesare Cantù.
Stampa tratta dal libro “Il Sacro Macello della Valtellina” di Cesare Cantù.

Questa parte del mio racconto la scrivo con un sentimento di “ pietas “ per tutti coloro che sono morti per aver difeso, secondo i loro principi e le loro convinzioni, ciò che ritenevano giusto. E’ quella parte di storia che i vecchi della contrada di S. Maria raccontavano a voce bassa, quasi voler non farla sentire ai ragazzi come noi che, a occhi sgranati, ascoltavamo senza tirare il fiato. I fatti storici che seguiranno denunciano una violenta e asprezza di cuore, da un rancore che da alcuni era stato tenuto a freno per troppo tempo. La notte del 18 luglio 1620 passò piena di ansie e di paure per gran parte del popolo di Tirano. La rivolta era nell’aria e il presentimento dei fatti di sangue che sarebbero successi non lasciò dormire molta gente. Come sovente avviene prima di una battaglia, ogni combattente è preso da mille ansie e pensieri. I più buoni di cuore pregano e si raccomandano a Dio , i cattivi e gli audaci sentono il loro sangue bollire e aspettano il momento d’agire. Chi avrà studiato o studierà quel periodo storico forse potrà farsi un giudizio e una ragione di quei fatti. Da parte mia, senza voler entrare nel merito dei torti e delle ragione di quella Rivolta dirò che il sangue sparso, specie quando ci sono persone innocenti, pesano sempre sulla coscienza . Rimuoverli con sentimento di pietà e di fratellanza è forse la cosa migliore da farsi. Non è un lavarsi le mani o pulirsi la coscienza ma è, purtroppo, una “misera e realistica visione “ di come va il Mondo, poiché la Storia è piena di guerre e fatti di sangue e spesso ancora più cruenta di questa raccontata. L’uomo è un rivoltoso sin dalla sua Creazione, aspettarsi comprensione e Giustizia è forse un sogno. La vera Giustizia, il vero Bene, la Vera Religione se sarà data di conoscere non sono certo su questa terra, microscopica pallina blu nell’Universo, forse in un’ esistenza in cui speriamo dopo la Morte corporale.

 

Trascrivo uno scritto di Alfredo Martinelli, un bravo maestro di Madonna di Tirano, che ho conosciuto quando ero ragazzo. Nel suo bel libro “ La voce del passato “ nel racconto “ Il veggente di Sant’Orsola “ narra di un contadino saggio e filosofo di nome Bortolo. Tra i campi in quel di Teglio gli appare “ un vecchio spirito “ d’uomo che assistette al massacro dei Riformati nella Chiesa di S. Orsola in Teglio. Era una domenica di luglio del 1620 . In quella chiesa i Riformati vi tenevano le loro cerimonie religiose ma dopo quel massacro fu rasa al suolo. Fino al 1770 vi rimase il campanile, poi quell’area sconsacrata fu adibita a cultura. Ora sorgono delle abitazioni.

 

Si legge nel racconto: “Il vecchio ( spirito ) gemendo ricominciò la sua preghiera “ora pro eis, ora pro eis …… Esulteranno le nostre ossa dal ferro e dal fuoco infrante/ Questa nostra preghiera inneggia alla tua giustizia/ Sia Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo “ .

Cessò improvvisamente la preghiera e Bortolo udì lo schianto delle porte abbattute, udì le scariche degli archibugi, vide il menar di sciabole e coltelli, vide il fuoco levarsi alto e udì il crepitio delle fiamme divoratrici e il rovinar dei legni e del tetto, udì il gemito dei morenti, vide corpi di donne e bimbi straziati. La chiesa sembrava una apocalittica fontana di fiamme. Lingue di fuoco saettavano a raggiera fino al cielo , accompagnati da scricchiolii, schianti, urla, gemiti, e tonfi . Un vero spettacolo da “ dies irae” . L’aria intorno era diventata irrespirabile, perché il calore di quel fuoco si aggiungeva alla temperatura di quella notte sì da produrre un ‘afa soffocante con ogni tanto zaffate atroci di carne che brucia, mentre all’intorno le erbe dei prati, le graminacee nei campi e i pampini si piegavano, si abbassavano, appassivano sotto le folate di quel fuoco diabolico. Bortolo, aggrappato sempre all’ombra del vecchio riuscì a recitare, per una volta – Ora pro eis, ora pro eis-. Allora tutta quella fantasia satanica cessò di colpo : La chiesa e parte del campanile rovinarono in un ammasso informe di vite spente, di pietrame scottante, di bronzi roventi, di cenere e faville“.

 

A seguito della Rivolta e della vittoriosa Battaglia di Tirano dell’11 settembre 1620 contro I Grigioni, la Valle ebbe per 19 anni una sorta di indipendenza e di autogoverno . Al cavalier Giacomo Robustelli di Grosotto, capo della Rivolta fu dato l’incarico di Governatore della Valle. Dopo il Capitolato di Milano fu concordata nel 1639 la restituzione delle Valli ai Grigioni e al Capo della Rivolta Giacomo Robustelli non restò che fuggire in l’esilio nel 1630 a Domaso, da dove tentò senza successo di impedire tra la Spagna e le tre leghe l’accordo e la Pace.

 

 

La notte del 18 luglio per i gran fatti che dovevano maturare

per il popolo fu piena d’ansie, di fantasmi, di paure e di sangue,

presentimenti che può sol conoscere chi in quei fatti può capitare.

 

Sul biancheggiar dell’alba del 19 luglio quattro colpi di archibugio

davano il segno convenuto. La rivoluzione era incominciata!

Il suono delle campane scosse i cittadini da ogni indugio.

 

“Ammazza, ammazza” gridavano a gran voce i congiurati.

Dei grigioni e dei Tiranesi vi fu rincorsa per procurarsi armi

poi vi fu una gran lotta di offesa e di difesa tra gli armati.

 

Fu un rincorrere, per strade, per le case, sui tetti ai Riformati.

Il cancelliere Lazzaroni fuggì ignudo per i tetti e si nascose

con suo cognato, ma una donna zelante, indicò a tre armati

 

il rifugio e prontamente li finirono. Giovanni di Capua, il pretore,

pur chiedendo misericordia, i congiurati non ne ebbero affatto,

e lo trascinarono nelle acque dell’Adda con baldante ardore.

 

Il cancelliere Giovani Andrea Cattaneo fu anch’egli ucciso

pur essendo la sua sposa cugina del Robustelli e del Venosta.

Stessa sorte capitò al Salsi e al suo cancelliere tra il riso

 

sprezzante dei ribelli. Orrore ! Al ministro Basso protestante

fu recisa la testa e poi posta sul pulpito della graziosa chiesa

cui soleva predicare. Fin qui poté giungere l‘odio accecante!

 

Da quel giorno del 19 luglio 1620 triste e luttuoso più che mai,

la strage continuò crudele e spietata di casa in casa, in strada,

di cortile in cortile. Quei luoghi parvero laboratori di macellai .

 

Ben sessanta persone vennero scannate in modi diversi,

non mancarono tra loro tre donne e i bambini per salvarsi

dovettero dichiarare a gran voce della fede riformata astenersi.

 

Non contento del sangue il Robustelli archibugiò trenta persone

in quel di Brusio in Val Pocciavo, poi subito appiccò il fuoco

alle case e disse: “questo è un falò per la recuperata religione “.

 

Quando la plebaglia incomincia a bere il sangue della vendetta,

pare vino, che più ne bevi e più ti gusta. Fu così che la rivolta

da Tirano si propagò in quel di Teglio. I congiurati con fretta

 

vestiti di rosso, corsero a Teglio alla chiesa degli Evangelici,

insieme ai Basta che con zappe e badili e con folte archibugiate

colpirono dalle finestre i Riformati come feroci cani famelici.

 

Diciassette Evangelici fuggirono sul campanile della chiesa

poi, senza nessuna pietà, i Cattolici appiccarono il fuoco.

Ben 60 ne uccisero, anche un Cattolico morì in quell’ impresa.

 

La povera Margherita di quattordici anni , bella come un fiore

per difendere suo padre, sessagenario Gaudenzio Guicciardo,

lasciò la vita in quell’orrenda strage solo per grande amore.

 

Non solo ! Con gran fervore faceva strage Giovanni Guicciardo

da Ponte in giù e in Val Marenco infervorava i congiurati

di porre mano in quel di Sondrio e di non indugiar e far tardi.

 

Il Governatore scampò all’eccidio, subito si ritirò nei Grigioni.

Sessanta fuggirono per la Val Marenco andando in Engadina

ma ben centotrentotto furono uccisi tra campi, case e androni.

 

Ma non fu finita ! Per giorni e giorni vi fu una gran caccia

tra monti, valli, selve e grotte in tutta la Valle e anche oltre

alla ricerca dei Riformati che più non si voleva veder traccia.

Anche frati e preti , pastori del popolo di Dio, si misero in lotta,

i servi contro i padroni, ognuno facendo i propri interessi,

la ragion di fede Cattolica e Protestante fu una scusa galeotta !!.

 

Furono 400 è più gli uccisi in quella ribellione contro i Grigioni,

ma sol pochi decine furono i Grigioni . i più erano Valtellinesi

o quelli rientrati dal confino che volevano adire le loro ragioni.

 

Questo racconto , che i nostri anziani ci narrano a bassa voce,

ci ricorda che quella fu una lotta di potere ingiusta e assai crudele

tra due popoli, con fedi diverse, ma unite nel simbolo della Croce.

 

 

Epilogo

I fatti raccontati danno testimonianza che dove c’è violenza

fisica e morale per imporre ogni cosa, dove non c’è amore,

non vi può essere mai pace e nemmeno buona accoglienza.

 

Questa rivolta fu chiamata anche “ Sacro Macello “ ma di sacro

non ha nulla. Forse poteva essere evitato se nei popoli in lotta

ci fosse stata più umanità e tolleranza e non un massacro

 

tra Valtellinesi e Grigioni per patti non rispettati di convivenza.

E se per ragion di Stato, la diversa religione fu cavallo di Troia

di due popoli per appiccare il fuoco in Valle e con la violenza

 

a vantaggio dei Nobili e Signori usando il cittadino per lor pretese,

si sappia che questo modo di fare è spesso usato da chi comanda,

Dio darà un sereno Giudizio a questa Rivoluzione Valtellinese.

 

+++++

Fine

di Ezio (Méngu)

 

Seguirà l’intero racconto in dialetto “ tiranese” con la dizione in mp3

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