MENU

L'emigrazione ieri e oggi

ECONOMIA E POLITICA - 31 07 2019 - Ercole Ricci

CONDIVIDI

/immigrazione

“Quando uno lascia un paese, tutte le cose acquistano prima della partenza un valore straordinario di ricordo, e ci fanno pregustare la lontananza e la nostalgia.” Cit.


L’emigrazione è il fenomeno sociale che porta un singolo individuo o un gruppo di persone a spostarsi dal proprio luogo originario verso un altro luogo. L’emigrato, quindi, è colui a cui vengono a mancare in patria  le condizioni necessarie per il pieno compimento della sua vita e si vede costretto a scegliere un altro luogo in cui insediarsi. Tale fenomeno può essere legato a cause ambientali, religiose, economiche e sociali, spesso tra loro intrecciate”. 

 

Siamo stati, fino ai primi anni sessanta del ventesimo secolo una nazione di emigranti nel mondo. Fu difficile trovare uno spazio, in tessuti sociali diversi dal nostro, fra non poche ostilità e anche prove di solidarietà: ma fu possibile per tanti, tantissimi. Gli italiani emigrati hanno saputo inserirsi, a pieno titolo, con valore e vigore, nelle realtà estere in cui si erano recati. Ma quanti sacrifici, quante umiliazioni. Sono mille le storie di italiani che al di là dei confini della penisola hanno cercato un po’ di quel benessere che in patria non trovavano. O che hanno soddisfatto il loro desiderio di aiutare il prossimo, di vivere un’avventura, di arricchire il proprio bagaglio di esperienze.

 

Storie che si leggono dai diari e le lettere, recuperati nei cassetti, nei comò dei nonni  e dalle scatole in cantina. Centinaia di lettere e foto che raccontano la grande emigrazione, gli anni tristi della fuga alla ricerca di una terra  promessa. Testimonianze di ieri che oggi diventano preziosi pezzi di storia del nostro paese.  Ricordi unici di quando bastava un niente per essere felici, come testimoniano le commoventi lettere inviate negli Anni Quaranta-Cinquanta ai familiari. Dimenticare significa perdere la nostra storia
Se è vero che guardiamo all’emigrazione del passato con un occhio un po’ romantico: la vecchia foto in bianco e nero, il baule della nonna, la valigia di cartone, il riferimento agli affetti di famiglia nel dialetto d’origine, è altrettanto vero che l’emigrazione di oggi è un fenomeno dal quale in molti vogliono prendere le distanze. Molti giovani che si sono trasferiti all’estero dopo la crisi finanziaria, non amano definirsi migranti. Preferiscono parlare di mobilità anziché di migrazione, dando al termine migrazione un’accezione in un certo senso negativa.

 

L’Italia, dopo essere stata per un secolo dalla sua nascita un Paese di emigrazione, inizia a diventare anche un Paese di immigrazione. Di qui la necessità di parlare anche di questo, di questi nuovi italiani che arrivano da diversi Paesi.  Dal 1973 (dicono le statistiche)  noi abbiamo avuto una inversione del dato demografico per quanto riguarda gli arrivi e le partenze. Sono più le persone che arrivano in Italia che quelle che partono.
Oggi si presenta una situazione analoga a quella vissuta  dai nostri avi, in cui gli esuli si trovano ad affrontare pericoli di gran lunga maggiori, tenuto conto delle condizioni a cui sono sottoposti, non avendo le possibilità economiche per intraprendere un viaggio più sicuro.

 

Quindi l’immigrazione non dev’essere considerato un fenomeno da demonizzare, al contrario essa è positiva se implica integrazione. Affinché ciò avvenga deve esserci un impegno da entrambe le parti: in questo modo non saranno solo gli emigranti a trarne giovamento ma anche il Paese ospitante. È fondamentale tenere in considerazione un altro aspetto dell’immigrazione, che consiste nella capacità di conformarsi ad una realtà diversa dalla propria. Lo spirito di adattamento ha sempre caratterizzato il popolo italiano all’estero che è stato capace di custodire la propria identità ma, allo stesso tempo, di assorbire e fare proprie le caratteristiche culturali del Paese ospitante. Ma  è estremamente necessario che, affinché ci sia integrazione, il Paese ospitante abbia le risorse tali da poter accogliere. 

 

La nostra esperienza deve servirci da monito per affrontare al meglio il problema attuale. Dobbiamo combattere la tentazione nella nostra società di scordarci di quello che siamo stati: una comunità di migranti. Perché avere il senso di essere stati una comunità di migranti ci porta ad avere un atteggiamento differente nei confronti degli altri. È un modo di essere quello del migrante, un’apertura al mondo, ed è quindi una grande questione di civiltà. Io credo che riflettere su questi argomenti e su questi problemi faccia bene soprattutto alle nostre società e ci aiuti a costruire un futuro diverso.


Ercole Ricci 

LASCIA UN COMMENTO:

DEVI ESSERE REGISTRATO PER POTER COMMENTARE LA NOTIZIA! EFFETTUA IL LOGIN O REGISTRATI.

0 COMMENTI