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Controllo del cinghiale: anche il Consiglio di Stato approva l’operato della Provincia

CRONACA - 28 04 2022 - Redazione

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Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, la Federazione Italiana della Caccia, Sezione Provinciale di Sondrio, a novembre 2018 ha impugnato le delibere nr. 49/2018 e nr. 53/2018 del Presidente della Provincia di Sondrio, relative al calendario venatorio provinciale per la stagione venatoria 2018/2019.


Il ricorso, motivato da supposte violazione di legge e di eccesso di potere sotto plurimi profili, chiedeva il riconoscimento dell’illegittimità delle delibere relativamente all’esclusione della specie cinghiale dal calendario venatorio, che di fatto significa non rendere cacciabile tale specie.

E’ noto infatti che la Provincia, da sempre, ha cercato di contrastare la proliferazione del cinghiale sul proprio territorio non con l’attività venatoria, ma attraverso il ricorso al “controllo”, ossia con l’abbattimento operato da personale appositamente qualificato coordinato dal Corpo di Polizia Provinciale. Dal 2015 la Provincia è dotata di Piani di controllo del cinghiale, approvati anche dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), nel tentativo di limitare e possibilmente ridurre la consistenza e l’espansione della popolazione, ed al fine di limitarne i danni al comparto agricolo.


Con sentenza n. 169 del gennaio 2020 il TAR di Milano ha dichiarato inammissibile il ricorso, rilevando che la caccia al cinghiale era esclusa, prima ancora che dalle delibere di adozione del calendario venatorio 2018/2019, dal Piano Faunistico Venatorio del 2011 (inoppugnato), il quale espressamente prevede che “la caccia al Cinghiale è inibita su tutto il territorio provinciale”.


A ottobre 2020 la Federazione Italiana della Caccia, Sezione Provinciale di Sondrio, ha presentato ricorso d’appello, per l’annullamento della sentenza del TAR, al Consiglio di Stato.

Pochi giorni fa la sentenza, con la quale il Consiglio di Stato non solo ha condiviso la conclusione alla quale era giunto il TAR, ma ha ritenuto infondato il ricorso anche nel merito, evidenziando che “l’attività venatoria, contrariamente a quanto sostenuto da Federcaccia, ben possa essere limitata a fronte dell’attuazione di piani di controllo provinciali indirizzati a risolvere le problematiche connesse all’espansione selvatica di talune specie tra cui come, nel caso all’esame, l’esclusione del cinghiale dal calendario venatorio”.

 

Inoltre il Consiglio di Stato ha ritenuto l’operato della Provincia legittimo e pienamente aderente alla normativa regionale in materia, che considera tutto il territorio provinciale non idoneo alla presenza del cinghiale.

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