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Donare un organo, un gesto d'amore

CRONACA - 03 04 2019 - Ercole Ricci

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Ci sono scelte che nella nostra vita lasciano un segno. Le possiamo prendere con convinzione, a volte sono dettate dal cuore e altre dalla ragione. Una in particolare mette insieme tutte e tre queste circostanze.

 

È la scelta consapevole di diventare donatori di organi e tessuti, restituendo un’opportunità di vita a chi è in attesa di ricevere un trapianto. La donazione degli organi è un gesto d’amore, un gesto che va al di là di ogni pensiero. Donare un organo, significa semplicemente donare la vita ad un altro essere umano, è il seme di una nuova vita, il ritorno ad un’esistenza finalmente completa e libera dalla malattia.

Se la donazione da vivente da parte di una madre, un padre, un fratello/sorella è quasi un atto “dovuto”, una spinta inevitabile dettata dall’affetto profondo, la donazione da defunto ha un carattere altruista che necessita coraggio, spirito di partecipazione unanime e di rilievo morale. Il processo emotivo che conduce il senso di perdita alla necessità di donare una nuova opportunità di vita è sempre un atto commovente.

 

La storia simbolo è quella del piccolo Nicholas Green, ucciso a 7 anni durante un viaggio in Italia. Tutti i sogni di un bambino finiti, distrutti. In quel momento difficile i genitori hanno realizzato che, da tutta quella sofferenza e da tutta quella tragedia, poteva nascere qualcosa di buono. Sapevano che, da qualche parte là fuori, c'erano persone che avevano un disperato bisogno di ciò che quel piccolo corpo poteva dare, così scelsero di donare i suoi organi a quattro adolescenti e un adulto a cui vennero impiantati fegato, pancreas, reni e cornee. Si trattò di una decisione che fece grande clamore in Italia. A quell’epoca la donazione nel nostro paese era una pratica decisamente inconsueta, erano pochissime le persone che autorizzavano l’espianto.

Sebbene la donazione sia molto spesso fonte di conforto per una famiglia in cui viene a mancare una persona cara, è anche vero che poter contare su una dichiarazione di volontà già esplicitamente espressa in vita rende le cose più semplici e serene per i familiari, che sono certi di rispettare le volontà del proprio caro, e alleggerisce il peso di una domanda che puntualmente arriva in un momento difficile e delicato.

 

Si chiamava Francesco Busnello e aveva 18 anni. In una notte del novembre 1985 diventò il primo donatore d’organi in Italia. Mentre lui moriva, Ilario Lazzari tornava a vivere grazie al suo cuore. Da allora molto è stato fatto. Negli ultimi anni le donazioni sono quasi triplicate ma molto altro si può fare per dare risposte sempre più appropriate ai pazienti in lista d'attesa

Ognuno di noi dovrebbe porsi l’interrogativo: cosa posso fare per contribuire a risolvere il problema? Perchè devo farlo? Le risposte a queste domande sono molto semplici: primo non rifiutare il prelievo degli organi e diffondere la cultura del trapianto; secondo per umana solidarietà.

 

Tutti i cittadini maggiorenni possono dichiarare in vita la propria volontà in materia di donazione di organi e tessuti dopo la morte, in base alla legge sui trapianti n. 91/99, che disciplina il prelievo di organi e di tessuti da soggetto di cui sia stata accertata la morte ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 578 che regolamenta le attività di prelievo e di trapianto di tessuti e di espianto e di trapianto di organi. Mi piace pensare che anche tra cent’anni qualcuno nascerà grazie a generosi donatori.

 

Molto spesso, le cronache quotidiane, si soffermano sul gesto di chi dona; un po’ meno su chi giace in ospedale, nella debole speranza (fondata solo sulla fortuna) di continuare a vivere attraverso un nuovo organo sano. Il ricevente è l’attore principale, è colui che manda un grido di aiuto alla società per una terapia, realizzabile soltanto attraverso il consapevole, libero e responsabile gesto di chi (pur affranto nel dolore) decide di non buttare gli organi e far sì che possano restituire alla comunità un paziente curato. Nella vita sospesa per un organo che non arriva, pazienti e familiari vedono man mano spegnersi la speranza: è sul dramma di costoro che si devono puntare i riflettori.

 

La civiltà di una società può essere misurata non solo dal grado di salute dei cittadini, ma anche da quanta vita si restituisce ai tanti pazienti avviliti, attraverso il generoso e al contempo lodevole gesto della donazione.

 

Ercole Ricci

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