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Le condotte forzate sono scoppiate

CRONACA - 24 06 2021 - Territori Montani per l’Idroelettrico

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/lettera aperta

Avere i “tubi che scoppiano” è un modo di dire immaginifico ma assai esplicito. Nel settore idroelettrico, esso diventa un’espressione che richiama situazioni di estrema pericolosità, ma decisamente improbabili in normali condizioni di operatività.

Ebbene, la remota eventualità si è manifestata realmente…. questa volta, per fortuna, senza danni catastrofici. 

Quanto avvenuto pochi giorni fa a Gravedona (CO), nel cuore della produzione idroelettrica italiana, non è un caso anomalo o isolato. E’ uno dei numerosi e preoccupanti sintomi dello stato di degrado, progressivo e generalizzato, dell’impiantistica di questo settore cruciale per l’economia nazionale, ma vitale per la sicurezza dei territori montani in cui sono localizzati gli impianti.

 

Infatti, tutte le montagne italiane, anche quelle di Sicilia e Sardegna sono punteggiate dai circa 500 grandi impianti decisamente vetusti, con una media di attività oltre i 70 anni. Lo Stato limita i controlli esclusivamente alla solidità delle dighe, mentre tutte le altre opere e funzionalità sono completamente in mano ai Concessionari, multinazionali o aziende con consistente partecipazione dello Stato o di altre istituzioni pubbliche.

 

Non passa giorno senza che la stampa informi di un bacino artificiale praticamente inutilizzabile perché quasi pieno di ghiaia mai scaricata; di un lago svuotato con i pesci a secco per le “improvvise” perdite, di turbine quasi centenarie che tornano in servizio a causa di indecenti nuovi acquisti e mille altre amene variazioni sul tema, inclusi riduzioni insensate di personale e raffiche di azioni legali dei Concessionari che non vogliono pagare le compensazioni agli enti locali.

 

E il tema, per nulla ameno, è quello dello sfruttamento indiscriminato dell’acqua, la risorsa più preziosa delle Terre Alte, cui peraltro si lascia una parte spesso marginale del valore economico prodotto.

 

Uno sfruttamento ambientale e socio economico ormai secolare di cui lo Stato è il responsabile di ultima istanza: perché, in fondo, i Concessionari, cui si vuole garantire l’operatività e una finta concorrenza, fanno il loro mestiere, produrre profitti anche a scapito di spese di manutenzione e quindi di sicurezza.

 

E non c’è speranza di un cambiamento di atteggiamento grazie al Recovery Plan, anzi, i progetti di Enel, Terna e altri si annunciano in termini di devastazione finale per le montagne italiane.

 

Coordinamento Comitati Territori Montani per l’Idroelettrico

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