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2 novembre, commemorazione dei defunti

CULTURA E SPETTACOLO - 25 10 2018 - Ercole Ricci

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/cimitero tirano

Il giorno dei morti è la festività che la Chiesa cattolica dedica alla commemorazione dei defunti. La festa ha origini antiche, che uniscono paesi lontani per epoche e distanze

 

In Italia, la commemorazione dei defunti è una ricorrenza molto sentita è un giorno speciale che risponde al desiderio profondo di comunione e di appartenenza e ci invita ad uscire dall’isolamento e dall’amarezza. I cimiteri di tutta Italia terranno le porte aperte, il nostro ricordo e il nostro cuore si riempie della memoria e della preghiera offerta per i nostri familiari e amici defunti.

Il 2 novembre è una di quelle date che appartengono alla nostra vita di tutti i giorni. In questa mesta ricorrenza, la memoria dei defunti ci inonda di commozione per tanti ricordi che conserviamo nella mente e nel cuore, ma è anche un’occasione per riflettere sulla vita.

 

Il ricordo dei nostri cari che ci hanno lasciato ci accompagna sempre, ed è bello continuare a fare per loro piccoli gesti familiari e consueti come quello di tenere la loro “casa” pulita, ordinata e allietata dai fiori freschi. E’ un modo per sentirli ancora vicini anche se in un modo diverso. Col passare degli anni il dolore della perdita si attenua e rimangono ricordi di vita vissuta e la nostalgia per gesti non fatti e parole non dette.

 

Un giorno che rappresenta per tutti una sosta nella vita per ricordare che là sotto terra ci sono le nostre radici, il padre, la madre, quanti ci hanno preceduti e ci hanno trasmesso la vita, la fede cristiana, quella eredità culturale e quei valori su cui cerchiamo di fondare il nostro vivere quotidiano. Certo nel ricordo di chi vive ci sono anche i morti la cui vita è stata segnata dal male, dai vizi, dalla cattiveria, dall’errore; ma c’è un bisogno e un desiderio naturale del cuore che chiede di onorare tutti i morti, sperando che “tutti siano salvati”. La vita dei morti, ha scritto Marco Tullio Cicerone, è riposta nel ricordo dei vivi”. Che vita sarebbe senza i ricordi? Spesso sono l'unica cosa che ci tiene legati a ciò che abbiamo perso per sempre.

 

Il senso della vita in questo giorno, si fa più pressante e per quanto la medicina e la chirurgia estetica si affannino a proporre un uomo sempre in forma e senza i segni del tempo che passa, il naturale sfiorire degli anni ci riporterà inesorabilmente tutti, senza distinzioni alcuna, al capolinea. ”Nessuno uscirà vivo da questo mondo” recitava un vecchio aforisma.

 

La commemorazione dei defunti del 2 novembre ha origini antiche, sembra riferirsi al periodo del grande Diluvio, di cui parla la Genesi. Quello per cui Noè costruì l’arca che, secondo il racconto di Mosè, cadde nel "diciassettesimo giorno del secondo mese che corrisponderebbe al nostro novembre. La Festa dei Morti sarebbe stata quindi dedicata inizialmente a tutti coloro che perirono per il castigo di Dio e avrebbe avuto lo scopo,di esorcizzare la paura di nuovi eventi simili. Una storia sospesa tra religione e leggenda che diventa più chiara, su quale sia stata la vera origine della festa del 2 di novembre; certe sono le testimonianze storiche che attestano l’usanza di commemorare i morti già in civiltà antichissime, distanti tra loro, dall’antica Roma, alle civiltà celtiche, fino al Messico e alla Cina, è un proliferare di riti, dove il comune denominatore è consolare le anime dei defunti, perché siano propizie per i vivi.

 

All'epoca dei primi cristiani, queste tradizioni erano ancora molto presenti: la Chiesa cattolica faticava a sradicare i culti pagani. Così, nel 835, Papa Gregorio II spostò la festa di "Tutti i Santi" dal 13 maggio al 1° novembre, pensando, in questo modo, di dare un nuovo significato ai culti pagani. Il rito cattolico risale al IX secolo e ha origine nell’uso monastico di dedicare un giorno di preghiera ai defunti, risalente a 200 anni prima. Il rito attuale venne ‘canonizzato’ dall’abate benedettino sant’Odilone di Cluny, che nel 998 fece risuonare le campane ‘a morto’ dopo i vespri del primo novembre offrendo l’ecauristia “pro requie omnium defunctorum”, ovvero per le anime di tutti i defunti. A seguito di ciò, il rito venne esteso a tutta la chiesa cattolica.

 

Una ricorrenza vissuta con sincera partecipazione dagli italiani, che viaggiano spesso verso i propri luoghi di origine per portare fiori e lumini a parenti ed amici scomparsi. Non un giorno di lutto, bensì una giornata felice: i cimiteri si riempiono di fiori, soprattutto crisantemi. Un giorno di festa in cui si rivivono antiche tradizioni.

 

“Festeggiare” la dipartita nell’aldilà con banchetti che siano da “conforto” per amici e parenti del “de cuius” è un’usanza che si può riscontrare nelle regioni italiane dove la tradizione si è mantenuta più viva, è ancora presente la credenza che i morti passino in processione per le città o nei paesi, e quindi i parenti si adoperano a preparare del cibo che viene lasciato sul davanzale delle finestre.

 

In Campania, in Lombardia e ancora in Friuli, la notte tra l'1 e il 2 novembre si suole ancora lasciare in cucina un secchio o un vaso d’acqua per dissetare i defunti. In Piemonte e in Val D’Aosta le famiglie lasciano la tavola imbandita e si recano a far visita al cimitero. I valdostani credono che dimenticare questa abitudine significhi provocare tra le anime un fragoroso tzarivàri (baccano).

 

In Abruzzo, oltre all’usanza di lasciare il tavolo da pranzo apparecchiato, si lasciano dei lumini accesi alla finestra, tanti quante sono le anime care, e i bimbi si mandano a dormire con un cartoccio di fave dolci e confetti come simbolo di legame tra le generazioni passate e quelle presenti.

 

In Sardegna la mattina del 2 novembre i ragazzi si recano per le piazze e di porta in porta per chiedere delle offerte e ricevono in dono pane fatto in casa, fichi secchi, fave, melagrane, mandorle, uva passa e dolci. La sera della vigilia anche qui si accendono i lumini e si lasciano la tavola apparecchiata e le credenze aperte.

 

In Liguria la tradizione vuole che il giorno dei morti si preparino i "bacilli" (fave secche) e i "balletti" (castagne bollite). Tanti anni fa, alla vigilia del giorno dedicato ai morti i bambini si recavano di casa in casa per ricevere il "ben dei morti" (fave, castagne e fichi secchi), poi dicevano le preghiere e i nonni raccontavano storie e leggende paurose.

 

In Sicilia il 2 novembre è una festa particolarmente gioiosa per i bambini. Infatti vien fatto loro credere che, se sono stati buoni e hanno pregato per le anime care, i morti torneranno a portar loro dei doni. Quando i fanciulli sono a dormire, i genitori preparano i tradizionali "pupi di zuccaro" (bambole di zucchero), con castagne, cioccolatini e monetine e li nascondono. Al mattino i bimbi iniziano la ricerca, convinti che durante la notte i morti siano usciti dalle tombe per portare i regali.

 

In Trentino le campane suonano per molte ore a chiamare le anime che si dice si radunino intorno alle case a spiare alle finestre. Per questo, anche qui, la tavola si lascia apparecchiata e il focolare resta acceso durante la notte. Se è vero che la commemorazione dei defunti è una festa, festeggiamo, brindiamo alla salute di chi non c'è più, con la certezza nel cuore che essi si trovano in un luogo certamente migliore di questo.

 

Ercole Ricci

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