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Al cospetto del santuario veniva decapitato il Chisciolatta

CULTURA E SPETTACOLO - 13 06 2019 - Ivan Bormolini

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/madonna di tirano

Partiamo dalla fine di quella che possiamo definire a pieno titolo una sentenza di pena capitale, avvenuta nei pressi del nostro santuario, ovvero nello storico Prato delle Fiere in data 30 giugno 1807.

Ad assistere a quel drammatico momento, affermano le cronache, c'era una gran folla, intenzionata a vedere in funzione un famoso strumento di morte, tristemente nota come ghigliottina.

 

L'uso di questo sinistro arnese, giungeva in Valtellina coi moti rivoluzionari del 1797. Nel nostro caso specifico si apprende che l'esperto di morte, era venuto appositamente da Milano. Questo, come in altre vicende, non era definito con il termine boia, ma come funzionario, che durante lo svolgimento della sua missione, rimaneva a carico per vitto, alloggio e stipendio del comune dove avvenivano le esecuzioni. Gli studiosi affermavano che quest' onere doveva essere assai pesante.

 

Ma ora veniamo ai fatti.

Era la mattina del 30 novembre 1806 quando un tal signor Paolo Betti di Poschiavo si incamminava verso Chiuro per prendere parte alla fiera di S. Andrea.

Nel tragitto, all'altezza della Madonna del Piano di Bianzone, incontrava Antonio Agostinelli detto Chisiolatta ed oriundo del posto.

I due erano conoscenti e salutandosi avevano deciso di proseguire il percorso verso Chiuro insieme.

Giunti nei pressi della valle di Boalzo, il bianzonasco riferiva al Betti che teneva una botte di vino proprio in quei dintorni e che insieme avrebbero dovuto assaggiarlo.

Il Betti aveva acconsentito. I due quindi si discostavano dalla normale strada o carreggiata, per procedere verso la valle. A quel punto Chisciolatta rimaneva qualche passo indietro dal poschiavino nascondendo ben pericolosi propositi.

 

Non era certo il suo un passo più lento e nemmeno il suo intercedere dovuto ad una sorta di improvvisa stanchezza.

Quel breve distacco nel cammino, non aveva impensierito Betti del tutto ignaro di quello che di lì a pochi secondi lo avrebbe colpito.

Doveva essere stato repentineo quanto fulmineo il gesto di Agostinelli, questi di colpo da sotto il mantello traeva una scure che con colpo sicuro divideva in due il capo del Betti.

Nel compiere quel gesto Agostinelli pensava di non essere stato visto da nessuno, visto che la via intrapresa era secondaria e a quel punto abbastanza lontana dalla visione di altri viandanti.

Insomma il delitto perfetto, con un movente altrettanto perfetto! Ma qual'era il motivo e soprattutto cosa aveva spinto il Chisciolatta a macchiarsi di un tale efferato reato?

 

Prima di dare una risposta al giallo, va detto che Agostinelli, aveva fatto male i suoi conti.

Nel giro di pochi istanti giungevano al cospetto del povero Betti un manipolo di poche persone, vedendo esalare gli ultimi respiri del malcapitato.

Qualcuno di loro notava che Agostinelli era non molto lontano dal luogo del tremendo fatto e sembrava proseguire il suo cammino con normale passo in direzione Chiuro.

Pur premettendo che nessuno aveva visto l'omicida compiere il gesto, immediatamente veniva informata la Pretura di Tirano. Nel frattempo Agostinelli deviava frettolosamente il suo percorso incamminandosi verso il versante Orobico e attraversando il passo dell'Aprica si rifugiva presso Corteno. Evidentemente aveva qualcosa da nascondere.

L'intervento e le testimonianze raccolte in Pretura, avevano dato vita ad una caccia all'uomo. Il cronista di questa vicenda, ritrovata in volumetto nell'archivio parrocchiale di Tirano da don Lino Varischetti, non fornisce molte altre spiegazioni.

 

Giovan Orazio Lambertenghi di Stazzona, infatti nel suo scritto si limita alla narrazione dei fatti ed all'epilogo processuale.

Ci pare evidente che oltre all'avviso alle autorità competenti, qualcuno avesse riscontrato nel cammino di Agostinelli qualcosa di sospetto e lo avesse seguito. Oppure ancora sarebbe ipotizzabile pensare che lo stesso omicida avesse qualche precedente con la giustizia di quei tempi, anche se aveva soli ventidue anni.

La rapidità della sua cattura in quel di Corteno, potrebbe avvalorare questa tesi che alla fine dava riscontri di colpevolezza.

Tratto in arresto, o meglio nel momento del fermo, il bianzonasco aveva addosso i denari e l'orologio rubati al Betti. Una prova inconfutabile.

 

Dopo il processo, ecco la sentenza e la ghigliottina in uno dei luoghi storici e simbolo della Tirano dei tempi andati.

A giudicare Agostinelli, era stata la Commissione Militare di Milano asserendo allo stesso la colpa di aver compiuto l'orrendo misfatto.

Si evince che il ventiduenne era stato il primo che in questi paesi avevsse subito la morte con l'uso della ghigliottina.

Si denota dunque che l'efferato e terribile gesto assumeva la configurazione dell'omicidio premeditato a scopo di rapina. Un reato che, stando al codice napoleonico, si concludeva con la pena di morte.

 

Ivan Bormolini

 

FONTE: “ I pareri del vecchio curato” e altri articoli dal 1959 al 1970. UNITRE Tirano. Stampa: Finito di srampare presso la Tipografia Petruzio srl di Tirano nel mese di dicembre 2007.

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