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Chi erano gli architetti e i costruttori del Santuario?

CULTURA E SPETTACOLO - 08 09 2022 - Ivan Bormolini

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/La facciata
La facciata

(Di I. Bormolini) Come ogni anno nel mese di settembre all'interno delle mie rubriche, dedico attenzione ai fatti e alla storia di alcuni avvenimenti collegati al prodigioso evento del 29 settembre 1504 quando all'alba la Beata Vergine Maria era apparsa a Mario degli Homodei.

Sappiamo che subito dopo l'Apparizione (artisticamente ben narrata nel primo dipinto risalente al 1513 realizzato da un pittore anonimo e collocato sopra il confessionale della navata di sinistra), ci si era prodigati per la costruzione del tempio.

Il facoltoso cavaliere aurato Luigi Quadrio, proprietario dell'orto della Folla, luogo dell'Apparizione, donando il terreno era divenuto tra i principali promotori della costruzione della chiesa, affiancato in quel nobile intento, dall'allora curato di San Martino in Tirano Gregorio Homodei, dal decano del comune e dall'entusiasmo della popolazione del borgo.

Grazie ai buoni uffici di influenti persone che il Quadrio conosceva, pronta era stata la risposta della Curia vescovile di Como all'istanza di poter realizzare una chiesa nel terreno benedetto dall'Apparizione Mariana.

A distanza di soli undici giorni dal prodigioso evento, in data 10 ottobre 1504, Guglielmo Cittadini, vicario del vescovo di Como cardinale Antonio Trivulzio, autorizzava la costruzione del tempio con il permesso di celebrare messa, anche se nel frattempo con frenetico zelo, nel luogo era già sorta una piccola cappella.

La Comunità di Tirano, probabilmente attraverso la rete di conoscenze del Quadrio, aveva rapidamente contattato capimastri e maestranze per dare inizio alle opere, la chiesa sin dagli inizi era stata intesa non come un comune tempio, ma come un Santuario degno della Celeste Committenza.

Anche un francescano, frate Serafino da Locarno, predicatore nella chiesa di San Martino nella Quaresima del 1505, aveva appassionato a suon di vibranti sermoni gli animi dei fedeli di Tirano, spronandoli ad edificare in adeguata veste architettonica il tempio, come espressamente chiesto dalla Vergine.

Già il 25 marzo 1505, giorno della festa dell'Annunciazione, alla presenza dei maggiorenti del paese, del clero guidato dal parroco G. Homodei e da quasi tutta la popolazione, veniva solennemente posta la prima pietra della chiesa ed il tutto veniva registrato in un atto rogato dal notaio imperiale Tommaso da Canobbio, in maniera tale che a tutti fosse noto anche in futuro, che lo stesso tempio veniva fondato e costruito a nome e per conto della Universitas Tirani, cioè dell'intera Comunità.

Come dicevo, la Comunità di Tirano, si era impegnata nel contattare capimastri e maestranze, ma chi era l'architetto e il costruttore della chiesa?

La documentazione archivistica, certamente voluminosa e ricca di dettagli, risulta essere lacunosa per quel che concerne i primi anni della fabbrica e non consente per via diretta di conoscere a chi erano sati commissionati i lavori di progettazione e costruzione.

Nei suoi studi, il professor Gianluigi Garbellini, afferma che considerati l'impegno profuso e i risultati conseguiti, si può supporre, osservando anche la perfetta sintonia del tempio con lo stile rinascimentale in auge all'inizio del XVI secolo in Lombardia, che i tiranesi si erano rivolti ad un architetto ed a un capomastro di nota abilità.

La scelta di questa importantissima figura non poteva che indirizzarsi su Como, sede della Curia della diocesi e città con la quale la Valtellina aveva rapporti diretti. Nella stessa Como, grazie all'interessamento di personalità locali, si erano avvicinati artisti di chiara fama.

Il nobile cittadino comasco, Gerolamo Mugiasca, era unito da rapporti di amicizia con il cavalier Quadrio tanto da essere presente nel borgo tiranese il giorno della posa della prima pietra e Matteo Olmo, frate domenicano originario di Morbegno, erano stati con ogni probabilità gli intermediari tra Tirano e la città lariana, dove le arti murarie e la lavorazione della pietra, vantavano un' antica tradizione risalente ai Maestri Comacini.

Forse erano stati il Mugiasca e frate Olmo a prendere contatto con Tommaso Rodari, allora ingegnere della Fabbrica del duomo di Como, artista già noto in valle con il fratello Giacomo per la costruzione dell'abside della chiesa di Ponte in Valtellina.

Non si esclude che sia stato proprio frate Matteo Olmo, maestro di teologia e lettere Sacre in Como, a guidare l'architetto-ingegnere nella progettazione dell'insieme e nelle scelte dei contenuti figurativi dell'apparato scultoreo che vediamo nella nostra Basilica e che sono di chiara matrice rodariana.

Storici e critici sono oggi concordi nell'attribuire ai fratelli Tommaso e Giacomo Rodari, la realizzazione del Santuario di Madonna di Tirano, anche sulla scorta di considerazioni stilistiche ed al confronto con altre opere realizzate dai Rodari e che in effetti presentano somiglianze con il nostro tempio Mariano.

Certamente a loro attribuibili sono i cornicioni in stile classico delle finestre della facciata, decorati ciascuno sulle sommità con le statue di San Giovanni Battista a destra e San Michele Arcangelo a sinistra, entrambi affiancati da angeli musicanti.

Si riscontra la mano dei Rodari nella cornice del rosone, nei contorni e nel timpano della finestra cieca, nella croce greca al centro del frontone e in fine nella statua della Vergine col Bambino posta sulla sommità della facciata.

Il carattere di queste sculture denuncia chiaramente l'arte di uno dei fratelli Rodari, probabilmente Giacomo, la sua firma discreta la si rileva infatti nel piccolo tondo all'interno del timpano della finestra sopra il rosone dove è raffigurato San Giacomo. Similmente nella decorazione scultorea di un'altra finestra, si è scoperto che il santo rappresentato è Tommaso, il nome del maggiore dei fratelli Rodari.

Di loro opera sono anche le decorazioni scolpite dei portali laterali la cui posa risale al 21 marzo 1506, nello stesso giorno veniva collocata la tavola marmorea dedicatoria a lato del portale meridionale.

Dei fratelli Rodari abbiamo sin qui nominato Tommaso e Giacomo, erano però quattro con Donato e Bernardino, tutti erano gli esponenti principali dell'illustre famiglia di lapicidi ticinesi originari di Maroggia sul lago di Lugano.

I più noti erano Tommaso e Giacomo: Tommaso nel 1487 diveniva ingegnere della Fabbrica del duomo di Como, e Giacomo il suo braccio destro, erano tutti e due capimastri e scultori.

 

FONTE: LA MADONNA DI TIRANO. Monumento di fede, di arte e di storia. Autore: Gianluigi Garbellini. Stampa: finito di stampare nel mese di agosto 2010 dalla Tipografia Polaris -Sondrio.

Dalle pagine 26,27,33,38.

Immagine di copertina di I. Bormolini.

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