MENU

Il figliol “prodigio” di via San Giacomo. Tirano-Milano

CULTURA E SPETTACOLO - 16 12 2020 - Ivan Bormolini

CONDIVIDI

/IMBOCCO VIA SAN GIACOMO, Tirano
IMBOCCO VIA SAN GIACOMO

(Prima parte di I. Bormolini ) In quella storica via San Giacomo di tanti anni fa, in quei vicoletti o corti tipiche delle dimore contadine, Antonio, un padre di famiglia lavorava come operaio in una segheria tiranese. La moglie Lisa, anch'essa operaia in una piccola azienda locale, seguiva le faccende domestiche e si dedicava a quell'unico figlio.

Già nel frequentare le scuole elementari, Giovanni dimostrava doti di eccellenza, in particolar modo in matematica. Si andava raccontando che quel figliolo fosse un piccolo e promettente prodigio.

Quell'allora maestra, valutando i profitti dell'alunno ci aveva visto lungo ed aveva spronato i genitori a farlo “andare avanti” nel percorso scolastico.

Infondo, era lo stesso Giovanni a chiedere ai genitori di poter proseguire negli studi. E così era stato sino al momento dell'università. Certo, per quei tempi far studiare un figlio di umili origini negli atenei milanesi era un fatto piuttosto raro ed economicamente molto gravoso per una famiglia operaia.

Ma per Antonio e Lisa non era quello un problema, tutti e due avevano fatto i contrabbandieri per lungo tempo; tutto il guadagno l'avevano accantonato ed ora quei soldi tornavano utili così da poter dar vita al sogno del figlio, ovvero frequentare la facoltà di economia e commercio in una prestigiosa università milanese.

Giovanni era un ragazzo che aveva ereditato dai genitori i valori degli affetti famigliari e l'umiltà, il distacco da quel focolare domestico alla volta di Milano non era stato facile, ma il giovane, ben sapendo che il padre e la madre avevano faticosamente e pericolosamente guadagnato quei denari, percorrendo irti sentieri in estate ed in inverno, non voleva certo deluderli.

E così era stato, tra quelle aule magne e in quel collegio milanese si era buttato a capofitto negli studi. Ben rari erano i suoi ritorni a Tirano, ma mai mancava la corrispondenza con la sua famiglia. Giovanni informava i genitori dei voti ottenuti negli esami i quali, erano tutti lusinghieri e motivo di orgoglio.

Si diceva che quel figliol prodigio avesse letteralmente bruciato le tappe, aveva pure vinto alcune borse di studio ed aveva utilizzato quei proventi per frequentare ulteriori corsi di specializzazione ancor prima della discussione della tesi.

Una volta redatta la tesi era giunto il momento della laurea; Antonio e Lisa erano presenti a quel momento giunto ben prima del tempo previsto. In quell'ateneo sembravano due pesci fuor d'acqua, l'orgoglio e l'amore per quel figlio avevano raggiunto l'apice e nell'ascoltare gli argomenti economici nella discussione della tesi, pur capendo ben poco o nulla, si erano commossi.

Centodieci e lode era stato il verdetto della commissione e così per festeggiare i tre si erano recati a pranzo in un bel ristorante vicinissimo al Duomo. Giovanni aveva risparmiato parte dei soldi delle borse di studio per ringraziare i genitori con un degno pranzo.

Giunti in quel luogo, certamente lontano dalle semplici fattezze di una trattoria, Antonio e Lisa erano imbarazzati da tanto lusso.

Subito Antonio notava che i posti a sedere erano quattro, nel chiedere spiegazioni al figlio, appariva al loro semplice cospetto una ragazza di una bellezza folgorante, con abiti ben lontani dai loro e con un volto truccato che a Tirano non si era mai visto.

Giovanni presentava loro Dorotea, figlia di noti industriali milanesi, dicendo loro che la giovane era la sua fidanzata ufficiale capace di aprirgli un mondo nuovo.

E' chiaro che si era venuto a creare un momento di imbarazzo, i due ex contrabbandieri, in cuor loro avrebbero voluto che il figlio aprisse una sua attività a Tirano che allora era in pieno sviluppo, ma con un velo di tristezza in volto, assecondavano Giovanni.

Al momento del dolce, Dorotea traeva dalla borsa una busta per Giovanni, era una lettera di assunzione a tempo indeterminato alle dipendenze dei suoi genitori.

Leggendone il contenuto, pur già sapendo del tutto, Giovanni si sentiva realizzato, dopo tanto studiare finalmente poteva dar vita ai suoi sogni.

Il contratto parlava chiaro, era lusinghiero e conferiva allo stesso ampi poteri nella gestione del portafoglio clienti, infine, lo stipendio mensile non era certo poca cosa.

Accompagnati i genitori alla stazione centrale, durante il saluto, Antonio e Lisa congratulandosi nuovamente col figlio, gli davano un semplice consiglio: “stai in campana, non è sempre tutto oro quello che luccica”.....

Salutando i genitori, Giovanni li rassicurava, in quel freddo binario della stazione centrale, in quegli umili volti in partenza per Tirano trasparivano sentimenti contrastanti e dubbiosi.

Era passato del tempo, ma “quel stai in campana, non è tutto oro quello che luccica”, aveva lasciato in Giovanni un sentimento di allarmismo difficile da scordare.

La storia con Dorotea proseguiva a gonfie vele, addirittura si pensava al matrimonio, Giovanni era immerso nel lavoro e sempre più veniva introdotto in un meccanismo mondano che di certo non gli apparteneva ma al quale si adattava con cautela.

Nel frattempo si era accorto che in quella sorta di castello dorato, economico e famigliare, vi era qualcosa di insolito e inaspettato. Dalle grandi entrate, ai conti correnti gonfi, in poco tempo gli ammanchi erano divenuti evidenti.

Giovanni, con una certa buona fede, avvisava Dorotea e genitori di lei. Con la pacatezza tipica del suo carattere, in quell'incontro metteva nero su bianco i conti.

La risposta era stata lapidaria, saccente, corale e rapida.

“ Evidentemente, nonostante le tue qualità non sai guardare oltre, noi - diceva il triumvirato - stiamo

investendo in altri progetti, non è compito tuo investigare su certe mancate entrate, apprezziamo la tua solerzia, ma limita la tua azione alle responsabilità che ti abbiamo affidato”......

E continuavano “ Vivi in un mondo ben lontano dal paesello da cui provieni, dovresti essere fiero del ruolo che ricopri, il tutto ti garantisce ricchezza e l'amore di Dorotea, a tempo debito ti spiegheremo e se avrai pazienza godrai anche tu di ciò che stiamo attuando”.

Ma Giovanni non si era lasciato ammaliare da quelle rassicurazioni frettolose, per sua fortuna o furbizia, non aveva mai posto la sua firma su documenti, atti o revisioni contabili, si era limitato a stilare relazioni, consuntivi e bilanci, inviando il frutto del suo oculato lavoro ad un'assemblea di cui stranamente non era chiamato a farne parte.

In quella Milano, fatta di uffici di quelle pause pranzo in ambienti allora già in voga, in quegli incontri per l'aperitivo serale, Giovanni era sempre più solo e svilito nel suo compito. Certo aveva il suo portafoglio pieno, ma la sua professionalità veniva meno e pure Dorotea non era quella di un tempo.

Davanti ad un caffè bevuto in un bar ormai a tarda sera, si era avvicinato a lui un compagno di università, un amico di studi ed anch'egli figlio di importanti personalità, il messaggio di quella conversazione era chiaro:

“Ascoltami bene, la tua Dorotea e la sua famiglia, si sono invischiati in affari ben poco chiari, ti stanno usando. Stanno fingendo e ostentano ciò che non è, le voci circolano e sono sempre più insistenti, non vanificare il tuo grande percorso di studi, non annullare le tue capacità, non comprometterti, ti consiglio di lasciare la barca su cui sei ospite e dipendente, prima che questa affondi”.

Giovanni chiedeva ulteriori lumi all'amico con il quale aveva condiviso ore e ore di studi, ma questo non era andato oltre rinnovando il consiglio e asserendo che se avesse voluto un nuovo posto di lavoro lo avrebbe trovato presso la sua azienda e con le stesse condizioni offerte dalla famiglia di Dorotea.

Quel ragazzo nato e cresciuto in via San Giacomo, salutando e ringraziando l'amico aveva preso tempo, era innamorato di Dorotea ma nello stesso tempo voleva vederci chiaro e cercare di capire.

Il suo intento nei giorni successivi veniva però limitato, tra quegli uffici sulla sua scrivania non passavano più i documenti contabili importanti, ma solo scartoffie di poco conto e compiti che anche una semplice segretaria poteva espletare.

Il clima professionale e famigliare che si era instaurato tra quelle mura, pareva sempre più teso e ad ogni sua richiesta di spiegazioni le risposte, soprattutto da parte della fidanzata erano evasive. Sempre meno la stessa Dorotea accettava di uscire con lui, accampando scuse ed ostentando giustificazioni che suonavano alle orecchie di Giovanni come vere e proprie bugie.

Dall'ufficio principale dei titolari le riunioni, ovviamente a porte chiuse, vi partecipavano volti sconosciuti che certo non erano i soliti clienti. Ma da quella porta si udivano toni che del conciliante avevano ben poco.

E così, in una notte di novembre Giovanni, prendeva una decisione: quel mondo dell'alta finanza, vera o presunta, non gli apparteneva, gli si era cucito addosso come un abito che diveniva ogni giorno sempre più stretto ma in particolare ben lontano dalla sua professionalità e onestà.

Poteva scegliere, abbandonare Dorotea e l'azienda accettando il posto di lavoro dell'amico, oppure ritornare a Tirano e ricostruirsi un futuro.

A dar ragione alle sue idee era stata proprio in quella sera una visione ben poco idilliaca: era uscito per una passeggiata, per l'ennesima volta era stato scaricato da Dorotea. In quel cammino nei bei quartieri della Milano bene o da bere, aveva visto proprio la fidanzata scendere da una lussuosa auto alle porte di un notissimo ristorante. Era in compagnia di alcuni di quei personaggi che frequentavano gli uffici dell'azienda, uno di questi pareva ben più di un cliente, al contrario il nuovo fidanzato.

Giovanni aveva visto abbastanza, rincasato compilava una lettera di dimissioni e una per Dorotea, l'indomani mattina le lasciava sulla scrivania di quella che pensava fosse un vero amore.

Di fretta aveva fatto i bagagli, riposto tutti i suoi libri e quel testo della tesi di laurea in alcuni scatole dando mandato alle poste di recapitarli a Tirano in via San Giacomo.

Prendendo il treno, nella più totale delusione tornava a casa, era proprio vero il monito dei genitori che non era tutto oro quel che luccicava.

 

(Fine prima parte la seconda ed ultima domani)

LASCIA UN COMMENTO:

DEVI ESSERE REGISTRATO PER POTER COMMENTARE LA NOTIZIA! EFFETTUA IL LOGIN O REGISTRATI.

0 COMMENTI