Il filò, ritrovo dei tempi andati

Il termine filò, di presumibile origine latina, indica l'attività di filatura (filatum) che veniva svolta come passatempo. Al proposito va rammentato che a Grosotto, negli anni '60 del secolo scorso, esistevano ancora delle congiunte soprannominate appunto filò per essere dedite a questo lavoro.

Una diversa etimologia rimanda al greco filé (compagnia) per rimarcare il suo aspetto di socializzazione. In effetti il filò consisteva nelle veglie invernali trascorse nelle stalle dai contadini uniti da parentela, amicizia o vicinato, che si riunivano per stare al calore offerto dalle bestie in modo da poter risparmiare la legna da ardere. Durante i filò gli anziani si assumevano il compito di tramandare la narrazione orale e un po' tutti i presenti chiacchieravano rivelando novità e indiscrezioni, oppure raccontavano episodi di vita familiare e paesana o discutevano del lavoro nei campi, e c'era pure chi giocava a carte o recitava il rosario.

Diversi uomini ingannavano il tempo riparando attrezzi - ad esempio il manico dei badili o i denti dei rastrelli - e impagliando sedie e sgabelli, o lavoravano il legno per costruire dei giocattoli ai bambini. Talvolta anche i giovani prendevano parte alle veglie allo scopo di avvicinare le ragazze, seppure sotto gli occhi vigili dei genitori. I corteggiamenti erano subordinati a precise regole non scritte che venivano rispettate, sebbene non mancassero litigi a causa di presunte inosservanze.

Ma i filò trasmettevano soprattutto la cultura popolare fatta di aneddoti, favole, filastrocche, giochi, indovinelli, canti religiosi e di lavoro accompagnati da qualche sana bevuta. Leggende e racconti avevano un po' la caratteristica delle attuali telenovelas, ed è proprio l'avvento della tv alla fine degli anni '50 ad aver soppiantato la tradizione dei filò, autentici centri sociali ormai scomparsi e dimenticati.