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Il ser Crociato fiero e indignato

CULTURA E SPETTACOLO - 24 10 2022 - Ezio (Méngu)

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/Fede e Fortezza, dipinto c.a. 1900- ante 1921
Fede e Fortezza, dipinto c.a. 1900- ante 1921 (dal catalogo generale dei beni culturali)

A Tirano, forse non mi crederete,  

un dì m’apparve un Ser Crociato

in piè su un gran  ceppo d’abete

con sguardo fiero e indignato.

 

Gli dissi “Chi sei o fiero Cavaliere

dal mantello bianco e rosso crociato 

che ti ergi solo e senza alcun alfiere

in questo nostro tempo sciagurato?

 

Passato è il tempo dei difensor di Fede,

l’onore e il coraggio è ormai spento,

oggi il popolo ormai più non crede

all’eroica morte per altrui giovamento”.

 

Ognuno per sé, Dio per tutti.

è il nostro motto tra balli e canti,

così viviamo allegri tra dolci frutti

poi alla fine pregheremo i Santi.

 

Trasse irato la spada il Ser Crociato   

poi un gran colpo sul ceppo diede

come a mozzar la testa  a un ingrato,

infine battè  tre volte a terra il piede

 

in segno di sdegno  e di sgomento.

Poi mi disse con sguardo sdegnato

“ Ai felloni or sarò il gran tormento!

Sui vili mangia parole va urinato !  

 

Mille anni fa dipartii dal  Tiranese  

per difendere la  fede e il  pensiero, 

allor il popol di Tirano si offese

quando dissi d’essere un condottiero”.

 

“ Nemo proheta in Patria “ e in Palestina

andai per conquistar la terra del Signore.

Deh! Uccisi cento infedeli ogni mattina 

poi un dì sentii dolce spuntar nel cuore

 

la nostalgia della bella  terra di Tirano.

Il Signor capì e disse” Si, ritornerai ! 

Ma tu dovrai morire con la spada in mano

e tra mill’anni una croce a traliccio avrai !

 

Deh!  O fellone dall’ abito dimesso 

or tu sai che io sono il grande amato 

e il Signore  a me ha promesso,

di sradicar cento pali  con l’aratro.   

 

Or vi suggerirò quel che dovrete fare,

per far divenire Tirano un bel paese

pieno d’amor, di voglia di lavorare,

di fede, d’onor e senza  più contese .

 

Sarò chiamato “ l’onesto tiranese “

e gran vanto sarà per un Ser Crociato 

se tra mille e più gloriose  imprese

farò di questo paese un giardino bramato”.

 

Così mi parlò dal ceppo il Ser indignato

le sue parole non furon gettate al vento,

perché educò i vili a tener la  parola data

e fece rinascere onore e sentimento.

 

Un bel dì, sul ceppo, alzò al cielo il dito,   

e con il mantel crociato alla folla proclamò:  

 “Or i gran felloni di far danno hanno finito   

e da quel dì il Ser non fu più udito.  

 

Ezio (Méngu)

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