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Il vicolo dello struscio

CULTURA E SPETTACOLO - 22 11 2017 - Méngu

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/via ortigara tirano

In queste belle giornate di sole ho incontrato un mio paesano con un giornale sottobraccio. E’ un uomo anziano ma non troppo, acuto quel che basta per capire le cose del mondo e per trarne giudizio. Mi dice con fare rassegnato: “siamo in guerra ormai anche tra maschi e femmine”.

 

Curioso gli domando il perché e lui mi racconta la sua avventura di ieri: “La via lungo Adda Ortigara in Tirano è la strada che costeggia il fiume Adda, sul lato destro orografico. Ai miei tempi di gioventù quella strada era poco trafficata ed era chiamata “ la strada dei vècc“. In inverno era un via vai di vecchi intabarrati che passeggiavano, fumando la pipa e  godendosi il tiepido sole, proprio sino all’ultimo raggio  senza calore ma che dona una luce spettacolare all’acqua del fiume che scorre  lenta, silenziosa e scintillante sotto il ghiaccio. I vecchi dicevano: anche oggi il sole ha fatto il suo giro, poi se ne andavano a casa, con la pipa sempre accesa, sperando nel domani. Ora quella strada è trafficata da auto che stringono come sarde i pedoni al lato della strada per passare. E’ percorsa da ciclisti che, come meteore silenziose, sfrecciano sfiorando i passanti. Non c’è più la quiete d’un tempo. E’ uno scompiglio di ciclisti fischianti per farsi sentire, giovani che corrono come lepri, anziani al trotto sgangherato per un ridicolo ricordo di gioventù, crocchi di persone in parallelo e in fila indiana, trattori che scoppiettano peti  fumanti di gasolio. Insomma tutto è cambiato in quella strada ma  non il sole che ancora scalda e fa la sua parte di dolcezza tra le ombre delle grossa mura che sorreggono in vigneti terrazzati.

 

Proprio ieri ho percorso, con un amico, quella strada godendoci quel sole. Abbiamo parlato del più e del meno, ricordando varie figure di persone eccentriche ormai scomparse. Giunti alla nuova passerella sull’Adda e attraversatala abbiamo percorso via lungo Adda Btg.Tirano. Giunti  presso l’imbocco di via S. Carlo la nostra gradevole passeggiata si è trasformata in una piccola avventura. Ma cos’è successo? Io e il mio amico per raggiungere il ponte vecchio abbiamo tirato diritto e imboccato  lo strettoia che c’è tra le mura delle case e quelle dell’argine dell’Adda.  Due signore, una di esile corporatura, l’altra di notevole stazza, hanno imboccato il vicolo sul lato opposto. La signora di stazza grossa avanzava lenta occupando un buon terzo del vicolo. Il suo petto non aveva discontinuità con la pancia e, a occhio e croce, misurava la lunghezza d’un braccio ben disteso d’un giocatore di basket. In un batter d’occhio ci siamo trovati di fronte, nello stretto vicolo, le due signore.

 

Io ero innanzi al mio amico e da gentil uomo, mi son messo con le spalle al muro della casa e  ho fatto spazio per lasciar passare la signora magra. Sono stato  ricompensato con un sorriso gentile subito da me ricambiato. Poi è stata la volta della signora robusta e tonda alla pari d’una botte. Sempre con le spalle al muro, piatto come una sardina, ho trattenuto il fiato, mi sono stirato le ossa come un uomo torturato alla ruota ai tempi medioevali alzando infine anche le braccia per lasciarle il passo. Non c’ è stato  nulla da fare. Io e la signora siamo rimasti incastrati. Fortuna volle che almeno siamo rimasti incastrati faccia a faccia, o più precisamente il petto della signora, a causa della mia altezza  poggiava sulla mia pancia. Mentre io rimanevo fermo appiccicato al muro,  la signora ha cominciato a divincolarsi. Muoveva il petto a destra e a sinistra, su e giù,  prima lentamente e poi in modo circolare sempre con più affanno.

 

Strano, ma nel suo modo di divincolarsi emetteva strani gorgoglii  con uno sguardo assai languido. Un pensiero mi è passato per la testa: “Sta a vedere che devo chiamare i vigili del fuoco, questa mi sviene incastrata”. Guardai il mio amico che nel frattempo e con buon senso,  vedendo la ridicola situazione, dopo il passaggio della prima signora, si era arrampicato su una canale di gronda, aspettando gli eventi. Saranno passati tre minuti e la signora, con il suo corpo divenuto stagno più d’un ceppo di larice, s’era ammutolita con uno sguardo lontano e trasognato. In quel momento di estremo disagio per me ho dovuto prendere una decisione. Con un colpo di reni repentino,  fulmineo e ben assestato tra il mio petto e la sua pancia, trattenendola per le spalle per il pericolo che cadesse nell’Adda,  l’ho sollevata sul muricciolo dietro di lei. Lei si è ripresa. Ci  siamo così disarcionati dalla imbarazzante stretta. Lei sorridendo mi ha detto: “Lei è un vero signore d’altri tempi, è stato gentilissimo e fantastico, le auguro buona giornata”.

 

Di rimando le ho risposto: “Gentile signora, mi deve scusare lei per lo struscio, non era mia intenzione” . L’amico, sempre appeso alla canale, ha lasciato passare la grossa signora con un sorriso simile a quello misterioso del ritratto della Gioconda. Poi è sceso dalla scomoda posizione con un balzo. Ognuno di noi ha continuato per la sua strada. Giunti a questo punto del racconto, il mio compaesano apre il giornale e legge, con tono da baritono, un titolo che dice: ”La corte di Cassazione lo condanna per palpeggiamento” . Poi continua: “Ragion per cui nel mio caso l’ho scampata bella per lo struscio con quella signora in quel vicolo così stretto che due persone di media corporatura, per passare, devono contorcersi come serpenti. Nel caso disgraziato che ti imbatti in una signora prepotente, ambiziosa, esosa di danaro e furbetta, in questo caso ti potrebbe denunciare per “ palpeggiamento” .

 

Fortunatamente non è stato il caso mio,  ma può succedere. Con certe signore non si scherza, o per meglio dire, si scherza quando vogliono loro, altrimenti sono guai seri. Ormai è guerra tra maschi e femmine. Il “palpeggiamento” è diventato un efferato delitto e per sicurezza, conviene in questi casi e forse in altri , strusciarsi tra femmine o tra maschi per non incorrere  in condanne corporali e pecuniarie. Perciò quando stringi la mano a una signora per salutarla, tendi i braccio sin che puoi affinché la  tua distanza da lei sia massima. La tua stretta di mano sia breve, meglio mignolo con mignolo  e che sia quasi un tocco, poi ritira il tuo arto in modo fulmineo chiedendole scusa. La sicurezza, in questi casi,  non è mai troppa”.

 

Detto questo se n’è è andato scuotendo la testa e borbottando: “E guerra, è guerra  ormai tra maschi e femmine, che mondo, che mondo balordo“. 

 

Méngu

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