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L'antico crocifisso di San Martino e la sua terza morte

CULTURA E SPETTACOLO - 30 11 2017 - ivan bormolini

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Foto di Ivan Previsdomini

(A cura di Ivan Bormolini ) Molti tiranesi ricorderanno lo storico crocifisso che per molti decenni è stato collocato nella cappella con altare del nostro campo santo, ubicata al termine del viale centrale. Negli anni passati al suo posto ve ne è stato esposto un altro che certamente, artisticamente parlando, non ha nulla a che vedere con l'opera cinquecentesca in esame.

 

L'averlo prelevato da questa locazione è da considerare oggi un fatto estremamente positivo: infatti, gli agenti atmosferici ne avrebbero deturpato, forse in modo irrimediabile, la sua bellezza e grandiosa espressività.

 

Per quasi cinque secoli, il crocifisso, dall'alto del presbiterio della parrocchiale, ha fatto grandiosa mostra di sé, vegliando sui fedeli ed accogliendo le loro preghiere. Una storica fotografia della parrocchiale risalente al 1904, mostra l'originale collocazione dell'opera, sappiamo che già nel 1614, in occasione della visita pastorale del vescovo di Como Archinti, quest'ultimo aveva avuto modo di apprezzarne la maestosità. Gli atti della visita pastorale stessa confermano le parole del vescovo:

Nell'arco trionfale c'è una trave dorata col santissimo Crocifisso”.

 

In merito a quest'opera, se ne fa ulteriore menzione anche nel 1647, in quel periodo le ristrutturazioni all'interno della chiesa di San Martino erano terminate e si procedeva alla riordinazione di varie suppellettili, tra le quali appunto il cinquecentesco crocifisso.

 

Risulta infatti da una ricerca condotta dal professor Gianluigi Garbellini, che si era “speso in olio delle nose et bianca per incarnar il crucifisso grande”. Pare dunque desumibile che in quell'occasione il crocifisso fu solo pulito e restaurato in qualche modo, senza l'intervento di esperti in materia.

 

Era però stato staccato dall'architrave, questa parte era stata rimossa con la costruzione delle volte della navata centrale ed era stato collocato al centro dell'arco trionfale dove era rimasto sino alla rimozione definitiva che risale al 1915, periodo in cui si era deciso di ricostruire presbiterio e abside.

 

Vediamo più da vicino la sua storia: pare chiaro, dalle fonti che ho avuto modo di analizzare, che il crocifisso ligneo di San Martino era molto venerato ed apprezzato dai tiranesi di altre epoche.

In primo luogo, così come per il secentesco crocifisso Ecce Homo, collocato attualmente in una delle cappelle laterali della parrocchiale,e di cui vi ho già parlato durante la Settimana Santa, l'autore resta ignoto.

Con una certa sicurezza, l'artista va ricercato nella schiera degli autori lombardi del primo Cinquecento, Bernardino Luini, Gaudenzio Ferrari, Fermo Stella e I Del Majno, attivi in quell'epoca in tante località valtellinesi.

 

La grande conoscenza artistica del già citato professor Luigi Garbellini, porta a considerare che il canone estetico e i suoi singoli dettagli rimandino alla scuola di Gaudenzio Ferrari, il quale, mediante la realizzazione di diverse statue per il Sacro Monte di Varallo, aveva fornito modelli di straordinaria espressività vicini al sentire popolare. L'opera del Ferrari si era dunque espansa nella nostra regione con ampio consenso.

 

Non è però da escludere, che il crocifisso sia stato realizzato nei primi del Cinquecento in relazione con le attività di maestranze legate ad un gruppo di artisti lombardi che avevano prestato la loro maestria nella chiesa dell'Assunta a Morbegno e presso il nostro santuario Mariano di Madonna di Tirano.

 

La sua originaria collocazione nella chiesa parrocchiale di San Martino in Tirano, non era casuale, il crocifisso infatti era stato realizzato per essere osservato dal basso e da lontano. Molti nostri concittadini di epoche recenti infatti, guardandolo nella sua precedente locazione al cimitero, hanno avuto modo di osservare che l'opera destava una certa “inquietudine”.

 

Non posso certo dire il contrario, è vero infatti, che se osservato da vicino il tutto assume proporzioni che sono certo ben maggiori rispetto al già citato Ecce Homo.

Il Cristo supera le normali dimensioni di una persona, destando nell'osservatore attento proprio un senso di inquietudine e di drammaticità.

Stiamo infatti parlando di un chiaro esempio di “Christus patiens” ovvero paziente sino alla morte nel supremo atto di oblazione, ossia donare se stesso nell'atto estremo e violento della crocifissione.

 

La figura del corpo Cristo nel crocifisso cinquecentesco in esame, ci mostra in tutte le sue parti questo terribile trauma. Il tutto è reso ancor più veritiero grazie all'impiego di barba e capelli reali, che vanno ad adornare il volto del Gesù morto sulla croce che nella sua espressione sembra non tradire dolori e sofferenze.

 

Cari e gentili lettori, sin qui, seppur brevemente, vi ho riportato alcune notizie storiche ed artistiche di questo grandioso crocifisso. Nel 2003 il professor Garbellini, nel trattare la ricerca in merito, auspicava, che dopo un accurato restauro conservativo, l' antico crocifisso, ovvero un' indiscutibile opera d'arte, potesse tornare nella sua sede originaria, per essere esposto alla devozione e all'ammirazione della gente.

Nel dare il titolo a questo pezzo, ho pensato proprio alle parole del Garbellini, in quanto a distanza di quattordici anni da quella pubblicazione, il tutto pare essere lontano dall'avvenire e non ne faccio qui colpe alcune.

Sappiamo infatti che la burocrazia in merito a vari interventi su beni artistici ed architettonici, richiede prima di qualsiasi azione dettagliate e lunghissime pratiche documentali. Nello stesso tempo, anche le finanze per giungere a compiere restauri conservativi necessitano di ingenti sforzi economici.

Certo sarebbe molto bello rivedere questo crocifisso tornare in quella sua straordinaria ed oserei dire scenografica collocazione. L'opera infatti, proprio per la sua maestosità, avrebbe un impatto visivo ed anche devozionale davvero unico.

Torno al titolo, “la terza morte”: reputo infatti che una prima morte del crocifisso storico di San Martino sia avvenuta proprio quando è stato prelevato dalla sua prima locazione, la seconda più che morte la definirei un salvataggio. Come già detto la collocazione al cimitero si rivelava del tutto inadeguata al suo stato di conservazione. Ora la terza morte: è auspicabile che nel tempo questa non avvenga. Credo che oggi il crocifisso giaccia nel silenzio del battistero di San Pietro o Oratorio di San Filippo Neri. Speriamo vivamente che un futuro si possa provvedere a rivalutarne lo straordinario valore artistico e di fede al fine di restituire ai parrocchiani di oggi, ciò che a quelli di epoche passate era tanto caro” .

 

Ivan Bormolini

 

FONTE: “LE CAMPANE DI SAN MARTINO” . N° 1 – primo trimestre- marzo 2003. Articolo “ L' antico crocifisso di S. Martino di Tirano”. Autore Gianluigi Garbellini Pag. 27/30. Fotocomposizione e stampa Tipografia Petruzio s.r.l. .

FOTOGRAFIE: “Il volto del Cristo” è di Ivan Previsdomini ed è tratta dalla fonte sopra riportata.

“Un'immagine storica della chiesa di San Martino” è tratta da “LA CHIESA DI SAN MARTINO IN TIRANO”. Autori Gianluigi Garbellini e William Marconi. Pag 224. Stampa Tipografia Bettini Sondrio.

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