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La fondazione degli ospedali di Chiavenna, Morbegno, Bormio e Grosio

CULTURA E SPETTACOLO - 26 03 2020 - Ivan Bormolini

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/ospedale grosio

(Di I. Bormolini) Ci siamo lasciati martedì con la storia dell'ospedale di Sondrio. Oggi invece farò un'analisi degli ospedali di Chiavenna, Morbegno, Bormio e Grosio, lascierò per domani le vicende dell'ex ospedale di Tirano.

A Chiavenna il plurisecolare 'Ospitale dei poveri di S. Maria della Rotonda” aveva continuato a esistere in condizioni misere sino al 1861.

I pochi infermi poverissimi senza casa e senza famiglia, erano stati alloggiati in una casa presa in affitto, mentre gli altri venivano inviati nelle loro abitazioni.

Grazie ad una sottoscrizione pubblica, pochi anni dopo veniva acquistato il palazzo Bazzi con relativo terreno. In questo luogo si allestiva il nuovo ospedale con l'inizio delle attività il primo settembre 1877; qui inizialmente venivano ricoverati i soli ammalati acuti poveri.

Con il Regio Decreto del 26 marzo 1885, veniva nominato o eretto in Ente morale e amministrato dalla Congregazione di carità.

 

Nel 1900 si accettavano anche malati a pagamento e nel 1902 venivano effettuati i primi interventi operatori con la collaborazione dei chirurghi dell'Ospedale Maggiore di Milano.

Con una donazione della Cassa di Risparmio di Milano nel 1912, si poteva erigere un nuovo edificio su due piani grazie al terreno del palazzo Bazzi.

In tutto si avevano 40 posti letto in due corsie e varie camere singole.

Il vecchio palazzo, non veniva assolutamente abbandonato ma adibito a ricovero per i vecchi, servizi di cucina, dormitorio del personale e uffici.

La legge sugli ospedali n° 1631 del 30 settembre 1938 classificava l'ospedale di Chiavenna come “infermeria”.

 

Alla fine degli anni Trenta i posti letto erano saliti a 60: 20 letti per medicina, 20 per la chirurgia, 4 per l'ostetricia, 10 per l'isolamento e 6 camere singole per dozzinanti.

Nonostante tutto appariva deficitario il personale medico: direttore dell'ospedale era ancora il medico condotto di Chiavenna che non aveva alloggio in struttura.

Non vi erano altri medici, giungeva da Milano e solo una volta al mese, il chirurgo prof. Fussi primario del Fatebenefratelli.

La situazione era insostenibile e l'amministrazione lo faceva presente in una relazione del 1942.

Si era ritenuto indifferibile l'ampliamento dell'organico medico, per cui veniva assunto il dottor Mario Andres che affiancava il direttore e si stipulava una collaborazione continuativa con il professor Lioy dell'ospedale di Bellano.

Nella relazione si procedeva all'attuazione di un programma tecnico costruttivo, questo prevedeva: l'istituzione del servizio di ambulatorio, laboratorio per analisi e servizio di radiologia.

Si era in periodo bellico e la città di Chiavenna aveva dovuto attendere gli anni Sessanta per la ristrutturazione del nuovo ospedale.

 

A Morbegno l'ospedale durante tutto l'800, aveva fruito di numerose elargizioni con l'aumento delle rendite così da poter ampliare le proprie attività.

Con il lascito di don Fedele Zanatti, parroco di Campo, si potevano accogliere anche i poveri delle parrocchie di Campo e Tartano.

Il lascito di Gaspare Mambretti provvedeva la mantenimento di un cronico; don Andrea Malaguccini, dava all'ospedale terreni, livelli e capitali con l'obbligo di ricevere nei mesi invernali da dicembre a febbraio, i figli illegittimi esposti del comune e farli allattare almeno per un anno.

Le nuove leggi italiane, dopo l'Unificazione prevedevano che l'amministrazione dell'ospedale passasse nelle mani di un apposito consiglio eletto dall'amministrazione comunale e nel 1866 con Regio Decreto si provvedeva al nuovo statuto inerente all'organico.

Il personale era composto da un medico-chirurgo che era il medico condotto del comune, un cappellano, un infermiere, un'infermiera, un segretario e una cuciniera-portinaia.

Ancora grazie al cospicuo lascito del conte Paolo Paravicini, si potevano ricoverare malati cronici poveri del comune di Morbegno e di Traona.

 

Nel 1931, si realizzava un padiglione per i malati di tubercolosi, allora destinato ad essere l'unico reparto ospedaliero per la cura di questa patologia in tutta la provincia.

Il padiglione, battezzato poi sanatorio di Santa Teresa, aveva ben 70 posti letto e le attrezzature diagnostiche idonee per quel tipo di malati.

Alla fine degli anni Trenta, la relazione sull'assistenza sanitaria nella provincia di Sondrio, così descriveva l'ospedale di Morbegno:

“L'ospedale si trova alla periferia della borgata e consta di parecchi fabbricati con annessa vasta area. Il vecchio edificio frontale è destinato ai cronici, all'abitazione del Direttore, dell'Assistente, del personale; al servizio di cucina ed in parte al reparto...Nel padiglione centrale sono collocati l'ambulatorio, il gabinetto di analisi e di radiologia; al primo piano i bagni, la sala operatoria, il reparto di maternità ( con 6 letti ). I reparti di medicina e chirurgia sono misti ed hanno 18 letti ciascuno.

Il reparto tubercolotici è in un elegante padiglione isolato con 44 letti...L'ospedale non ha un medico proprio: ha però in servizio due medici che hanno l'obbligo di risiedere in Ospedale di cui uno, medico condotto funge da Direttore e l'altro funge da aiuto. Il servizio di chirurgia viene disimpegnato dal chirurgo primario di Sondrio...La media giornaliera fu di 42 oltre 13 cronici”.

Con la legge del 30 settembre 1938, l'ospedale veniva classificato “infermeria per acuti” e dopo la guerra “ospedale di terza categoria”.

In seguito veniva predisposto un programma edilizio di ampliamento che si completava nel 1963.

 

Bormio e l'alta Valtellina in quelle lontane epoche erano prive di ospedali. Dopo l'Unificazione, il Luogo Pio ospedaliero di Bormio, veniva riconosciuto come Ente morale.

L'amministrazione che era stata in mano alla famiglia Nesini per disposizione testamentaria della fondatrice, passava alla Congregazione di carità, sotto il controllo dell'amministrazione provinciale.

Nel 1874 una parte dell'edificio del vecchio ospedale maggiore di via Nesini, era adibita a latteria e nel 1877 un'altra parte era data in affitto ai Reali Carabinieri. Dal 1937 il Luogo Pio funzionava come casa di ricovero.

Nel 1960 veniva definitivamente chiuso per trasferirsi in un nuovo edificio in via al Giardino assumendo la denominazione di “Casa di Riposo Villa del Sorriso”.

Si maturava già nel 1915 tra i bormini, la volontà di dotarsi di un ospedale moderno.

Nell'agosto dello stesso anno si dava l'appalto alla ditta Branchi per la costruzione dell'ospedale; a lavori appena iniziati il cantiere di via Alberti si fermava per la chiamata alle armi degli appaltatori e degli operai.

 

Scriveva “La Valtellina” il 21 febbraio 1919: “Ora possono riprendere i lavori. La Cassa di Risparmio ha elargito la somma di lire 32.000, il Ministero dell' Interno lire 11.000, il comune ha ottenuto un mutuo agevolato di lire 50.000”.

Il 19 luglio 1936 si costituiva tra i comuni del mandamento, il Consorzio dell'Ospedale di Bormio e nel biennio 1936-38 si realizzava la costruzione del primo corpo del fabbricato con funzione di astanteria.

Tuttavia, passavano ancora quindici anni prima che iniziasse l'attività ospedaliera vera e propria. L'apertura era avvenuta il 10 luglio 1950 con una disponibilità di 24 letti. Nel 1975, l'ospedale era inglobato nel Morelli di Sondalo.

 

A Grosio, nel secondo decennio del Novecento, i malati trovavano assistenza nel loro ospedale.

Nel paese, l'ospizio per poveri vecchi e cronici, risalente al 1890 grazie ad un lascito di Emilio Visconti Venosta, era stato trasformato nell'Ospedale Civile Visconti Venosta.

Sulla base della relazione del 1939 si deduce che questo luogo di cura era costituito da un caseggiato di tre piani e da un'altra piccola costruzione di due piani. Aveva 50 posti letto così suddivisi: 7 letti nel reparto medicina, 27 in chirurgia, 6 in ostetricia, 4 in pediatria e 5 per dozzinanti. Per osservazione ed infettivi i posti erano 8.

L'ospedale di Grosio era il primo luogo di cura ad avere letti predisposti per le malattie dei bambini.

Vi era un solo medico, il medico condotto con funzione di direttore e chirurgo.

Questo presidio aveva continuato a funzionare sino al 1974, anche l'ospedale di Grosio veniva incorporato nell'Ente ospedaliero Morelli di Sondalo.

Ci ritroveremo domani per dedicare l'ultima parte di questo viaggio tra la storia dei nostri ospedali con l'ultima puntata interamente dedicata all'ospedale di Tirano.

 

FONTE: STORIA DELLA MEDICINA E DELLA SANITA' IN VALTELLINA. Dalla peste nera europea alla seconda guerra mondiale (1348-1945 ). Autore: Pierluigi Patriarca. Società Storica Valtellinese. L'Officina del libro editore. Stampa: finito di stampare nel mese di novembre 1998 dalla Tipografia Bettini Sondrio. Anche le fotografie sono tratte dalla stessa fonte.

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