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La vendemmia e la porta dei Visoli

CULTURA E SPETTACOLO - 07 10 2021 - Ivan Bormolini

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/UNO SCORCIO DI VIA VISOLI IN TIRANO
UNO SCORCIO DI VIA VISOLI

 (Di I. Bormolini) Siamo ormai giunti anche quest'anno al tempo della vendemmia, un rito secolare, carico di storia, sapienza e tradizioni, atte a fare del raccolto in vigna i grandi vini di Valtellina, sinonimo di eccellenza e qualità.

Ho trovato una vicenda molto particolare proprio in merito alla vendemmia nei secoli passati sul nostro versante Retico di Tirano, pare infatti che era sgradito costume rubare l'uva tra i filari terrazzati.

Nel tempo della dominazione dei Grigioni, le pene contro qualsiasi tipo di reato erano severissime e la macchina di quell'allora potere tanto decantato anche dai versi fatti dipingere nella porta Poschiavina, proprio sotto il dipinto raffigurante la Giustizia, lasciano trasparire che quella macchina giudiziaria, almeno per i Grigioni, funzionasse molto bene in applicazione alle tante grida emanate dai podestà di turno.

Ecco dunque parlando di vendemmia, che a partire dalla metà di agosto di quei tempi remoti, non ci si poteva più recare nelle soleggiate vigne, questo valeva per tutti, proprietari compresi, in pratica tutti gli accessi alla costiera del Masuccio coltivata a vite erano chiusi.

Una risposta a tale provvedimento, seppur parziale, si trova in una grida del podestà di Tirano e di tutto il Terziere Superiore della Valtellina Otto De Jogenburg, pubblicata il 22 settembre 1759.

In buona sostanza pareva che “la porta de Visoli”, ovvero uno degli accessi alle vigne, in quel tempo rimaneva impunemente aperta anche di notte.

Questo accadeva contro le ordinazioni contenute nei Capitoli della Magnifica Comunità di Tirano.

Quindi qualcosa si era inceppato in quel meccanismo di divieto di recarsi in vigna e questo giustificava l'intervento del podestà; per tale accesso, si legge nella grida, “s’introduce gente d'ogni sorta a rubbare impunemente l'uva”.

Per tanto sempre nel testo emendato dal De Jogenburg, si ordinava a Stefano Nazzaro come arbostaro o sia saltaro, e custode del Vignale non solo di chiudere la suddetta porta, ma ancora di ben inchiodarla con travi e assi, “cosicché non possa più aprirsi se non quando dal suddetto Magnifico Consiglio sarà licenziata la vendemmia (…), come si è particato altre volte”.

Il buon Stefano Nazzaro, arbostaro o sia saltaro, faceva parte delle figure nominate nel complesso meccanismo amministrativo di quei tempi, era eletto dalle Contrade e la sua funzione era quella di custodire le vigne dalla metà di agosto sino alla vendemmia.

Tornando alla grida del 22 settembre 1759, si parlava ovviamente anche di pene per chi trasgrediva a tali ordini e osava passare la detta porta dei Visoli.

” Tutto ciò sotto la pena di scudi 2.00 d'oro”....A chiunque si opponeva al suddetto comando, oppure come diremmo oggi ancor peggio, a chi venisse scoperto di aver tentato di aprire o rompere la porta.

Ci si riservava inoltre di punire gli imputati aggiungendo altre pene di tipo corporale e si ordinava al Nazzaro di affliggere la grida sulla porta dei Visoli...Uomini avvisati mezzi salvati!

Ma c'è dell'atro: non si impediva l'accesso alle vigne solo per evitare di rubare i preziosi grappoli, nel Capitolo CCXV degli Statuti di Valtellina Civili, si formulava un'altra ipotesi da vietare.

Era infatti proibito di entrare nelle vigne anche a coloro che le coltivavano per impedire di cogliere i grappoli migliori prima del tempo stabilito e soprattutto senza controlli.

 

FONTE: ASPETTI DI VITA QUOTIDIANA A TIRANO AL TEMPO DEI GRIGIONI (1512-1797). Autore: William Marconi. Stampa: Bonazzi Grafica- Sondrio 1990.  Dal capitolo quinto: Il lavoro in campagna e i prodotti dell'agricoltura, paragrafo: Vite, vendemmia, vino. Pagine 107-108-109.

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