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Un intellettuale con lo sguardo verso il futuro, non dimentico del passato

CULTURA E SPETTACOLO - 31 01 2021 - Ezio (Méngu)

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/Il prof. Giacomo Ganza
Il prof. Giacomo Ganza

Il 20 gennaio 2021 se ne è andato verso i suoi lidi sognati l’Amico e professor Giacomo Ganza. Chi l’ha conosciuto non  potrà mai dimenticare il suo carattere schivo, di poche parole sempre espresse con la modestia contadina  che “dice di non sapere, ma sa molto di più di quello che dice di sapere“. Le sue parole e espressioni scaturivano come perle dalle sue meticolose ricerche storiche. Molti tiranesi lo ricordano per le sue ricerche sui cognomi  e sui soprannomi delle Famiglie dei nostri paesi . I suoi schietti articoli non furono mai di parte se non per la Verità storica. Ha collaborato con diversi giornali locali tra cui  Intorno Tirano e  sul blog “ Dialettando.com” con racconti di storie locali in  dialetto e tradotte in italiano.  Spero di rendere cosa gradita nel proporre alcuni suoi articoli sulla ricerca degli “scutüm” di Stazzona e dell’origine dei Cognomi del tiranese . Fu Uomo di larghe vedute,  tra l’altro fu tra  i fondatori della sezione “ Ezio Vedovelli “ del Movimento federalista Europeo,  espressione di tutte le forze – partiti, sindacati e associazioni – impegnate nel nostro Paese. Di seguito alcune sue riflessioni di due usanze importanti delle nostre Tradizioni .

Ciàu Giàcum, grazie de tütt  e a rivedés! 

Ezio (Méngu) 

 

Due usanze importanti

L'orso nell'immaginario popolare  temuto perché ritenuto feroce. l'orso è al tempo stesso ammirato per la sua forza e la sua imponenza. ammazzare un orso era ritenuta una sfida dall'uomo cacciatore, il quale  era molto ammirato nei secoli passati nell'ambito delle nostre comunità paesane. Tuttavia, sul finire dell'Ottocento l'uccisione degli ultimi orsi fu una strage inutile e crudele. Peraltro curioso episodio è quello riportato dai giornali provinciali nel 1887 quando un pastorello quattordicenne di Carona di Teglio, Omobono Mondini affrontò un orso a bastonate sui pascoli dei dintorni di Carona, cacciandolo e salvando il suo gregge, ma a prezzo di gravi ferite. Tra l'altro un paese Carona che ha vissuto tra leggende e storie inverosimili: Il contrabbando, il brigantaggio, vicende umane del tutto inedite. Personaggi come l'ultimo parroco di questo piccolo paese orobico, Don Bernardino Danielli, originario del Varesotto, ma paracadutato dal vescovo in un paese di montagna lontano dalla sua Valcuvia. L'orso un po' come l'uomo dei secoli passati, rintanato in casa, vive in letargo nella stagione invernale quindi l'usanza di "ciamà fò l'urs" è molto significativa, chi organizza questo scherzo deve servirsi dell'astuzia in modo che la riuscita della burla sia assicurata. Astuzia che usa anche il cacciatore per stanare l'orso o tendergli un agguato. Ecco allora che il 2 di febbraio l'orso, che allegoricamente rappresenta l'uomo, si affaccia dalla sua tana per cercare di capire qual sia l'andamento della stagione, se l'inverno stia veramente avviandosi alla fine. L'usanza della chiamata dell'orso viene ora riproposta dagli appassionati di vecchie tradizioni. E riappare dopo più di un secolo anche l'orso, di lui si era persa quasi ogni memoria. Si ritorna a parlare della sua prudenza, della sua patetica abitudine di mangiarsi fragole e mirtilli, lui così grosso. Ancora oggi come in passato il plantigrado preferisce i pendii più accessibili e freschi delle Orobie a quelli delle Retiche, i boschi della valle di Belviso, di Carona o gli alpeggi di Castello dell'Acqua o della Val Venina. Si dice che però non abbia perso le vecchie abitudini: ogni tanto azzanna qualche pecora o capra, come faccia a rintracciarle non si sa, sono ormai molto meno numerose di un secolo fa.

 

Le usanze del Gabinat e di "Ciamà fò l'Urs da la Tana" sono rispettivamente due appendici dell'Epifania e del Carnevale. Come tali la prima ha un'origine religiosa anche se poi così come è arrivato a noi il Gabinat è ormai una ricorrenza praticamente solo civile. "Ciamà fò l'Urs" è invece una tradizione popolare, accettata e legittimata dalla Chiesa. Questo lo fa pensare il fatto che la festa di Sant'Orso ricorra il 1° Febbraio. Orso un santo monaco d'origine irlandese vissuto nel VI secolo ad Aosta, compatrono assieme a San Grato del capoluogo della Valle d'Aosta. Sant'Orso, nome piuttosto diffuso nell'Alto medioevo. Tra l'altro esistono almeno altri due Sant'Orso: uno venerato nel Veneto chiamato anche Orsio, patrono di Santorso, un borgo del Vicentino e un altro ancora, uno dei primi vescovi di Ravenna. Tra l'altro, Orso, anche se la sua origine irlandese non è del tutto certa, richiama alla mente quel grande movimento spirituale che è stato il monachesimo irlandese con santi e sante monaci venerati anche in Italia: San Colombano, San Gallo, Santa Brigida, quest'ultima patrona di un paese delle valli bergamasche Santa Brigida naturalmente. La consuetudine di chiamare l'orso si incrocia inoltre con la ricorrenza religiosa della Candelora o festa della presentazione di Gesù al tempio o anche della Purificazione di Maria Vergine. In realtà l'uomo che con espedienti si convince ad uscire di casa, simbolicamente rappresenta l'orso che esce dalla tana. Perché fin verso al 1880, quando gli orsi esistevano veramente nei nostri boschi, si credeva che l'orso uscisse dalla sua tana ai primi di febbraio, per rendersi conto dell'andamento della stagione invernale. Si diceva” al di da la Madona Serioeula l'urs al varda foeura: Se'l fioca el bala e el trota, se le nìgul el trà 'n pèt e 'n gìgul, se 'l tira vent per quaranta dì el turna de dent.” Ciamà foeura l'urs è uno scherzo che era ben inserito nell’atmosfera del carnevale, scherzosa e allegra.

 

 

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