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Il pacifismo non basta

ECONOMIA E POLITICA - 09 11 2022 - Cs

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Nei giorni scorsi in tante città d’Europa, incluse Sondrio e Chiavenna, si è manifestato per la pace nella martoriata Ucraina, a otto mesi di distanza dall’inizio di una guerra che oggi ormai tutti definiscono di aggressione da parte della Russia. 

 

I Paesi dell’Unione Europea hanno dovuto dimostrare unità e compattezza di fronte al chiaro tentativo di divisione operato dalla Russia, indotta a recuperare l’area di potere d’un tempo. In questo periodo è pure apparso chiaro che la resistenza ucraina è diventata 'resistenza europea'. Il popolo ucraino ha lottato anche per l’Unione europea, in cui ha chiesto di entrare grazie a un processo dettato dalle menti illuminate che nel dopoguerra lo avviarono (Adenauer, De Gasperi, Einaudi, Monnet, Schuman, Spaak, Spinelli), ma che sembrò diretto dall’alto e privo di forti passioni. Resta il fatto che per l’Europa finora non era mai morto nessuno: l’unità europea è stata una rivoluzione pacifica, avvenuta col conferimento di parti delle sovranità nazionali a istituzioni sovranazionali di tipo federale, mediante trattati, e col diritto e non con la forza, condividendo gli stessi valori di democrazia, libertà e uguaglianza. In questo modo si è potuta realizzare una pace reale tra quegli europei che hanno scelto di condividere la sovranità. Per questo possiamo dire che l’Unione europea è oggi la terra della pace realizzata tra i popoli che la compongono.

 

Ora, invece, i tanti morti ucraini e russi ci dicono che per l’Europa si può anche morire. Questa grande e terribile verità è entrata nelle nostre case con le immagini della guerra. E allora la risposta non può più essere quella di un generico pacifismo che non sa indicare il reale salto di qualità da compiere nei rapporti tra gli stati.  Non si tratta, infatti, di pensare come negoziare una nuova divisione dei territori di confine tra l’Ucraina e la Russia. Questa sarebbe la riproposizione del vecchio ed erroneo concetto che i rapporti tra gli stati si definiscono sulla base della forza (la guerra), che gli stati sono 'sovrani assoluti' e come tali trattano non la pace, ma una tregua, cioè "l'intervallo tra una guerra e l’altra” (parole di Immanuel Kant). 

 

Occorre invece riprendere, anche in tal caso, i principi che dopo la seconda guerra mondiale ispirarono l’avvio della rivoluzione pacifica con la quale si creò l’unità europea, da parte sia dei vincitori che dei vinti, con la costruzione di un nuovo ordinamento comune sovranazionale.

 

L’Ucraina, con la richiesta di adesione all’Ue, ha già mostrato di voler accettare un modello federale che, limitando i suoi poteri, le garantisca la sicurezza di cui è priva, oltre alla condivisione di pace e benessere con i Paesi dell’Unione. Allo stesso tempo gli Stati devono essere portati sul terreno del diritto, abbandonando il criterio della forza e della violenza. Per questo occorre chiedere (questo sì sarebbe il vero negoziato) che la Russia riprenda la politica di Gorbaciov sulla 'casa comune europea' per costruire, in un rapporto paritario con l'Unione europea, nuove istituzioni volte a costruire un’area di cooperazione,  pace e sicurezza in tutta l’Europa. Sarebbe questo il modo per cambiare radicalmente i loro rapporti, esattamente come avvenne col superamento della tradizionale inimicizia tra Francia e Germania dopo il secondo conflitto mondiale.

 

Il movimento pacifista dovrebbe allora ricordarsi  (e rammentare pure al popolo russo) l’antico monito di Luigi Einaudi: “Quando noi dobbiamo distinguere gli amici dai nemici della pace, non fermiamoci alle professioni di fede, tanto più clamorose quanto più mendaci. Chiediamo invece: volete voi conservare la piena sovranità dello stato nel quale vivete? Se sì, non potete che essere acerrimi nemici della pace. Siete invece decisi alla trasmissione di una parte della sovranità nazionale ad un nuovo organo, detto degli Stati Uniti d’Europa? Se la risposta è affermativa, e se alle parole seguono i fatti, voi potete veramente, ma allora soltanto, dirvi fautori della pace…."(Corriere della Sera, 4 aprile 1948 - Chi vuole la pace?).

 

Giuseppe Enrico Brivio - segretario della sezione 'Ezio Vedovelli' Valtellina-Valchiavenna del Movimento federalista europeo

Guido Monti - responsabile del Comitato provinciale per l'Europa di Sondrio

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