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Referendum di Salvini? Anche NO, grazie

ECONOMIA E POLITICA - 14 06 2022 - Cs

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/lettera aperta

Chi troppo vuole nulla stringe. L'antico adagio è sempre più d'attualità all'indomani del flop registrato dalla consultazione referendaria voluta da Lega e radicali per riformare la giustizia. Solo un italiano su cinque si è scomodato per recarsi alle urne in una splendida giornata pre estiva che ha indotto molti a preferire qualche bella scampagnata all'aperto. Nella nostra provincia, politicamente 'verde' per eccellenza, è andata ancora peggio con una quota che si è fermata attorno al 17%. Non sempre cavalcare l'onda del consenso popolare, o tentare di obbligare i cittadini a esprimersi, porta a risultati gratificanti, come è stato dimostrato palesemente in questo caso.

 

Gli italiani, chiamati a pronunciarsi su una tematica complicata e non sentita da loro, si sono astenuti in modo massiccio e del resto la loro disaffezione al voto è testimoniata pure dalla bassa affluenza alle amministrative, dove solo poco più della metà degli aventi diritto si sono presentati ai seggi. Se per i radicali significa che i bei tempi delle mobilitazioni per i diritti civili sono ormai un lontano ricordo, per i trasformisti leghisti, passati in un baleno dal regionalismo al sovranismo, si tratta di un'altra cocente delusione dopo le europee e le precedenti votazioni locali, in attesa di una possibile rivincita alle politiche dell'anno prossimo. Ma pare assodato che gli elettori, tutt'altro che ingenui, se devono optare per una scelta esplicitamente nazionalista, tendono a indirizzarsi verso l'originale (Fratelli d'Italia, che non ha mai ripudiato la fiamma tricolore di missina memoria) e danno poco credito alla brutta copia ex padana. Salvini, apertamente sconfessato da un elettorato disabituato, a differenza dei nostri vicini svizzeri, a dire la sua su ogni possibile argomento, si consola affermando che la destra unita vince, però al tempo stesso rimanda all'esito delle elezioni dell'anno venturo la designazione del leader della coalizione conservatrice, probabilmente indotto a miti consigli dall'ennesimo smacco rimediato. Il 'capitano' dovrebbe finalmente comprendere che è ora di offrire prospettive convincenti all'opinione pubblica e non di darsi a pagliacciate quali gli sfottò agli interisti dopo essersi mischiato tra i tifosi rossoneri in festa a Sassuolo per la conquista dello scudetto o, peggio ancora, rimediando figure meschine col proposito di recarsi in visita da Putin per convincerlo alla trattativa con l'Ucraina.

 

Stia attento il leader leghista, perché un altro Matteo della politica nostrana è passato in breve tempo da un consenso mai ottenuto da quello che è stato il suo partito, arrivato oltre il 40% delle preferenze, a un irrilevante 2% all'incirca coi suoi attuali fedelissimi. I precedenti dovrebbero insegnargli che i leader 'forti' in Italia non hanno mai avuto una gran durata, a partire da Mussolini per arrivare, in tempi recenti, a Craxi, Berlusconi e appunto Renzi, e che solo personaggi di una accertata levatura e credibilità internazionale - vedi alle voci Mattarella e Draghi - sono considerati e rispettati. Basta allora con gli slogan contro l'Europa matrigna, rispolverati a riguardo delle decisioni prese dal Parlamento europeo sul progressivo smantellamento del parco auto inquinanti (quelli contro Roma ladrona sono già stati archiviati da qualche anno), che non incantano più nessuno e, invece, avanti col sostegno a un governo bisognoso di unità d'intenti per vedersi confermare dall'Ue gli indispensabili fondi del Pnrr, senza i quali per il nostro Paese sarebbe davvero dura progredire. 

 

Guido Monti - responsabile del Comitato provinciale per l'Europa di Sondrio. 

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