Tirano, il panificio della famiglia Gobetti chiude dopo più di 100 anni di attività
ECONOMIA E POLITICA - 10 07 2024 - Sara Gobetti
È il 1920 quando una donna intraprendente e lungimirante compie un'azione del tutto inusuale per le donne del suo tempo: decide di acquistare un immobile con panificio a Tirano, in via Torelli 22. Dopo aver basato per generazioni l'economia domestica sull'attività agricola, sceglie di cambiare il destino della sua famiglia avviando un'impresa commerciale, una scelta altrettanto insolita per la Tirano dell'epoca. Nonostante i suoi figli dovessero ancora imparare il mestiere, Costanza Ambrosini non si lascia scoraggiare e dà inizio all'attività. Nel giro di poco tempo, i figli della fondatrice imparano l'arte della panificazione. Tra questi c'è anche Pietro Gobetti, il nonno degli attuali proprietari del negozio. Dopo essere tornato dall'esperienza militare in Africa, Pietro rifiutò un lavoro come meccanico presso la stazione ferroviaria di Tirano per evitare di doversi tesserare al partito fascista. Le sue conoscenze si rivelarono comunque preziose: ad esempio, riuscì a procurare uno sbattitore elettrico per le uova, velocizzando notevolmente i processi che richiedevano questo ingrediente. All'epoca, le cose erano molto diverse rispetto ad oggi: la farina arrivava a Tirano via treno e veniva trasportata al panificio con dei carri. Il negozio era una piccola bottega dove, oltre al pane e altri prodotti da forno, si potevano acquistare altri beni alimentari come cereali, pasta, zucchero o legumi, che venivano venduti sfusi e conservati in contenitori di vetro o latta. La particolarità del negozio risiedeva nel fatto che non c'era un vero momento di chiusura durante il giorno: anche mentre la famiglia pranzava nella cucina di casa, poichè era in prossimità del negozio, un cliente poteva suonare un campanello ed essere subito servito. Sebbene questa modalità possa sembrare curiosa oggi, a quel tempo era la normalità. Anche le abitudini alimentari erano molto diverse, influenzate principalmente dalla disponibilità locale di risorse agricole e dalla tradizione contadina. La dieta rifletteva le condizioni economiche dell'epoca, con un'alta dipendenza da prodotti locali e una limitata disponibilità di beni importati. L'autosufficienza era cruciale: molte famiglie coltivavano i propri orti e allevavano animali per il proprio fabbisogno alimentare. Il pane veniva consumato ai pasti, che erano semplici e frugali, e anche a colazione, spesso con latte. Il pranzo e la cena erano più consistenti, con polenta, zuppe e qualche volta carne. Il pane era il protagonista indiscusso della bottega di via Torelli. Veniva preparato con l'unico supporto dell'impastatrice e del forno, che dapprima era a legna, per poi passare ad un modello di ultima generazione a gasolio con otto bocche (nel 1964) fino all'attuale con carrello rotante. Dato l'investimento e per evitare gli sprechi, il vapore generato in cottura veniva incanalato e recuperato facendo scaldare l'acqua così da averla calda per lavarsi. Non era raro, infatti, che anche i vicini di casa facessero il bagno a casa Gobetti. Questi erano i lussi di una volta e negli anni della guerra come pure immediatamente dopo, la solidarietà era tanta. Tornando alle pagnotte, la produzione del tutto artigianale richiedeva molta abilità ed esperienza, lunghe ore di lavoro, iniziando in piena notte per garantire il pane al mattino a "bun ura". Anche la farina era differente, molto meno raffinata, meno tecnica, non agglutinata né specifica, ovviamente proveniente dall'unico fornitore della zona. Tuttavia, la qualità era assicurata dalla cura artigianale e da una lista di ingredienti corta, senza nomi strani o codici alfanumerici incomprensibili. In tempi più recenti la produzione si è meccanizzata e le ore di lavoro diminuite, ma quello che ha contraddistinto negli anni la tanto apprezzata "Brasciadella" di segale è stata proprio la lavorazione a mano di un impasto molto idratato, impossibile da gestire per una macchina, ma sapientemente trattato dai panettieri del Gobetti. Fino agli anni '90, la produzione giornaliera di pane era di quattro quintali. La fornitura non si limitava alla clientela del negozio, ma includeva consegne nelle contrade vicine come Cologna e Sernio, arrivando persino a tre consegne settimanali a Edolo. Poiché era molto comune trascorrere le vacanze estive nelle case di proprietà in montagna, con le famiglie che vi soggiornavano per lunghi periodi durante l'estate, il pane dei Gobetti veniva venduto anche nella località montana di Canali. Il negozio è rimasto un'azienda familiare, passando di generazione in generazione. Ogni generazione ha portato innovazioni e adattamenti necessari per mantenere viva l’attività di famiglia, pur incorporando nuove tecnologie e rispondendo ai cambiamenti delle abitudini alimentari. La più significativa di queste, negli anni ‘80, è stata la trasformazione del piccolo negozio in un supermercato dotato di tutti i reparti, che oggi è gestito dai discendenti di Costanza. Il negozio si è evoluto, ma mantiene ancora l'essenza e il legame con le sue radici storiche. Dopo cent’anni di attività, il panificio della famiglia Gobetti cessa la sua attività, lasciando spazio e risorse per nuove e rinnovate priorità. Ma non solo: lascia dietro di sé un pezzo di storia, di questa famiglia e del paese dove alcune persone hanno apprezzato il nostro pane per tanti anni, e insieme ad esso hanno trovato un servizio completo ed efficiente di vendita di tanti altri prodotti, in un piccolo ma ben servito supermercato in Via Torelli. Il nostro è un negozio "di quartiere", dove ci si conosce e si possono trovare prodotti di qualità del nostro territorio. È un posto dove è possibile trovare tutto il necessario ma anche fare richieste personalizzate e ricevere un servizio su misura, contribuendo anche a mantenere vivo il centro storico di Tirano. Ci piace pensare che, anche se il panificio non è più fisicamente aperto, il suo valore simbolico rimane vivo all'interno del negozio. Questo valore rappresenta una tradizione storica e familiare che esalta l'autenticità. A cura di Sara Gobetti
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