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Coronavirus: la pochezza umana, le penne lisce e il pargolo malato

CRONACA - 28 02 2020 - Ivan Bormolini

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/mascherina

(Di I. Bormolini) Torno a scrivere dopo qualche settimana di stop. Mi ero ripromesso di non commentare i fatti riguardanti il coronavirus per vari motivi.

Primo fra tutti è quello che per entrare nei meandri di questa epidemia che sta divenendo pandemia, occorre avere una buona dose di conoscenza. Riportare opinioni comuni, idee personali oppure ancora formulare azzardate ipotesi, non è compito mio.

La motivazione per cui ho deciso di mettere mano alla tastiera del computer è nata da un fatto che giudico grave, anzi gravissimo, ma di questo ve ne renderò conto tra qualche riga.

 

In questi ultimi giorni ho letto, ascoltato e sentito veramente tante prese di posizione in materia. Una cosa è certa, il coronavirus ci sta mettendo alla prova sia come paese che come singoli individui.

Un test che tocca direttamente il sistema sanitario, quello politico e anche non scordiamolo quello economico.

Da singoli individui dare oggi giudizi, spesso affrettati, sulla funzionalità dei protocolli messi in atto al fine di tentare di arginare questo nuovo virus, mi pare assolutamente fuori luogo. Se sono stati varati, vanno rispettati senza se e senza ma.

Pubblicare sui social esternazioni del tutto immotivate e spesso prive di logica, figlie magari di un pensiero politico, mi risulta altrettanto non idoneo.

 

Parliamoci chiaro, non trasformiamo quello che è un allarme sanitario di cui oggi non conosciamo ancor bene l'evolversi futuro, in un'occasione per fare campagna elettorale, perché davvero lo giudico deleterio.

Intendiamoci, ognuno poi è libero di pubblicare le proprie esternazioni ed anche un pizzico di ironia come vuole, ma forse a tutto c'è un limite.

Non possiamo improvvisarci virologi, medici esperti o infettivologi. Certo è che la preoccupazione esiste, è comprensibile, è palpabile sui volti con o senza mascherine.

Ma forse certe azioni dettate dalla paura di rimanere barricati in casa, senza cibo mi pare un po' eccessiva, una sorta di fobia.

La corsa, simile ad un gran premio di Formula Uno, al fine di accaparrarsi scorte di generi alimentari di qualsiasi tipo è un tantino esagerata.

 

Mi è parso vedendo scaffali vuoti di ipermercati e supermercati di essere tornato agli inizi della famosa guerra del Golfo, ma anche in quello scenario di guerra la pasta, il riso ed altre vivande non ci sono mai mancate.

Chi ha buona memoria ricorderà pure l'alluvione del 1987: un'elevatissima fetta di popolazione valtellinese era lontana dalle proprie abitazioni. Città e paesi deserti, eppure il pane quotidiano, unito a tantissimi generi di prima e seconda necessità non ci sono mai mancati. Non era venuta meno l'assistenza sanitaria ed i farmaci.

E poi chi ha mai scritto o detto che i generi di prima necessità non saranno sempre e comunque garantiti, basta leggere le varie ordinanze per capire che non verrà meno nulla di tutto ciò.

 

Mettendola un po' sul ridere abbiamo scoperto che certi formati di pasta, le penne lisce in primis, non sono gradite.

Essendo per loro natura lisce, forse non accolgono nel pieno il sugo che più preferiamo, insomma non si mantecano bene. Che dire se ne faranno una ragione le case produttrici, che sulla base di questa mancata vendita da coronavirus ne limiteranno la produzione a favore delle penne rigate.

Ma ciò non è nulla, anche in questo caso ogni cittadino ha la volontà di pensare e agire come meglio crede, arricchendo in via eccezionale la propria dispensa.

 

La cosa che però mi ha fatto davvero paura non è certo accaparrarsi eccezionale di scorte alimentari, oppure i vari post, ma è l'ignoranza e la cattiveria.

Mi trovavo qualche giorno fa in un luogo pubblico abbastanza frequentato, vi era una giovane madre con un piccolo bambino, secondo me avrà avuto tre anni.

Era privo di capelli, indossava una mascherina. Chi mi segue sulla mia pagina Facebook, avrà già letto la mia arrabbiatura.

E' palesemente ovvio che quel piccolino, esilissimo di corporatura, con quegli occhi grandi che sembravano osservare un mondo che non gli dovrebbe appartenere, non soffrisse di coronavirus ma bensì di leucemia.

 

Eppure, ecco... E' bastata una mascherina che coprisse magari un tenero e speranzoso sorriso, a lanciare occhiate cariche di ignoranza, cattiveria mista ad arroganza nei suoi confronti e di quelli di sua madre.

Evitarlo come se fosse un appestato? Ma dove siamo andati a finire, dove sconfina il nostro non lume della ragione?

Sicuramente a quella madre e a quel pargolo, sarebbero bastati benevoli sorrisi un modo per incoraggiare quei quattro occhi che si guardavano amorevolmente sperando in un futuro migliore.

Certamente quel pargoletto non si sarà magari accorto di tale indegno e deleterio spettacolo, ma la sua madre si. A loro auguro di avere sempre la forza di combattere e sconfiggere il male. Forza piccolo!

A coloro che invece si sono permessi di attuare un simile comportamento, dico solo di fermarsi a pensare. Ma al cospetto del virus dell'ignoranza, dell' arroganza e di tanto altro, purtroppo non c'è medicinale che possa lenire l'umana incomprensione. E poi bastava solo semplicemente pensare... Se quel bambino avesse avuto il coronavirus, non sarebbe certo stato in giro!

 

Ivan Bormolini

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