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La falce, questa sconosciuta

CRONACA - 04 09 2023 - A cura di Ezio (Méngu)

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/Il professor Giacomo Ganza, poeta dialettale e scrittore valtellinese
Il professor Giacomo Ganza, poeta dialettale e scrittore valtellinese

Chi l’ha conosciuto non potrà mai dimenticare il suo carattere schivo, di poche parole sempre espresse con la modestia contadina che “chi dice di non sapere, ma sa molto di più di quello che dice di sapere“. Le sue parole ed espressioni scaturivano come perle dalle sue meticolose ricerche storiche. Molti tiranesi lo ricordano per le sue ricerche sui cognomi e sui soprannomi delle Famiglie dei nostri paesi  I suoi schietti articoli non furono mai di parte se non per la Verità storica. Fu Uomo di larghe vedute, tra l’altro fu tra  i fondatori della sezione “ Ezio Vedovelli “ del Movimento federalista Europeo,  espressione di tutte le forze – partiti, sindacati e associazioni – impegnate nel nostro Paese. Di seguito riporto alcune sue riflessioni sulla falciatura dei prati e dell’attrezzo della falce.

 

Ezio (Méngu) 

 

La falce, questa sconosciuta

E' una constatazione. Infatti c'è una ripresa di interesse della falce, uno strumento del quale noi in Italia rimpiangiamo quasi la scomparsa. In realtà in Gran Bretagna e in altri paesi del nord Europa i gruppi ecologici e non solo hanno riscoperto questo vecchio attrezzo dei nostri nonni. Su internet non si contano i siti in lingua inglese, destinati ai paesi anglosassoni che descrivono la falce minuziosamente. I sostenitori del ritorno della falce sono convinti che questo particolare attrezzo agricolo sia più ecologico, meno rumoroso e inquinante delle moto falciatrici. Peraltro la falce ha i suoi motivi di nobiltà: è qualcosa di più di un semplice attrezzo. Non è un caso che due paesi austriaci produttori di falci come Micheldorf e Rossleithen o francesi come Pont-Salomon e Barentzwiller (Alsazia) non abbiano esitato a inserire la lama della falce sui loro stemmi e blasoni. Da ricordare che quest'anno il "Scythe Festival", festa della falce, si terrà nel Somerset in Inghilterra il 13 Giugno. Questa specie di Festival si tiene dal 2004, ogni anno in paesi del Nord Europa: il pimo ha avuto luogo a Rossleithen in Austria. Accogliamo con simpatia questa specie di "revival": La falce dopotutto non è morta, continua a essere prodotta, non molto lontano da noi, in Austria.

 

Falciare lavoro monotono

 

Certamente falciare il prato era un lavoro faticoso, ma meno di altri che richiedevano l'uso della gerla o il "campacc", Era senza dubbio un lavoro "tedius", un po' noioso e monotono. Più che forza richiedeva molta abilità e anche concentrazione: Era proibito distrarsi nel momento in cui si affilava la falce, si rischiava di tagliarsi le mani, toccando inavvertitamente con le dita la falce. Il bravo falciatore non necessariamente era l'uomo più forte, anzi a volte era proprio il contrario, dal momento che il bravo falciatore era un uomo piccolo di statura e mingherlino. A Stazzona era piuttosto noto Giovanni Colombini che raggiungeva appena il metro e cinquanta di statura. ll lavoro di taglio dell'erba era quasi sempre fatto da più falciatori: si lavorava in squadra a una certa distanza uno dall'altro. Lavorare in gruppo richiedeva di tenere il ritmo degli altri uomini impegnati nella falciatura. Un detto sentenziava: "chi sta 'n banda e nu lavùra tutt al dì remunda cùa". la "cua" era un angolo di prato non falciato: "Remundà" potrebbe essere tradotto col verbo "rifinire" o "completare" gli angoli del prato non ancora tagliati. Tra questi c'erano a volte le cosidette "ùrbadi" tratti di prato un po' più "elevati" che segnavano il confine con un prato vicino. Il detto significa che se uno dei lavoranti lavora meno di quanto richiesto, gli altri falciatori sono obbligati a lavorare un poco anche per lui, completando le "code".

 

 I prati di Marto e di contrada Bolla (Bula)

 

Questi prati occupavano la cosidetta fascia di mezza montagna poco sotto Piscina e San Rocco e appartenevano in origine ai casati dei Tognela e degli Scilini o anche Andreotta. Le prime due famiglie costituivano all'incirca il 90% degli abitanti di Marto di Stazzona. I Fiorina, originari di San Rocco, si erano stabiliti nelle immediate vicinanze di Marto in contrada Bula, nome che in seguito era stato esteso come soprannome a tutti i Fiorina della parrocchia di Stazzona. A partire dagli anni '60 del secolo scorso questa grande fascia prativa si è estesa a causa dell'abbandono delle culture della segale e del grano saraceno. Tre nomi indicavano questa zona a prato, piuttosto importante: Bula, Fumasin e Galina. I prati del Fumasin e del Galina erano situati già sul territorio comunale di Tirano e costituivano una specie di terrazza naturale sul capoluogo del mandamento. I prati del Fomasin e del Galina sono stati completamente abbandonati una trentina di anni fa: sono diventati ormai un ammasso di rovi e erbacce, con delle piante che crescono a stento. Dal Fumasin parte un lungo sentiero che forse andrebbe sistemato o tenuto in ordine. Raggiunge la Val de la Ganda e continua fino a Tirano. La gente di Marto lo chiamava "Sentée dai Martaroeui" perché la gente di Marto e anche di San Rocco di Stazzona scendeva da là per raggiungere Tirano.

 

La falce questa sconosciuta

 

Da ragazzo vedendo che sulle falci c'era il marchio "made in Austria" mi chiedevo da dove mai potessero venire. Non sapevo che in realtà l'Austria ha sempre avuto una specie di monopolio nella vendita di questo attrezzo particolare, almeno in Valtellina. Per la verità l'industria austriaca fino a epoche recenti esportava in Europa e nel mondo. Poi dopo la seconda guerra mondiale c'è stata una riconversione dell'industria della falce che però in Austria ha continuato a produrre e esportare. In Austria, Francia, Germania e Gran Bretagna si trovano anche i musei della falce. In Italia musei simili non esistono. Piuttosto noto in Alta Austria è il museo della falce di Micheldorf. In Francia è conosciuto quello di Pont Salomon (vicino a Clermont Ferrand). In Italia l'industria della falce raramente ha passato il livello artigianale. Solo l'industria "Falci" di Dronero (Cuneo) in qualche modo ha rimediato l'assenza di un'industria nazionale. Dunque l'industria della falce è stata in Europa una vera e propria industria molto specializzata e redditizia, i cui segreti sono difficili da scoprire.

 

La sfalciatura al piano

 

Lo sfalcio si faceva sia a Tirano che a Villa o Bianzone con la falce fino alla seconda guerra mondiale, anche nei prati di fondovalle. Tradizionalmente i tagli erano tre: due sono quelli menzionati dal signor Bormolini più "al tersoeul" verso la metà di Agosto. Si lavorava in una squadra di almeno due o tre falciatori, molto presto al mattino. A quell'ora faceva più fresco e la rugiada rendeva l'erba più tenera, facilitando il compito al "pradée". Negli anni '60 e '70 del secolo scorso si aggiunse un quarto taglio, detto "pascul", previsto per la metà di Settembre. Poi dagli anni '60 è venuta l'epoca delle BCS, le motofalciatrici la cui produzione è iniziata ad Abbiategrasso nel 1942. Spiace vedere che nella parte di Valtellina tra Ponte e Tirano, l'area prativa di fondovalle si riduce sempre più, sostituita da capannoni e case private o a volte riconvertita a frutteto o in campi di mais . Una curiosità: la parola "pradée" esiste tale e quale in Romancio, forse potrebbe venire da questa lingua.

 

A cura di Ezio (Méngu )

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