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Gestione del bosco, viabilità, valorizzazione della montagna

CULTURA E SPETTACOLO - 18 02 2019 - Méngu

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/tirano, versante orobico

Guardando la “foresta innevata“ del versante sinistro orografico della montagna di Trivigno che va da Cologna e giunge sino alla valle della Ganda, ho chiesto a Luigi, profondo conoscitore della zona, cosa ne pensasse dello stato attuale di quei boschi. Sapevo che la domanda lo avrebbe reso irascibile poiché figlio di un indimenticabile boscaiolo e discepolo d’un modo di lavorare il bosco che ormai non esiste più. 

 

Subito mi ha risposto: “Al giorno d’oggi per gestire un bosco ci vogliono delle infrastrutture, in primis la viabilità, se non c’è la viabilità la popolazione se ne disinteressa e i boschi vengono abbandonati al loro destino. Il mulo, il cavallo, le mulattiere , i “valgèi “ (stretti canaloni nei boschi) , “i bròz “ e le “ priale “(carri di montagna a due ruote ) sono ricordi storici di montagna e a causa della loro scomparsa i boschi lontani dalle strade non sono più valorizzati e si riducono allo stato di “ macerie legnose “ aumentando i rischi idrogeologici, d’incendio e delle malattie della pianta.

 

La presenza di strade , specie nelle aree più difficili ed erte, è indispensabile per servire il bosco circostante e le varie attività ad esso connesse.” Ascolto attentamente le sue parole poiché sembrano scaturire da un vulcano che sta per scoppiare, tale è l’impeto e l’amarezza che l’attanaglia. E’ evidente che Luigi ama quella montagna, quei boschi , quei maggenghi e, essendo attento osservatore, non tollera l’abbandono di quella natura. Ne approfitto per farlo parlare, per sentire quello che propone per sua esperienza. Continu : “ L’avrò detto decine di volte e lo ripeto ancora, per asportare il legname dei boschi ci vogliono le strade e le stesse strade sono utili anche nel caso di incendi e soprattutto per il controllo boschivo. Quando le piste forestali ci sono e sono tenute in malo modo è ancor peggio poiché si crede d’avere sul territorio qualcosa che poi al momento quando serve non è usufruibile. Occorre essere severi nel gestire le strade forestali. Esse non devono sopportare il traffico veicolare motorizzato e nemmeno quello pesante, devono servire solo per l’esbosco con i trattori e per i mezzi idonei in caso d’incendio” .

 

Insomma, Luigi avrebbe continuato la sua filippica ancora per molto se non l’avessi interrotto con questa altra domanda: “Bene , ho inteso. Secondo il tuo punto di vista, dove siamo carenti di viabilità riguardo la ”foresta” della montagna di Trivigno?”. Mi guarda poi sbotta: “Ogni proprietario di boschi dica la sua! A mio modo di vedere sono poche le piste forestali che attraversano il versante. Per esempio, c’è un’ unica strada che sale in Trivigno e poi un’ altra che si stacca a metà montagna e che porta alle località Canali, Piscina, Forte Canali e a S. Rocco ed è adibita a traffico veicolare. Nei mesi invernali queste strade sono intransitabili a causa della neve e del ghiaccio, sono adatte solo per le motoslitte. Esiste anche una mulattiera costruita a fine ‘800 che parte dalla località “Catene”, sale sino alla località “Prima Croce” , poi continua sino alla “Seconda Croce” per arrivare alla località Canali. Questa mulattiera era “la super strada“ dei nostri vecchi per portare da Trivigno e da tutti i maggenghi sottostanti, con muli e cavalli, legname e fieno a valle. Più a sud c’è la Valle della Ganda, ricca d’acqua e di faggi secolari, ed è preclusa a qualsiasi mezzo moderno per esbosco a causa della assenza di viabilità. Due antichi viottoli collegano la località Vulpéra e ‘l Sànt con le contrade S. Rocco e Marto e sono in uno stato di quasi abbandono“.

 

Infine l’amico sbotta deciso: “Siamo ormai nel terzo millennio e sarebbe tempo d’avere una strada carrozzabile che dalla località “Le catene” porta alla località Canali. Una strada di poco più di quattro chilometri, invece dei 10 attuali passando per Cologna. La strada servirebbe una vasta zona passando per la località Vulpera, per poi risalire alla “Prima Croce”, alla località Bertola, alla Corradini, a Ronco e alla vicina Valle della Ganda. Questa strada sarebbe facilmente gestibile anche d’inverno, poiché insiste a quote basse paragonabile a quella di Roncaiola e Baruffini” .

 

Poi Luigi tace e guarda la montagna come se volesse scorgere qualcosa. Ribatto: "Il tempo lavora nel bene e nel male, ti auguro d’essere stato profeta!”. Mi risponde bofonchiando: “Chi vivrà, vedrà!“.

 

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