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Giovannino, l’adulatore

CULTURA E SPETTACOLO - 12 11 2021 - Ezio (Méngu)

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“Volete vivere bene in questo mondo?” diceva Giovannino, seduto presso il grande tavolo in legno all’osteria di Ronco. “Lo volete veramente? Allora adulate, adulate a tutto spiano! Spargete ampie “turibolate” di incenso anche alle vostre suocere.  Incensate il prete, per la sua predica, aspettandolo sull’uscio della Sacrestia. Ditegli che ha il sorriso di Cristo e che dieci Perpetue del paese sono pronte a preparagli la cena e il letto rifatto. Date ampi colpi di turibolo nel verso dei quattro punti cardinali al vostro Sindaco, dicendo che è sempre ben vestito, sbarbato e dalla mandibola volitiva e con un perpetuo sorriso sulle labbra, ma per carità non ditegli che va in giro con un paraocchi da mulo e che è sempre  inquieto. Subito entrerete nel loro cuore come un colpo di calibro nove millimetri. Siate adulatori fecondi, come è feconda una coniglia e il mondo sarà vostro e vi sorriderà anche se siete  squattrinati. Con una donna la vostra bocca sia un vulcano di lodi e diverrete per lei una miniera d’oro. Credetemi, la lode eccessiva non guasta mai e rimpolpa il vostro portafoglio, al contrario se non esagererete nei complimenti, se sarete asciutto nel vostro dire correte il rischio di essere crocefisso “. Tutto questo predicava Giovannino all’ombra dei grandi tigli di Ronco. Predicava ai “viciurin “ che scuotevano la testa, come per dire “ sarà poi vero o questo ha più borsa che palle ? “ E’noto che i “ viciurin “ sono persone che, nella gran normalità, sono asciutti nel loro dire e per di più si esprimono con il detto  “ pane al pane e vino al vino”,  cioè in modo schietto e veritiero. In modo particolare quando giocano alla morra o a carte e si danno amabilmente del coglione l’un l’altro dopo un buttar furioso di carte sul tavolo. Giovannino no, lui no! Lui spargeva con il turibolo della sua bocca incenso a tutti. Per lui il vino era sempre eccellente, la gassosa servita da mia nonna era come quella che si poteva bere sotto ai portici nella Galleria a Milano. Per Giovannino anche i muli erano esperti navigatori di “ bruzzere” e i “ viciurìn “ abilissimi giocatori di carte da casinò. Insomma lodava tutti e tutte le cose che gli capitavano sottomano o sotto tiro ogni momento. Un giorno i “ viciurìn “ non ne poterono più nel sentire quell’incensatore  e decisero di porlo in esame e capire fin quando la sua adulazione arrivasse al vertice.

 

Lo chiamarono al tavolo per una partita a scopa. Si sedette con un sorriso largo e con la parlata complimentosa simile alla ragliata d’asino, poi guardò compiacente tutti e a tutti diede una parola di ringraziamento. Ettore, il più birichino e satanasso dei “ viciurìn “ e con l’occhio vivace verso il gentil sesso, disse con un sorriso da iena che azzanna un cadavere “ Giovannino, ti ringraziamo della tua cortesia e saremo sempre debitori per i tuoi consigli, oggi offro io da bere a tutti “. Giovannino rispose suadente: “ Ettore non ho mai dubitato della bontà del tuo cuore, della tua professionalità, del tuo fare di buon padre di famiglia e in particolare della ferrea fedeltà e lealtà verso tua moglie. Ti ringrazio e mi ricorderò per sempre della tua generosità “. Al sentire tutte queste adulazioni e quella più “piccante” e poco veritiera riguardo la fedeltà verso la moglie, si alzò di scatto e disse: vado in cucina dalla Verginia e le ordino sei birre fresche di “cantinin” e ve le porto su un bel vassoio, il migliore che Verginia possiede. Faccio tutto questo per ingraziare Giovannino,  il nostro miglior cantore valtellinese, dicitore, narratore, storico, poeta , politico, cattolico fervente, grande elemosiniere e conoscitore dell’animo umano, nonché uomo amato da tutti, da bimbi, ragazzi, uomini e donne e perfino dai nostri muli!”.

 

Nel frattempo che la nonna spillava le birre dalla botticella nel “cantinin”, Ettore, il “ balòs “, veloce come Ringo andò verso il suo mulo con una caraffa. Fece il solito comando in un orecchio al suo mulo “ dràgu “, cioè la parolina magica per fargli fare il getto di pipì. Lesto riempì per un quarto la caraffa, che risultò pipì ben spumeggiante e dal colore giallo paglierino, poi andò in cucina. Mentre la nonna segnava sul taccuino l’ordinazione, Ettore prese una caraffa dal vassoio, ne versò fino a riempire la caraffa con il quarto di pipì di mulo come le altre e la mise in una posizione particolare sul vassoio. Ettore ringraziò mia nonna Verginia e portò un vassoio smaltato con le sei birre al tavolo e le servì con estrema gentilezza, posando la caraffa ben conosciuta e diciamo corretta con la pipì di “ dràgu “ innanzi a Giovannino che ringraziò con un ampio sorriso. Fecero la loro partita e dopo dieci minuti di intercalari non scrivibili decisero di fare il brindisi di Pace alzando le caraffe verso le cime dei grandi tigli di Ronco con un potente grido di Hurra !

 

A Ronco è tradizione bere la birra in un fiato e tutti, dopo 10 secondi, videro il fondo della caraffa. Si pulirono con un colpo di gomito la schiuma sui baffi e così fece anche Giovannino facendo però una strana smorfia.  Ettore, con uno sguardo trasognato disse ai suoi compagni: “ La birra dei  sette luppoli segreti della Verginia, fresca di “cantinin “,  meriterebbe un premio speciale, tu Giovannino che conosci mille persone importanti, come ad esempio il Sindaco e il Prevosto, non potresti parlarne e assicurare quest’anno  il premio “ Birra d’alpe “ alla Verginia di Ronco ? Giovannino, con la bocca di “ sciat “ ( rospo ) disse: “ in verità, in verità vi dico che mai ho bevuto una birra così buona e gustosa, per di più offerta con amore e gentilezza da voi, cari compagni. Vedrò di parlarne al Prevosto e al Sindaco e fare il possibile per farle avere il Premio. Quella sera Giovannino fu più cortese del solito, e il giro di bevute le  offrì lui, però portate cortesemente da mia nonna. La nonna non seppe mai dello scherzo della birra corretta con la pipì del mulo “ dràgu “ offerta da Ettore con la compiacenza degli altri “ viciurìn “ , ma così , quei cinque “ balòs “ ( furboni )  seppero finalmente quali vette potesse raggiungere Giacomino come “ incensatore seriale “ . Quanto al premio “ Birra d’alpe”  quell’anno toccò alla Verginia di Ronco.

 

Ezio (Méngu)

L’adulazione procura gli amici, la sincerità i nemici. (Terenzio)

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