Incontro con don Massimo Mapelli in occasione della giornata mondiale del povero
CULTURA E SPETTACOLO - 20 11 2024 - Giovanni Marchesi
Nella serata di venerdì 15 novembre nell’antivigilia della Giornata dei Poveri nella Sala Beato Mario all’ombra della Basilica della Madonna di Tirano, su invito del Centro d’ Ascolto Caritas “Annalisa Bergamelli” dei vicariati di Tirano e Grosio, don Massimo Mapelli ha portato la sua esperienza di prete da anni impegnato nella Caritas ambrosiana. Ha raccontato come ha vissuto 8 anni nella Casa della Carità voluta dal Card. Martini al termine del suo servizio episcopale a Milano. Nel presentare questa esperienza ha sottolineato l’intuizione del card. Martini di far interagire l’attività operativa della Casa della Carità con l’attività di pensiero dell’ Università affinché dall ’unione di queste due realtà fosse possibile una provocazione alla città. Affinché si ponesse alcune domande: che città costruiamo? Degli scartati che ne facciamo? Affinché la carità diventi pensiero, prospettiva, tensione e non gesto, pur benemerito ma isolato. Terminato il servizio nella Casa della Carità è passato alla Caritas diocesana occupandosi in modo particolare delle parrocchie della zona sud Milano dove attualmente vive immerso nell’accoglienza in una casa con 40 minori non accompagnati. 40 adolescenti dai 12 ai 18 anni che arrivano nel nostro paese o dalla Libia o attraversando i Balcani a piedi. Arrivano sono soli e hanno 12, 13, a volte 11 anni e necessita accompagnarli. Il comune di Milano ha in carico 1.900 minori stranieri non accompagnati. Don Massimo ha dichiarato: “Se sommo le persone che in questi anni ho avuto l’onore e la grazia di accogliere e accompagnare sono più o meno 1700 persone di 92 nazionalità diverse. Queste sono 1700 storie vere. Non è la propaganda dei social o dei telegiornali. Sono storie vere. Questo ha allargato la mia mente, questi ragazzi mi hanno fatto capire che nella vita può veramente succedere di tutto. Mi ha allargato il cuore, ha cambiato il mio modo di vivere la fede, di leggere la parola di Dio, di leggere il Vangelo. Il Card. Ravasi recentemente in un’intervista al Corriere della Sera ha detto che se Gesù venisse oggi in piazza del Duomo a Milano e si mettesse a fare il discorso delle beatitudini manderebbero la Digos per arrestarlo. Se non ci è chiara questa cosa non abbiamo capito bene il discorso delle beatitudini. E’ cambiato il mio modo di leggere il Vangelo a partire da quelle storie di vita perché le vedi nella carne le persone. Questa esperienza mi ha insegnato che noi siamo la Caritas, che non esistono i numeri, non esistono i minori non accompagnati ….noi conosciamo i nomi, conosciamo i volti, le storie….. Esistono le persone concrete, ognuno con la sua faccia, la sua storia. Noi siamo la Caritas conosciamo i nomi e quando conosci i nomi, i volti e le storie il resto non conta. A chi ti parla di numeri e ti parla in astratto, tu contrapponi i nomi, i volti, le storie concrete. E questi ragazzi che ho in casa m’interrogano. E’ come se mi dicessero: ma tu da che parti stai a guardare il mondo? Il mondo lo puoi guardare dalla tua parte che sei benestante o comunque privilegiato, puoi guardarlo dalla parte di quelli che stanno ancora meglio di te o puoi guardarlo dalla parte di chi non interessa a nessuno guardare. Noi siamo la Caritas e guardiamo il mondo dalla parte di quelli che non interessano a nessuno. Qualcuno pensa che il mondo sia il piccolo quadrilatero di pochi metri attorno a loro. E pensano che tutto il mondo sia quello li. E tutto quello che disturba quel mondo li è un problema. Se invece lo guardi dall’altra parte lo vedi tutto perché vedi anche le logiche che discriminano. Soprattutto chi non conta niente ed è povero. Noi siamo la Caritas. E se c’è da scegliere noi stiamo dalla parte di chi non conta niente. Ha poi raccontato la storia di un ragazzo di non ancora 16 anni partito dall’ Iraq che dopo aver camminato per due anni è arrivato da lui con lesioni e infezioni causate dalle bastonate della polizia croate. Ci ha ricordato che la Crozia è Europa. Che questi ragazzi hanno conosciuto l’Europa dei diritti con le bastonate della polizia croata. Ha proseguito affermando: “Probabilmente va bene a tutti perché nessuno muove un dito. Queste storie ti portano velocemente e drammaticamente alla realtà e devi scegliere da che parte stare. La prospettiva da dove guardare. Dove ti metti a guardare Tirano, a guardare la Valtellina? La Caritas dovrebbe essere quell’ anima dentro la Chiesa che poi va dal parroco e dalla parrocchia e dice ..noi come parrocchia da che parte ci mettiamo? Cosa insegniamo alla gente? Da che parte la guardiamo? Come dice il papa nel suo messaggio per la giornata dei Poveri: noi dobbiamo fare tutto quanto è possibile concretamente, ma poi dobbiamo batterci per togliere tutte le strutture che portano all’ingiustizia.” A tal proposito ha proseguito la sua testimonianza raccontando del suo impegno mediante l’utilizzo di beni confiscati dalla stato alle organizzazioni malavitose della zona in cui vive dove vi è un bene confiscato alla mafia ogni 1.000 abitanti: Buccinasco 30.000 abitanti, 36 beni confiscati; Corsico 15 ben confiscati. Con grande coraggio (e infatti qualcuno in sala gli ha chiesto se non ha paura) ha fatto i nomi delle varie famiglie mafiose che abitano nella zona, ha raccontato fatti e contesti in cui le mafie fanno i loro affari in una zona che la Direzione Distrettuale Antimafia afferma essere colonizzata dalle mafie. Si è chiesto: come Caritas posso far finta che non esiste il problema? “Non posso far finta di nulla perché incontro le vittime di chi ha avuto un parente ucciso, di chi è vittima dell’usura, del pizzo. La Caritas sta al fianco di queste persone”. Ha raccontato come nelle case confiscate e che spesso abbisognano di lavori per renderli di nuovo abitabili perché quando le famiglie mafiose ne perdono la proprietà cercano di renderle inutilizzabili arrecando danni rompendo vetri, asportando parti, allagando pavimenti, i ragazzi della sua comunità lavorano contenti di poter cooperare al recupero del bene che verrà utilizzato da famiglie o singoli bisognosi di abitazione. I ragazzi hanno l’orgoglio di dire: quella famiglia sfrattata entra in quella casa perché anch’ io ho contribuito a renderla abitabile. Così ha concluso la sua lunga testimonianza: “Tutte queste avventure cosa ci hanno insegnato? SCEGLI DA CHE PARTE STARE? Con i poveri cristi che arrivano con le barche, con le famiglie sfrattate, con i disperati che vivono per strada perché si sono separati e vivono in auto, con le vittime della criminalità organizzata. Noi dobbiamo diffondere sul territorio dei ganci dove ognuno può agganciarsi. Dalla mia esperienza posso affermare che spesso c’è solo la Chiesa. Solo la Chiesa è libera di poterlo fare. E’ la Caritas che in Italia gestisce per la maggior parte i beni confiscati. Importante è esserci come comunità. Alla Masseria di Cislago, sequestrata alla mafia, è venuto il Vescovo di Milano, ha fatto li degli incontri, è venuto il prefetto, i sindaci della città metropolitana. Allora anche la mafia capisce che li c’è troppa luce accesa. Alla Masseria abbiamo fatto incontri di Caritas regionale, di Caritas Italiana. Questo è importante: una Chiesa che sceglie da che parte stare. Ho visto che quando noi facciamo così la Chiesa attrae ancora tante persone, perché vedono che si schiera, vedono che non ha timore a vivere la carità fino in fondo”. Giovanni Marchesi
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