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La chiesa di Santo Stefano e Santa Lucia a Roncaiola

CULTURA E SPETTACOLO - 21 06 2018 - Ivan Bormolini

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(Di Ivan Bormolini) In queste settimane abbiamo parlato molto della frazione di Roncaiola, dei progetti dell'Amministrazione comunale e pure di alcune critiche mosse dai residenti. Tutto questo mi ha dato l'occasione di parlare della chiesa dedicata ai Santi Stefano e Lucia. Ben visibile da Tirano la chiesa e la frazione, sono una tipica e bella cartolina sia in estate che in inverno.


Veniamo ora alle origini di questo tempio. Era stato il vescovo di Como Carlo Ciceri, durante la sua visita pastorale risalente al 1668, a proporre la costruzione della chiesa che doveva essere al servizio dei residenti delle contrade di mezza costa: Roncaiola, Bedolle e Nasen, che allora non contavano più di sessanta persone.

 

Il vescovo ordinava: “Si procuri di fabbricare un oratorio nella contrada di Roncaiola in monte, acciò vi si possa celebrare e amministrare li SS. Sacramenti".
A cogliere l'invito o meglio l'ordine del vescovo Ciceri, che aveva retto le sorti della diocesi di Como dal 1680 al 1694, era stata la comunità parrocchiale di Tirano. Questa, nel 1690, quando era parroco di San Martino Omobono Ferrari (parroco dal 1685 al 1696), aveva dato inizio al tempio che, nel 1932, era divenuta per pochi decenni sede di autonoma parrocchia.

 

Tra le figure sacerdotali che si erano distinte a Roncaiola, negli ultimi decenni dell'Ottocento e i primi del Novecento, si ricorda quella del Conte don Giuseppe Salis, fratello del ben più conosciuto Conte Ulisse.
Di lui, don Lino Varischetti aveva trovato una cronaca che vi riporto; queste parole sono ampiamente descrittive e ben riassumono la grande bontà di don Giuseppe Salis:

 

“Il canonico Salis si era conquistato il cuore e la riconoscenza di tutti, quassù, specialmente per la Sua disinteressata carità e per l' affidabilità che Lo distinguevano. Si occupa non solo delle sorti della vita religiosa di quel piccolo branco di anime, ma anche delle gravi necessità di quelle povere famiglie, che abitavano dentro impossibili stamberghe e conducevano la tipica vita randagia e pesante del povero contadino della montagna.
Una sera d'inverno, la sera di Natale, vigilia della festa patronale di Santo Stefano, venne chiamato per un'ammalata. La trovò stesa su un po' di paglia, in preda alla febbre. Il buon Canonico non stette  a discutere. Tornò a casa sua, si caricò sulle spalle il suo letto e lo portò a casa dell'infelice. Ed egli  rimasto senza giaciglio, trovò subito come rimediare; si coricò sul pavimento e, per ripararsi dal freddo, si tirò addosso il panno da morto!
Si preoccupò perché, anche i ragazzi di lassù, fosse data possibilità di imparare a leggere e scrivere. Fece costruire, a spese sue, quella che è ancor oggi l'aula scolastica e provvide egli stesso a trovare dei maestri cui bastava, come titolo di abilitazione all'insegnamento, aver superata la quinta elementare.
C'è ancora chi ricorda che i primi fazzoletti a Roncaiola giunsero portati entro la solita bisaccia del Canonico Salis. Ne aveva regalato uno a tutti gli scolari, non senza averne prima illustrato l'uso a quei monelli, che, prima di allora, sembra ne abbiano fatto volentieri a meno".

 

Don Egidio Pedrotti, in una relazione sul Bollettino della Società Storica Valtellinese, ne ricordava la figura:
“Il primo gennaio 1906, il conte don Giuseppe Salis, ottantenne, cedeva a me la cura della cappellania di Roncaiola. Con ammirazione ricordo questo sacerdote, che mi fu esempio di scienza, di umiltà e patriottismo... ”.


Veniamo ora a qualche notizia artistica. Il bianco candore degli intonaci estern, col tempo si sta deteriorando; modesta è anche la facciata con un timpano triangolare, due nicchie e la finestra. Umile ci appare anche il portale d'ingresso in pietra. Nel suo interno si trova l'altar maggiore e due piccole cappelle laterali. Essenziali sono anche le decorazioni. 
Tornando all'esterno notiamo il campanile, il cui basamento è del tutto singolare rispetto ad altri campanili. La costruzione del campanile sorge su un archivolto dallo spigolo della cappella laterale e dal presbiterio.

 

Qualche menzione la meritano anche le due campane collocate nel campanile: la più piccola, il cui fonditore rimane ancora da accertare, risale all'anno di fusione 1684, mentre la maggiore è stata realizzata e fusa da Giovan Battista Soletti di Breno nel 1759.
Queste due campane, che fanno parte del vasto patrimonio campanario tiranese e delle frazioni, si sentono distintamente nel loro bel suono anche a Tirano, nella mattina del giorno di Santo Stefano, patrono della frazione, quando, nel piccolo tempio, vi si celebra la Santa Messa.

 

Ivan Bormolini

 

FONTI: Tirano. Il centro storico- storia arte architettura. Autore Gianluigi Garbellini. Stampa Lito Polaris Sondrio.
Tirano. Autore don Lino Varischetti. Finito di stampare il 29 settembre 1961 presso la Tipografia Bettini in Sondrio.
Per le notizie sulle campane: sito Campane della Valtellina e della Valchiavenna.

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