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La datazione della chiesa di Santa Perpetua

CULTURA E SPETTACOLO - 14 10 2021 - Ivan Bormolini

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/chiesa di Santa Perpetua, Tirano
LA FACCIATA DELLA CHIESA DI SANTA PERPETUA

Gentili lettori, è mia intenzione dedicare e condividere con voi altri capitoli della storia di Tirano che sto studiando per mio interesse da alcuni anni. Recentemente ho affrontato delle ricerche sulle chiese di Santa Perpetua e San Remigio; analizzando le fonti, si scopre in prima istanza l'attuale difficoltà nello stabilire la datazione dei due tempietti che nelle vicende tiranesi hanno avuto sin da tempi remoti una valenza importantissima.

Ecco dunque che oggi e domani, inizierò questa breve carrellata partendo proprio da questo tema per poi proseguire, nelle prossime settimane con altre notizie e chiarimenti e domande che ruotano attorno a queste due chiese e alla comunità monastica Come sempre vi auguro buona lettura e colgo l'occasione per ringraziarvi in quanto siete numerosi a seguire i miei interventi settimanali su questo giornale. Mi sento inoltre in dovere di dire un grazie al professor Gianluigi Garbellini: grazie ai suoi approfonditi studi e pubblicazioni, alla completezza degli stessi dai quali spesso traggo fonte di grande valenza. Per me piccolo studioso amatoriale di cose nostre, le sue ricerche rivestono un grande patrimonio e mi consentono di conoscere sempre di più aspetti di storia locale. (I.B.)

 

La datazione della chiesa di Santa Perpetua

 

( Prima parte di I. Bormolini ) Ad oggi stabilire con certezza l'epoca di edificazione della chiesa è molto complesso; in un primo momento si era propensi ad assegnare il ciclo di Santa Perpetua al IX secolo, questo per la presenza di forti elementi arcaici che lo avvicinava alla pittura carolingia.

Poi, con più prudenza, mancando una documentazione diretta della chiesa precedente al 1164, si era ritenuto di attribuirlo al XII secolo, così come era emerso nel Convegno su Santa Perpetua del 18 settembre 1993.

Non disponendo di alcun dato sicuro, il problema della datazione rimane ancor oggi aperto e destinato forse a rimanere un enigma privo di risposta.

Parlando di opere pittoriche, intese come indizio al fine di stabilire un'epoca costruttiva, rimane il confronto con le pitture consimili, aventi evidenti caratteri comuni e ancor disseminate in remote località, oppure in regioni limitrofe.

Questo aspetto, pur non citando qui luoghi e opere, ci porta a spaziare in un arco temporale di più secoli, periodi contrassegnati politicamente dal passaggio dal dominio longobardo a quello franco, infine con gli imperatori di Sassonia a quello germanico.

Le pitture di Santa Perpetua, rivelano una loro inconfondibile personalità, questo nella questione inerente alla datazione, complica l'enigma e lo rende se vogliamo ancor più complesso.

Non si è però lontani dal vero nel far risalire la loro origine fra la fine del IX secolo e l'inizio del XI secolo. Si identifica in quest'epoca una forte ripresa delle Alpi, costituita da frequenti scambi tra nord e sud, sotto l'impulso politico imperiale degli Ottoni di Sassonia, tendendente ad unire il mondo germanico a quello latino.

Tornando al 1164, come si è detto si ha una prima menzione della chiesa, esattamente il 4 dicembre, giorno nel quale il tempio appare in un documento. Nello stesso, il vescovo di Como Enrico dirimeva la causa tra i monaci di san Remigio e l'abate di san Carpoforo di Como che vantava presunti diritti su quella chiesa.

Secondo l'economo di san Remigio, nel corso dell'epicoscopato del vescovo Ardizzone, ci si era accordati “pro cambio ecclesie de Plata”, per cui san Remigio era stato sciolto dal vincolo con l'abate.

Ragionando sulle parole “ecclesie de Plata”, si deduce che la chiesa “pro cambio” era quella di Santa Perpetua, questa dunque risultava esistere ai tempi di Ardizzone. La denominazione della porzione di territorio citata “Plata”, è la località Piatta, in dialetto locale “li Piati”, è attestata in molti documenti di lontane epoche e nelle carte topografiche.

Citando nuovamente il vescovo Ardizzone, va detto che nel 1140 nel castello di Tirano, quello di cui rimangono sparute tracce in località o contrada Dosso, concedeva ai fratelli di san Remigio “nomine concivili”, alcune terre incolte nel comune di Tirano.

Comunque, la prima citazione esplicita di santa Perpetua, si ha nell'atto rogato a Tirano nel novembre 1174 per l'investitura da parte dei fratelli Ermanno e Goffredo, figli di Artmanno, a Vitale e Martino conversi della chiesa di Santa Perpetua, di un terreno in località Novaglia, una seconda citazione è ricordata a distanza di pochi anni e risale all'aprile del 1181 in un documento di vendita di un bosco a Ronco Maggiore a Bellone a un converso della chiesa di Santa Perpetua.

Come si può evincere da queste date certe e documentate, si potrebbe dedurre che la costruzione della chiesa di Santa Perpetua, risalga alla prima metà del XII secolo.

Si tratta di un dato comunemente accertato dagli studiosi che fondano le loro indagini basandosi esclusivamente su documenti d'archivio.

Lo storico tiranese, l'illustre professor Gianluigi Garbellini, definisce però queste indagini a monocampo asserendo che le stesse vengono smentite dai ritrovamenti archeologici e dalle prove al carbonio 14.

Anche nella nostra Valtellina -afferma Garbellini- edifici sacri documentati solo a partire dall' XI, si sono rivelati essere più antichi. Si citano i casi di San Martino di Serravalle in Valdisotto, scomparso nella frana del 1987, di San Bartolomeo di Castelaz sempre in questa valle.

Ancora poi l'oratorio dei Santi Giacomo e Colombano di Grosio, di San Colombano a Postalesio, risalenti al VIII secolo.

Sulla base di queste considerazioni, oggi acquista sempre più credito la convinzione che la chiesa di Santa Perpetua sia tra le più antiche della valle dell'Adda.

 

 

FONTE: SANTA PERPETUA E SAN REMIGIO, antiche chiese gemelle alle porte della Rezia. Autore: Gianluigi Garbellini. Stampa: finito di stampare nel mese di dicembre 2005 dalla Tipografia Polaris Sondrio. “La difficile datazione” pagine 58,59,60 - “Le prime citazioni della chiesa” pagine 60,61.

La fotografia di copertina è di I. Bormolini.  

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