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La “generosità” di Giacomino e del vino trasformato in acqua

CULTURA E SPETTACOLO - 15 03 2021 - Ezio (Méngu)

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/Chiesa dedicata a  S. Gaetano in Trivigno
Chiesa dedicata a S. Gaetano in Trivigno

Vicende di Gente di montagna

(Quando uno scherzo va a fin di bene )

 

Un “miracolo” è ciò che desta meraviglia. Se vedete due botti piene di vino sul basto di un mulo, con tanto di testimoni oculari che certificano che sono piene di vino e poi dopo un trasporto in montagna vedete le stesse botti piene di acqua, sono quasi certo che rimarrete stupiti. Questo è il “miracolo” avvenuto il giorno di S. Gaetano in Trivigno nel lontano 1938. Io non ero ancora nato e il fatto me lo ha raccontato mia nonna Virginia. C‘è da crederci, poiché a quei tempi la gente di montagna aveva ancora il senso del buon umore, del mistero e della preghiera. Non c’è tiranese che non sappia che il giorno di S. Gaetano, sin dai primi del ‘700 , si partiva in processione dalla chiesa di S. Martino in Tirano per giungere dopo una camminata di tre ore all’alpe Trivigno. Non era una semplice passeggiata, ma una vera e propria processione.

 

Era per devozione a S. Gaetano protettore di quella località. Si partiva con un grande crocefisso, portato con forza e fierezza dagli uomini della Confraternita, uniti da una marea di paesani devoti e una ciurma di ragazzi e ragazze allegri come grilli. Si saliva con il borbottio quasi continuo di litanie. Le fermate obbligatorie erano quelle della “Prima Croce” e della “Seconda Croce” di Ronco. Alla Prima Croce si fermavano per tirare il fiato dopo una erta mulattiera e lì si concludeva il primo rosario. La sosta alla “ Seconda Croce” era per asciugarsi il sudore e, con la benedizione del prete, per bersi una gazzosa fresca di “cantinìn” che ristorava il corpo e l’anima. Il crocefisso della” Seconda Croce” un tempo si ergeva al termine di una erta salita. Giunti in quel luogo la vista dava spazio all’antica Osteria di Ronco e alla serie di prati terrazzati. Quel crocefisso è stato costruito con una piantana di ferro recuperata da una recinzione della guerra 1915-1918 e con un semplice tetto di lamiera zincata, anch’esso residuo d’una tettoia di una garitta. Lo potete ancora vedere intatto, ma “ piantato” un poco più su della ex- osteria di Ronco, quasi nascosto nel bosco.

 

Vale la pena di sapere il perché si trova ora in quel luogo. Prima del 1936 quel Crocefisso, era posto proprio alla fine della “ ràta “ di Ronco poco distante dai tavoloni dove i “ viciurin “ si fermavano per ristorarsi con qualche litro di vino e a giocare a carte e alla morra. Mia nonna, devota al Signore ma non bigotta, infinite volte sgridava i sui clienti che “ imbenzinati “ e incuranti vociavano tra loro innalzando secche imprecazioni ai Santi e, sciagurati , talvolta anche al Signore, che era lì poco distante da loro. Ragion per cui il Signore del Crocefisso di Ronco sentiva tutto il fracasso e il vociare dei “ viciurìn “. Un giorno, dopo l’ ennesima rampogna di mia nonna, i “ viciurìn” decisero di spostare il Crocefisso, cento metri più su, decretando che : ‘l Signùr l’arés pü sentì smadunà e stòri ‘n pit scùnci de fémni “. In tre ore il lavoro fu fatto e, con segni di croce dissero in coro : “ iscì l’è , àmen “. E subito si gettarono sui loro tavoli da gioco e da beveraggio. Scusate se mi sono soffermato su questo fatto, ma la gente di montagna rispetta il Signore. Ora parlo della processione e del fatto “ miracoloso “ . La processione, dopo la fermata a Ronco, continuava sino all’Alpe Piscina, poi fino a prà Piano. Infine si arrivava in Trivigno orando a voce grossa e affannosa e si fermava sull’ampio piazzale della bella chiesetta dedicata a S. Gaetano. La giornata continuava con la S. Messa. Giunto mezzogiorno si mangiava quello che si era portato da casa , Pochi avevano vino e tanti bevevano acqua che in quel sito non mancava. E il miracolo dove sta ? Occorre ritornare al piano in Tirano e al mattino di quella giornata. Giacomino, fornitore del buon vino del Mazacavàl a quasi tutte le bettole di Tirano, quel giorno doveva rifornire l’antica osteria di Trivigno peraltro unico punto di ristoro dell’alpe. Quel luogo era noto ai tiranesi e villaschi al punto tale che due botti piene di vino da 50 litri si prosciugavano in breve tempo durante la festa di S. Gaetano. Giacomino, buon cristiano, si era accomunato con tutti i pellegrini, in località Cadéni con il suo mulo carico di due botti di vino del Mazzacavàl da 50 litri per consegnarle, come pattuito, all’osteria in Trivigno.

 

Con lui vi erano anche due amici fidati: Mariulìn e l’Ansèlmu . I due avevano aiutato Giacomino nella sua cantina a riempire le due botti con il vino e a caricarli sul basto del mulo. Sapevano che Giacomino era un “ balabiùt “ che per guadagnare un soldo schiacciava il grasso ai pidocchi che aveva in testa per poi vendere il grasso al mercato . Da quelle due botti di vino avrebbe tratto un buon guadagno. I due amici sapevano anche che quelli erano tempi magri e che tutti i pellegrini giunti in Trivigno con grande devozione e con il loro magro pasto di mezzodì avrebbero dovuto bere acqua al posto d’un calicino di vino che avrebbe restituito le forze per scendere la sera a Tirano. Il fatto spiaceva anche al Sacerdote della processione, ma le casse della Parrocchia erano vuote. Spiaceva anche a mia nonna che avrebbe volentieri offerto le due botti di vino se la sua misera condizione l’avesse permesso. Quando la processione partì da Tirano, Giacomino con il suo mulo carico delle due botti di vino si mise in coda. Giunti a Ronco, mia nonna alzò la mano e disse: “ fermìss ‘n bòt “ per rinfrescarvi. Offrì due casse di gazzose come ringraziamento per la giornata di S. Gaetano. Si fermò anche Giacomino con il suo mulo presso la prima Croce poco distante dalla devota brigata. Legò il mulo ad una betulla carico delle due botti e si accomunò con i pellegrini. Intanto i due amici , Mariulìn e l’Ansèlmu che il giorno prima avevano preparato nel bosco due botti gemelle di quelle che possedeva Giacomino ma piene di acqua , con fare lesto e con la complicità della nonna che teneva sott’occhio Giacomino, veloci come Ringo, sostituirono le loro botti con quelle piene di vino di Giacomino. Finito il ristoro e dopo che i due ebbero fatto l’occhiolino a mia nonna, partirono tutti in processione alla volta di Trivigno con Giacomino al seguito. Giunti in Trivigno, la processione andò per la sua strada e Giacomino alla volta dell’Osteria di Trivigno per la consegna del carico. L’oste aspettava impaziente il vino, sapendo che avrebbe ben guadagnato con la vendita durante il pasto di mezzogiorno di tutta la brigata. Prima di scaricare le botti volle assaggiare il vino. “ Putànega, chèsta l’è àqua e gnàa frèsca ! Giacomino, tambèrlu, l’è pasàa ‘l carnevàl. Portùm subìt li dùi bùt pieni de vìn , che ‘n cöö l’è ‘l dì bun de guadagnà. “ Giacomino cadde dalle nuvole e disse : “ L’è mìga pusibil , l’è miga pusibil, i èra pieni de vin e de chèl bun ! “ L’oste rientrò furibondo in osteria. Giacomino lo rincorse e gli spiegò che aveva caricato le botti con i due amici testimoni. Mariulìn e l’Ansèlmu. I due amici annuirono e borbottarono tra loro in modo da farsi sentire: “ ‘L gà de ès opera del diàul ! L’è ‘na puniziùn per ‘l Giacumìn e per l’ustèe che ià miga ufrìi ‘l vin de bév a mesdì ai pelegrìn de S. Gaetàn “ .

 

Giacomino sentì tutto e spaventato prese il mulo con le botti e andò presso il piazzale della chiesa dedicata a S. Gaetano. Legò il suo mulo ad una inferriata ed entrò in chiesa trafelato e stravolto del fatto. Quasi tutti si girarono per vedere quell’ultimo arrivato con il viso sconvolto. Era il momento della omelia. Con braccio alto e teso il Sacerdote diceva : “ I primi cristiani avevano fede nel Signore. Tutto ciò che possedevano lo mettevano in comune. Vendevano persino le loro terre per essere al servizio di tutti ….. “. Intanto presso la chiesa di S, Gaetano era giunto l’Oreste con il suo mulo carico delle due botti di vino, quelle che a Ronco il Mariulìn e l’Ansèlmu avevano sostituito sul mulo di Giacomino. Tutti i fedeli erano in chiesa e nessuno li vide. Dal mulo tolsero le due botti piene di acqua e in un baleno li sostituirono con quelle piene di vino . Finita la celebrazione Giacomino andò in Sacrestia per raccontare il fatto prodigioso al Reverendo. Disse che le sue botti erano piene di vino quando era partito da Tirano e in Trivigno presso l’osteria li aveva trovate piene d’acqua. Il Sacerdote stette un attimo in silenzio e poi disse a Giacomino : “ Mah ! Forse è un segno divino. A consegnare il carico di vino a quell’oste avresti tratto guadagno solo per te. Forse avresti dovuto donare le due botti di vino per il pranzo di mezzogiorno ai partecipanti alla processione come facevano i primi cristiani mettendo tutto in comune. Ora va, perché devo pensare ad organizzare il pranzo comunitario”. Giacomino si gettò ai piedi del Sacerdote e disse : “Ho peccato, come posso sdebitarmi verso i miei paesani ?” Il Sacerdote con fare spazientito disse: “ vai , vai, al buon cristiano parla sempre la coscienza ! Giacomino uscì dalla sacrestia e corse verso il suo mulo.

 

Vide che una botte, sul basto del mulo, trasudava ed era umida. Passò una mano sul legno, l’annusò, la mise in bocca è gridò : “ L’è ‘l vin del mazzacavàl “. La gente l’udì, accorse e vide Giacomino che in ginocchio presso il mulo piangeva. D’un tratto esclamò. “ è vino vostro per il pranzo di mezzogiorno, amici bevete e state allegri “ . Fu una festa piena di allegria e le due botti di vino nel pomeriggio, dopo il pranzo, erano asciutte come coralli. Di vino ne bevve anche il Sacerdote , con Mariulìn, Ansèlmu e l’Oreste. Quando scesero da Trivigno con passo baldanzoso passarono per Ronco. Mia nonna guardò il Sacerdote con un sorrisino birichino che lui ricambiò con delicata schiacciata d’occhio e disse: “ Virginia, era giunto il tempo che l’acqua fosse trasformata in vino anche alla festa S.Gaetano” . Giacomino fu ringraziato da molti per il suo gesto generoso.

 

Ezio (Méngu)

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