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Mariti e preti a confronto

CULTURA E SPETTACOLO - 16 10 2017 - Méngu

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“Scherzando si dice anche la verità” (Sigmund Freud, filosofo 1856-1939 ) e, per “scherzo”, racconterò quello che mi è capitato. Domenica scorsa ho incontrato un mio amico con il broncio. “Che hai, ti è morto il gatto? “ gli ho detto con quel fare che solitamente hanno gli amici quando condividono gli affanni. Mi ha guardato pensoso e dopo un lieve cenno di capo, guardando il cielo mi dice: “ Mi faccio prete! Oggi sono fuori dalla grazia di dio. Quando ero un giovanotto volevo farmi prete, poi quella donna mi ha stregato e così la mia vita è stata rovinata“.

 

” Ma di che donna parli”,  gli chiedo  con un viso che porta condiscendenza per le tribolazioni  di questo mondo strampalato. “Della mia metà “ mi risponde con un tic nervoso che gli fa scuotere , come una foglia di betulla al vento, il palmo della mano destra posato sul cavallo dei pantaloni.  “Amico caro sfogati con me, che gli amici servono per questo“ sussurro  incuriosito.  Per un momento tace, poi emana un lungo lamento come fosse stato ferito da una lama sottile allo stomaco, poi parte a valanga con il suo racconto.

 

“Oggi, che è domenica, sono andato a Messa, come faccio  tutte le domeniche. Io sono un buon cristiano e a Messa ci vado anche con la testa. Ci vado perché c’è un prete che mi piace e perché quei tre quarti d’ora di Messa mi portano un poco di pace nell’animo.  Quel tempo, per me, è come una stampella . Sentire  quel prete simpatico, pacifico  che parla di serenità,  fraternità, libertà e che scodella ai fedeli la parola del Vangelo chiara e semplice  mi fa l’effetto di una tazza di caffè di buon mattino. Mi scuote, mi da quella scossa che mi serve per iniziare una buona settimana. Ma quando mi dura la scossa ? Porca loca! Troppo poco .  Quando  quell’uomo di Dio dice: “La Messa è finita , andiamo in pace, poi felice e santa settimana“,  la mia pace finisce .

 

Mi  avvio verso la porta d’uscita della chiesa ed ecco che  la calca dei fedeli  mi trascina  come un legno in un fiume impetuoso. Tutti sembrano scappare dal demonio e si che siamo ancora in chiesa. Tutti hanno fretta e usciti dalla chiesa  tirano diritto e si sparpagliano come le faville in un camino.  Quando poi attraverso lo stradone, un carosello di macchine non  lascia il posto da mettere la scarpa. Per di più, alcuni dalle macchine, ti guardano come se tu fossi scappato dal manicomio e, se tu li guardi bonariamente, loro fanno il segno di rabbia con le dita invece di darti strada.  

 

E il vigile , ingessato nella sua elegante divisa che fa ? E’ li all’angolo sorridente che parla con una signora che ammicca e si aggiusta la gonna. Si capisce che ha altri interessi mondani.  Poi trotti a casa, metti la mano sulla maniglia dell’uscio, apri la porta  quel tanto da lasciar passare un gatto e senti la tua metà, trafelata tra fornelli e pignatte,  che grida:  “Dove hai vagabondato in questi tre quarti d’ora? Hai almeno comperato il giornale ? Hai preso il pane? Sei andato al cimitero a bagnare i fiori?  Fai anche tu qualcosa, non solo io!“. Basta. ho detto che mi faccio prete.   

 

A questo punto intervengo con fare francescano:  “Calma, calma , ora calmati e facciamo il paragone con il lavoro di prete che desideri ancora fare solo per il tormento che ti dà  la tua dolce Orsolina. Ti dimostro che ti lamenti di gamba sana. Dunque volevi da giovane fare il prete? Benone ! Poni il caso che eri tu questa mattina a celebrare la Messa. Dovevi per forza fare la predica. Dovevi parlare per venti minuti ai fedeli con un microfono in una chiesa affollata dove nessuno parla, nessuno risponde. Solo ascoltano per quei venti minuti. Ascoltano, magari con fare sonnolente, magari pensando agli affari propri .Magari c’è n’è uno che con tic alle gambe,  proprio seduto innanzi a te, ti fa girare la testa, per non dire altro. Magari c’è anche chi  si mangia le unghie, chi risponde al telefono e fa messaggini, o ce n’è uno che dai primi banchi ti guarda con occhi furibondi e con le braccia conserte scuote la testa e prende nota su un taccuino delle cose che dici.

 

Forse, ma non sono certo, saresti consolato da quei pochi fedeli che sotto lo stress dei propri dispiaceri  ti ascoltano, convinti a metà di quel che dici. Insomma, venti minuti di soliloquio dove nessuno parla, nessuno ribatte, nessuno contesta . E’ dura ! E’ pur  vero che in quei minuti non volano scodelle e piatti come nelle nostre case, ma la vita è colloquio, relazione e i preti in quel luogo non hanno la compagna che ribatte ad ogni loro parola. Magari si sentono soli ma la ragione è sempre loro, poiché il silenzio in chiesa è totale. I preti parlano ma non sanno se la gente ascolta, parlano , parlano e alla fine non possono ricevere nemmeno l’applauso. Poveretti! 

 

Fortunati noi sposati che abbiamo chi  ci ascolta e ribatte, magari furiosamente, ma ribatte alle nostre parole  minuto per minuto, ora per ora  e se parli anche la notte senza soluzione di continuità e alla fine non possiamo nemmeno dire come i preti  “andiamo in pace“ perché la pace noi non l’abbiamo mai. Amico caro, la tua idea da giovanotto di farti prete non era poi male, ma credimi, secondo me non saresti stato  in grado di portarne il peso. Da buon cristiano ogni domenica goditi quei venti minuti di silenzio, dove le anime ascoltano senza parlare. Ricordati anche di dire al prete che la predica deve essere come la minigonna: corta, aderente alla vita e aperta al mistero”. Parola di... marito.

 

Méngu

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