Nostalgia canaglia... Lo splendido Grand Hotel Tirano
CULTURA E SPETTACOLO - 29 11 2021 - Ezio (Méngu)
Quando il mio sguardo cade sul Centro Commerciale in Tirano, nella mia mente appare la visione del Grand Hotel Tirano, in puro stile “fin de siècle” del secolo XIX, perla in un grande parco di cedri. Ho una “ nostalgia canaglia”, quasi una sofferenza per il suo abbattimento. Nei primi anni ’70 abitavo all’ultimo piano del Condominio “ Nausica “ proprio di fronte al grande parco di quell’Hotel pregno di storia di fine ‘800. Al mattino , al mio risveglio, aprivo la grande finestra “ tonda “ opera artistica dell’ architetto Giancarlo Bettini, per sentire il canto di molti uccelli che albergavano tra i cedri secolari. Quale dolore ho provato , alla fine degli anni ’70, vedere dalle mie finestre abbattere sasso per sasso quello splendido “ monumento “e cadere sotto il sibilo delle motoseghe gli splendidi Cedri, mentre camion e ruspe si affannavano nello scavare una enorme fossa altra più di due piani per far posto al Centro Commerciale che ora vedete passando sul viale Italia. Ricordo la splendida sala a specchi che dava sul viale, dove molti coscritti tenevano le loro feste, ricordo la bella e maestosa scala interna che portava alle stanze superiori parte in legno e dal profumo di cedro. In una di quelle ampie stanze io diciasettenne prendevo lezioni di italiano da un professore meridionale che l’italiano lo sapeva e sapeva scrivere anche bei libri. Ora quando passo di lì e mi avventuro nella “ galleria “ delle botteghe, vedo, in parte , desolazione e quando mi specchio in quelle scure vetrate vuote mi sembra di vedere l’aleggiare di quel vecchio Hotel, “ fantasma “ dei miei ricordi. Perdonate questa mia nostalgia, forse non solo mia, ma di tanti che hanno la mia età e che hanno visto le Fiat Topolino, Le Balilla, le lussuose Lancia e Alfaromeo, i furgoni OM, parcheggiati presso l’ingresso e che noi ragazzi con occhi sognanti, le accarezzavamo e le guardavamo più delle nostre splendide fanciulle, che allora erano quasi tutte “acqua e sapone”. Marzo 1979: quarantadue anni fa iniziavano i lavori di demolizione del Grand Hotel Tirano . Un pezzo della storia di Tirano se ne andava. Ricordo la tristezza di tanti nel vedere quel complesso scomparire lentamente tra le ruspe demolitrici e il polverone dei camion che se ne andavano colmi di “ sacre “ macerie tiranesi. Allora tanti si rendevano conto che la scomparsa dell’antico e importante complesso con parco secolare segnava inevitabilmente la fine di un' epoca legata ai fasti degli anni del secolo diciannovesimo quando ancora si danzava al ritmo dei valzer viennesi, quando in quelle fastose sale tintinnavano le sciabole e gli speroni di baldi ufficiali e facevano da contrappunto i fruscii delle sete e delle crinoline delle fanciulle di rango. Quell’antico e importante Hotel è ancora nei cuori di tanti che oggi hanno i capelli grigi. Ma non solo quel grande complesso alberghiero è scomparso, sono scomparsi altri luoghi “ sacri “ di memorie e pregni di storia della Tirano che fu. Il compianto Architetto Ettore Ferrari scriveva nel febbraio 1989, su “ Città Nuova “ nell’ articolo “ Incanto e decadenza”, queste parole: “ … Certo è che da una specie di incanto si è passati alla decadenza della città. Decadenza che si può notare anche dalle singole “istantanee” che si affacciano alla mente di ciascuno. Esempi forse marginali ma che danno chiaramente la misura e il senso della curva che cala. Gli Alberghi, ad esempio, sono scomparsi, sono svaniti e con essi il loro mondo culturale , turistico, ambientale ed economico. Il Grand Hotel Tirano, in puro stile “fin de siècle” , perla in un grande parco di cedri, è stato suicidato da un “ moderno “ Centro Commerciale, impropria terminologia , per definire una serie di negozi; Centro Commerciale dall’architettura “ fine razionalismo “ alla quale peraltro anch’io ho professionalmente contribuito, seppur malvolentieri, giovane inesperto. Del Grand Hotel ci si ricorda ancora delle feste che lì si consumavano, sotto il controllo creativo del Signor Sipser, venuto da lontano, che presto ha intuito l’inizio della decadenza , preferendo luoghi e alberghi più mediterranei e più sicuri. L’albergo “de La Gare” , prezioso gioiello che ha confortato anche le notti di Thomas Mann, il grande scrittore del ‘900, che qui ha soggiornato sulla via di Davos, ora è un trionfo di lampadari, televisori e oggetti per la casa. L’Albergo Posta e Stelvio, rinomato e incontrastato punto di ritrovo di Tiranesi e Turisti, che hanno contribuito a tenere alto il nome di questo tempio della ristorazione, dei tempi di Luigi De Gasperi, campione dell’ospitalità e della cucina. Fabbricato ora smembrato e in parte usufruito dall’essenziale Meublè Stelvio. La pasticceria Lorandi, dall’arredo scintillante che mi colpì e mi intimorì da bambino, sfavillante di stucchi settecenteschi e di cannoncini, di ori, di specchi e di dolci viennesi. Oggi nel locali resta il Bar Hawai, solo nel nome evocatore di improbabili paradisi tropicali. Il Caffè Merizzi, allora anch’esso fastoso di specchi con grande cassa di argento cesellato e un dispendio di velluti rossi e lacche bianche, uscito quasi da un quadro di Toulouse, luogo di grandi discussioni , di confronti di amicizie, avamposto di “periferia” della borghesia nascente degli anni ’50 , quasi sede di una mentalità emergente, “ covo “ di mondanità e di “ nouvelle vogue”. Oggi più semplicemente un bar per tutte le stagioni . E quanti altri esempi si possono fare per descrivere questo paesaggio da un gradino all’altro, da una scala all’altra, da un piano all’altro. Non è la nostalgia di un tempo passato; è, come ho detto più volte , nostalgia del mondo che non verrà e che pure aveva i presupposti in regola per avverarsi. Questa è la decadenza. Questo è il decadimento. Dobbiamo tutti accontentarci di un presente piuttosto scialbo, massificato e oltretutto poggiato su una economia fragile e per niente sicura. Questa è la decadenza, la scomparsa dell’identità di un paese, identità difficile da recuperare senza un tempestivo progetto politico chiaro, mirato e pensato in grande. Non dobbiamo interrompere il corso del così detto progresso, però è urgente correggerlo, regolarlo, fare un Piano per Tirano, per quel che ne resta…” . Ho conosciuto la Tirano che l’arch. Ettore Ferrari ricordava nel suo scritto del 1989 e condivido le sue considerazioni. Non mi abbandona la “ stretta di cuore “ quando penso alle cose belle che i nostri avi all’inizio del secolo scorso hanno edificato con grande lungimiranza e che noi, purtroppo abbiamo demolito. Alcune loro opere sono rimaste e ancora stupiscono per la loro funzionalità, ad esempio la ferrovia Colico –Tirano, la ferrovia del Bernina, il palazzo Merizzi con la sua splendida architettura, le scuole Credaro, il palazzo Perego con piazza Marinoni, il grandioso viale che porta a Madonna di Tirano, l’oratorio maschile con la chiesa del S. Cuore e tante altre strutture che sono segno di grande vivacità intellettuale e sociale di quel periodo. Ricordo che molto è stato fatto negli anni ’80 fino ad oggi per rendere più vivibile e graziosa la nostra città; l’entusiasmo del compianto Assessore alla Qualità Urbana e sviluppo città Ettore Ferrari e dell’accorto Sindaco Pietro Del Simone ha dato uno stimolo progressista in tale direzione. Lo slogan “Tirano , città di storia”, da lui coniato può essere incubatore di idee per formulare un programma per la Tirano futura. Ezio (Méngu)Tirano, città di storia e …di memorie
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