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Pensiero “storto” di fine anno? - "Ed elli avea del cul fatto trombetta"

CULTURA E SPETTACOLO - 29 12 2017 - Méngu

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“Non potrai mai consumare al di là del tuo appetito. Metà del tuo pane appartiene a un’altra persona e dovresti conservarne un pezzo per l’ospite inatteso. Cosi scriveva nelle sue frasi celebri il poeta, filosofo, pittore, Khalil Gibran (1883-1931) considerato nel mondo arabo un genio della sua epoca.

 

E aveva ragione. Guardiamoci intorno. In estate, e non solo, le feste sbocciano come il tarassaco nei prati in primavera. I ristoranti e le pizzerie traboccano di clienti. Così è anche a Capodanno. Vediamo tavolate piene di cibi succulenti dove i commensali, madidi di sudore e con occhi lucidi d’umor di vino si affannano a ripulirle trangugiando ogni ben di Dio. Lo stomaco chiede pietà ma l’appetito non ascolta. Il cibo si travasa dalla bocca allo stomaco per il “piacer sottile“ masticato da denti ubbidienti all’insula, luogo del cervello localizzato tra il lobo frontale e quello laterale.

 

Le persone si trasformano così, metaforicamente, in tubi digerenti. Finito l’eccitante pasto l’alzarsi dalla tavola è impresa ardua poiché spesso tutto vacilla intorno e la sedia, divenuta stretta, rimane agganciata alla pancia tonda al par d’un uovo. Questo è il caso in cui il  piacevole cibo trangugiato ha prevalso sull’appetito e, come sappiamo bene, quando un bicchiere è pieno aggiungendo nuova acqua essa trabocca.

 

Chi vuol intendere, intenda. Succede anche nelle nostre case dove v’è il godimento del divorare cibo e non il rispettoso e necessario rito del  mangiare per vivere e non del vivere per mangiare. Ma non in tutte le case succede questo. Infatti il mondo si divide in due parti: quello di cui abbiamo citato, forse esagerando, e quello di buona parte di persone dove il ristorante, la pizzeria, le tavole imbandite di ricchi e abbondanti cibi se li sognano al suon del brontolio delle budella che reclamano il loro sostentamento. Sono quelli che hanno più appetito che cibo. Questi poveretti a volte sono silenti come l’erba che cresce. La loro dignità, la loro umiltà del chiedere per avere cibo dovrebbe essere, per chi gozzoviglia, un pentimento.

 

Ai lussuriosi del palato la “carità fraterna“ tanto decantata nel Vangelo si trasforma in “disparità fraterna”. Quando l’affamato implora cibo e il satollo fa del “cul trombetta “ è uno scandalo. E’ vergognoso  non dividere il pane con l’affamato, e non ricordare che la metà del suo cibo trangugiato appartiene a chi non ne ha. Un buon cristiano dovrebbe saperlo e, nel caso di un abbondante pasto, con il sapore dei cibi, dovrebbe provare "l’attacco“ della fame di tutti coloro che fanno una vita dura di lavoro per una stentata sussistenza.

 

Temo però che il lussurioso del palato e spietato consumista che legge questa mia opinione la condividerà ironicamente con una emissione sonora. Alzerà la chiappa sinistra citando la frase di Dante Alighieri, canto XXI  “ed elli avea del cul fatto trombetta”, mentre i poveri affamati  ascolteranno i borborigmi della pancia a digiuno pensando al profumo dei cibi. Così va il Mondo. Evviva l’anno nuovo 2018.

 

Méngu

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