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Per un mio dialettismo Fabio mi ha tolto il saluto

CULTURA E SPETTACOLO - 16 01 2021 - Ezio (Méngu)

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Magnifico, superlativo, ottimo per un gran "pastone"

Ho sciolto la prognosi con Fabio solo dopo sei mesi. L’amico mi ha tolto il saluto e tenuto il broncio per sei mesi a causa di un mio dialettismo inserito in una frase in italiano. Ma cosa era successo? In una bella serata calda d’agosto ho invitato due miei amici tedeschi ad una cena in un noto ristorante nel tiranese. Sapevo di far bella figura invitandoli in quel delizioso locale dove si mangia da dio e per giunta il proprietario e cuoco è era un mio amico. Naturalmente lo è ancora, ma solo dopo aver sciolto la prognosi che vi racconterò, Anzi no ! Prima devo dirvi che noi Valligiani, a mio parere, siamo gente di scarpa grossa, cervello fino ma un poco “ sufistèch “ e quando ce la prendiamo con qualcuno ce la leghiamo al dito. Diciamocelo pure, siamo un poco critici e litigiosi. Insomma prima di dire un sì netto occorre che” carta canti “ . E anche quando la carta ha cantato rimaniamo sempre in guardia. Siamo sospettosi al punto giusto e fedeli come carabinieri.

 

E’ la natura del valligiano DOC, o del montanaro. Noi siamo abituati a marcare il territorio con il nostro carattere schivo ma tenace, possessivo per quel che basta per salvaguardare la nostra dura sopravvivenza, buoni fino al punto giusto da non essere chiamati fessi, religiosi con una religiosità non bigotta né di azzeccagarbugli ma fondata sugli interrogativi esistenziali della Vita. Ora racconto. Quella sera, nel ristorante di Fabio abbiamo mangiato e bevuto molto bene. Con i due amici ho approfittato di scambiare alcune parole in tedesco e romacio Vallader e , come mio vizio inserire qualche parolina nella parlata italiana in dialetto tiranese poiché anche loro non erano digiuni di italiano e il romancio lo sapevano bene. Insomma una serata divertente tra gesti e frasi sgrammaticate come si usa tra gente che non mastica bene le lingue. Finito il pranzo, come era logico, mi sono avvicinato al bancone dove v’era la cassa con i miei due amici.

 

Fabio mi aspettava sorridente e dopo alcuni convenevoli mi chiese; “ avete mangiato bene ?” Risposi con esultanza ,” magnifico, superlativo, un gran “pastone ! “ , intendendo dire che il pasto era stato grande in ogni portata. Pagai con la carta di credito e notai però che Fabio era diventato scuro in viso. La sua gentilezza verso di me era diventata quella della convenienza, insomma del cliente che ha “ rotto “ gli zebedei. Pensai “ mah, avrà i suoi grattacapi . Salutò i miei due amici con gentilezza e ce ne andammo. Dopo circa un mese lo vedo al mercato. Eravamo vicini, nemmeno due passi distanti ed era impossibile che non mi avesse visto. Lui tirò dritto senza salutarmi. Pensai “ Stai a vedere che qualcosa non ha girato diritto con la mia carta di credito” e riposi il pensiero . La cosa si ripeté in diversi luoghi nel giro di sei mesi. Fabio mi aveva tolto il saluto! Pensai “ Non capisco quel comportamento. Ha la moglie giovane ma io non l’ho insidiata. Il suo ristorante va a gonfie vele e se non l’ho più frequentato è perché ho voluto cambiare per mio piacere e per conoscere altri locali. Presto ritornerò anche da lui “ Così decisi ha fermarlo per strada e chiedere il perché mi avesse tolto il sorriso e anche il saluto. MI rispose secco : “ nel mio ristorante si pranza da umani e non si mangia il “pastun!” Il pastone lo mangiano lo mangia le mie galline. ” Misericordia ! Ricordai quella serata e il mio dialettismo fuori luoho. Quel vocabolo era suonato per lui come insulto, ma per me era inteso come ringraziamento.

 

Gli dissi con forza” Fabio con il vocabolo “pastone” intendevo dire che tu mi hai fatto mangiare un gran pasto e non certo un pastone delle galline. Perdonami. Non sono un Manzoni, lo sai che io ho sempre parlato il dialetto tiranese e se mi scappa qualche aggettivo superlativo fuori luogo è perché mastico l’italiano come i “fasöi de la Rusìna che iè dür cuma sàs “. Fabio mi guardò un poco e scoppiò in una sonora risata, segno di una riconciliazione anche da lui sperata e disse : Méngu, d’ura ‘nnanz parla cùma te màiet “ e speriamo che i tuoi due amici presenti quella sera abbiamo capito il senso giusto. Dissi ridendo “ Tranquillo Fabio chèi iéra tudèsch! “ Lui mi rispose rincuorato “ ménu mal, adès tà salüdi e vén prést de mì che ta faròo maià ‘n gran bel pastùn !”

 

Ezio (Méngu)

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