Tirano e Villa di Tirano: una campana con due batacchi?
CULTURA E SPETTACOLO - 08 10 2024 - Ezio (Méngu)
Non molto tempo fa un noto e illuminato architetto, in occasione di un nostro intenso dialogare sul territorio, mi disse papale-papale una frase che mi è rimasta nel cervello e che con il passar del tempo, osservando attentamente Tirano e la piana di Villa, ritengo vera e realistica. Disse: “Tirano e Villa di Tirano sono ormai diventate un paese unico“. Per rendersi conto di questo facciamo una capatina a Roncaiola. Avviciniamoci al guard-rail che separa la strada dallo stupendo ” precipizio“ su Tirano e Villa di Tirano . Poniamo l’occhio a modo di periscopio incominciando dal canalone dell’Adda presso Sernio sino ad arrivare al Campone per poi spingersi con lo sguardo sulla Tirano Vecchia sino a Villa. Poniamo lo guardo sul “ Castelasc “, poi sull’ameno Dosso giungiamo in Porta Milanese , ruotiamo l’occhio sino in Porta Poschiavina fin su alla Porta Bormina. Se non ci gira la testa ora guardiamo la Piazza Marinoni e poi la Piazza delle stazioni e la Basica della Madonna di Tirano con la zona della “ Rasiga”. Ritiriamo lo sguardo come le corna di una lumaca e vediamo la zona cementata della zona industriale. Cosa abbiamo visto? Una conca talmente urbanizzata che per piantarci ancora un chiodo, quel chiodo andrà in “capéla!” poiché nulla ci sta più senza produrre sconquasso urbanistico. Questo io credo. I vecchi come me e oltre si ricorderanno quando Tirano arrivava alla due case popolari sull’argine dell’Adda presso la stazione delle Corriere. Si ricorderanno quando si poteva fare il bagnetto con mutande larghe nei prati della Fossola dentro la bella “ rùngia “ dell’acqua del Poschiavino. Si ricorderanno di quando si andava nel vecchio ospedale per farci strappare le tonsille legati alla sedia mani e piedi con un lenzuolo, avendo la ricompensa di un cono gelato dal Toldo. Gli anziani avranno anche in mente l’ospedale vecchio con le vigne accanto e le case si potevano contare sulla dita di una mano. Miseri noi, ora non vi dico della via S. Giuseppe e del Rudùn invaso da case più che l’addensarsi di mosche su una “ caca de vàca “. Vedete la zona industriale? Vergin Maria ! Ricordo il dispiacere sino alle lacrime di mio padre quando gli fu tolto il suo campo per costruire la Cartiera. Ora tutta la zona è invasa da decine e decine di capannoni industriali ,( alcuni appaiono vuoti e senza rumori) altri sembrano invadere quel poco che resta del triangolo di congiunzione Adda e Poschiavino. Insomma non mi dilungo su questa visione di Tirano che fa da cornice alla storia della mia Vita. Proprio così , io che da ragazzo ho giocato a pallone sulla statale innanzi alla torre Torelli, ora in vendita, e credetemi non è un’ esagerazione, fermavamo le macchine per recuperare la palla sotto il loro telaio. Ma va bene, direte, va bene così come siamo messi ora. Un poco meno poveri, anzi forse “’n pit àa sciur “ e con qualche riccone che abita in grandi ville dove, per andare a letto,( si sibilla tra i denti) , usa il monopattino tra la sala e la stanza da letto tale è la distanza. Siamo sempre a Roncaiola con il piede appoggiato al guard-rail. Dopo aver riposato un poco lo sguardo, spingiamolo ora sulla piana di Villa di Tirano. Incominciamo dalla Basilica di Madonna di Tirano. Ricordo quando i fieri e cattolici Villaschi in segno di “ proprietà” della Basilica, arrivavano in colonna a Madonna in pellegrinaggio e poi facevano un giro Intorno al Santuario per rivendicarne e ricordarne la proprietà. Ora si sono dimenticati di quel giro, non lo fanno più , semmai i giovani e forse i meno giovani fanno tre giri intorno ai Supermercati che invadono il “tirùn dé Vila“. Ricordo un fiero giovanotto del Ragno un poco più grande di me , con la sua stupenda moto Gilera “ sèt bulùn “ ammirato per il suo coraggio. Partendo dal Santuario, sdraiato sul serbatoio e con le gambe incrociate sulla targa della sua potente moto saettava su quel tratto rettilineo ( tirùn ) e giungeva a centotrenta allora presso l’albera Pina. Scendendo dalla moto e pulendosi il viso invaso dai “ musìn “ diceva :” Non ho tirato di più il gas perché vedevo la strada a “pedriöl “. Magnifiche avventure dove oggi per percorrere tre chilometri di quel sito ci vogliono 10 minuti di colonna. E i pesci “ scazzun “ che brulicavano nelle rogge di Villa chi li ha scordati tra noi vecchi? In questi giorni delle rogge di Villa di Tirano ne ho parlato con un signore della lunga barba bianca, ma un poco più giovane di me. L’ho ringraziato quando ho saputo che per anni , si è interessato e ha avuto cura delle Rogge con altri volonterosi del Consorzio Poschiavino Sponda Destra. Coloro che amano la natura in tutte le sue forme , io credo, che dopo averle ben scoperte possano ritenere le Rogge un grande valore sia storico che ambientale che va protetto e manutenuto alla perfezione. Non mi dilungo su Villa di Tirano, ma mi sembra, senza volere offendere alcuno, che su questa magnifica piana, specie a lato del “ tirùn “ sorgono strutture a vista d’occhio. Peccato poiché non vorrei che un domani si parlasse di una bellissima e storica Villa di Tirano come una estensione a macchia insignificante della Conca del Tiranese. Concludo rammentando l’espressione del noto architetto, che per “ salvare il salvabile “ le nostre comuni bellezze, sia di pianura che di montagna, occorre suonare all’unisono tra Tirano e Villa di Tirano la stessa campana. Per esperienza credo di poter dire che una campana con un batacchio solo suoni meglio che una campana con due batacchi, specie su un territorio così vicino e ricco di rare bellezze. Ezio (Méngu)
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