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Una grazia o un caso?

CULTURA E SPETTACOLO - 25 12 2018 - Méngu

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/fede nuziale

Chi ha provato il dispiacere di perdere la fede nuziale? Probabilmente qualcuno risponderà che il dolore non è stato troppo grosso quando ha gettato nell’Adda o ha  venduto, come rottame d’oro, la sua fede nuziale dopo il divorzio. Ma per Enrico perdere la fede nuziale è stato un dispiacere dopo quasi cinquanta anni di matrimonio.

 

Era successo quasi un anno addietro.  Al mattino presto era andato in montagna a far legna da ardere nel suo bosco alle Canali. Ne aveva tagliato in abbondanza tale da caricare il suo grosso trattore, nel pomeriggio ne aveva fatta una grossa catasta nella sua legnaia in paese. La sera, mentre cenava, sua moglie s’accorse che non aveva più la sua vera nuziale al dito. Enrico guardando la sua mano sinistra fece un sobbalzo, portò le mani sul capo e disse con occhi stralunati d’un povero cristo che ha perso il portafoglio con la pensione di fine mese: “Por mì , lòo persà! L’ho perdüda sü ilò ai Canài, ‘ntànt che fasévi legna! (povero me, l’ho persa! L’ho persa alle Canali mentre facevo legna!)“.

 

Sua moglie lesse negli occhi il dispiacere di suo marito e non disse altro. Quella notte non dormì. Si girò e rigirò nel letto rammentando tutti i movimenti fatto e i luoghi dove aveva tagliato la legna nel bosco. Al mattino presto si alzò, andò alla Canali e corse in quel bosco biascicando ad ogni passo  la cantilena “S. Antòni dèla barba bianca, fàm truà chèl che ‘l ma mànca (S. Antonio della barba bianca, fammi trovare quello che mi manca)" .

 

Dopo quattro ore di invocazione e forse tremila passi di leopardo il santo non fece il suo miracolo e Enrico non trovò la sua fede nuziale smarrita. Non provò rancore verso il santo. Cercò la fede anche nella legnaia, ma nulla! Con la moglie diede la colpa che, negli ultimi tempi, era diventato magro e la sua magrezza aveva fatto diventare le sue dita esili, così la fede gli era scivolata come olio dalle dita. La moglie la mise sul ridere, anche se per lei era stato un dispiacere e replicò che era meglio che dimenticasse il fatto, che mangiasse, che si curasse se non voleva perdere anche i pantaloni.

 

Passò un anno senza però che Enrico si guardasse l‘anulare della mano sinistra per poi rimanere sconsolato per alcuni minuti. Arrivò il periodo di Natale. Loro, come si dice da noi,  “andavano a legna” per cucinare, riscaldare la cucina e un poco le camere. Al mattino di Natale sua moglie come tutti i santi giorni doveva accendere il fuoco e la legna era finita: “Enrico vai  a prendere la legna“.

 

Padron comanda e caval trotta!  Enrico andò e tornò che sembrava impazzito di gioia. Posò il grosso cesto della legna, poi mostrò la “vera nuziale“ smarrita alla moglie che si illuminò di gioia. L’aveva trovata sotto, proprio sotto ad una catasta di legna, quella legna che aveva tagliato alle Canali e la fede nuziale  luccicava come non mai.  Quel giorno di Natale fu uno dei più bei giorni della loro vita. Nel pomeriggio vennero dei parenti e Enrico raccontò loro questa grazia avvenuta proprio il giorno di Natale. Ernestina, grande amica delle moglie di Enrico, gli raccomandò di portare all’indomani la vera nuziale di Enrico da “stringere” poiché diceva che le grazie non si ripetono mai due volte. E così fece.   

 

Méngu

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