Nel nome del P.I.L speriamo di non lasciarci la "pèl"
ECONOMIA E POLITICA - 19 03 2019 - Méngu
Avrete notato anche voi. Il tempo sembra essere impazzito anche in Valtellina. Piove poco e quando piove la pioggia si concentra in brevi periodi. Per lunghi periodi, in inverno, il monte Masuccio ha il cappello brizzolato invece d’essere ben innevato. La bella Roncaiola è diventata l’oasi delle palme e le costiere sottostanti sono anche siti d’uliveti. Persino in quel di Ronco, alpe della montagna di Trivigno notoriamente e solitamente gelida, d’inverno resiste l’ulivo. Se mi gira, questa primavera accanto all’albero di ulivo pianterò una palma e se resisterà all’attuale tiepido clima invernale, l’evento potrà ritenersi storico. Avrete notato anche voi che l’acqua delle sorgenti è diventata scarsa e chi gestisce il prezioso liquido si affretta a mettere contatori su ogni conduttura. I nostri giardini pubblici d’estate sembrano essere croste di polenta, i bimbi con i loro giochi sollevano polveroni mentre l’erba assomiglia a quella della steppa. Se il clima impazzisce ancora un poco anche “l’acqua del Sindaco“ sarà razionata e forse anche a pagamento. In verità, in verità vi dico che verrà il giorno in cui non sarà più possibile adoperare l’acqua potabile dell’acquedotto per i nostri sciacquoni del water e saremo costretti ad usare l’acqua di scolo della pasta appena scodellata. Saranno dolori per tutti, prima al sud e poi al nord. Racconto un “quadretto” significativo per limitare l’uso d’acqua. Il mio Capitano lo dimostrò al campo invernale a Tuenno. Proferì con autorità le seguenti parole innanzi ad un bidone d’acqua da 180 litri: “Alpini, l’acqua per lavarsi è poca, però occorre sempre lavarsi poiché l’alpino deve sempre odorare di fresco. Ragion per cui l’acqua di questo bidone la si usa così. Prima mi lavo io e mi farò anche la barba, poi si laverà e farà la barba il vostro tenente. Di marescialli e sergenti fortunatamente non ce ne sono sennò spetterebbe dopo a loro lavarsi, poi il caporal maggiore che si laverà anche le orecchie per udire bene gli ordini, poi il caporale che oltre alle orecchie si laverà anche i piedi, e infine la compagnia con ordine di merito che dirò io. Tutte le nostre parti preziose ce le laveremo a fine campo al ritorno in caserma, poiché l’unico buco che al campo invernale abbiamo è quello della canna del nostro fucile, chiaro?“. Insomma, il signor Capitano ci insegnava a risparmiare acqua e non sciuparla come fanno i giovani d’oggi. Sono ben pensanti e un poco sciagurati i giovani e anche le nostre signore quando credono che la spina d’acqua della loro cucina o del loro bagno sia una sorgente illimitata d’acqua e che se uno ha soldi può spillare quanta acqua vuole. Si racconta che il Duce, durante una adunata oceanica di gente che invocava modernità gridando: ”Ora vogliamo anche l’acqua in casa“, con piglio da condottiero rispondeva: “Avete tutto il diritto d’averla, scoperchiate i tetti delle vostre case!!!“. Di strada se ne è fatta da allora! Purtroppo fin troppa, poiché al giorno d’oggi ognuno pensa, a torto, che può trarre beneficio dalla natura a colpi d’euro, poiché il danaro è il passe-partout d’ogni cosa. Ora, se il tempo appare impazzito è forse anche colpa nostra. Mi ha detto un amico, papale, papale, in una serata di discussione sul P.I.L (prodotto interno lordo): “ A furia di osannare il P.I.L. in ogni occasione speriamo di non lasciarci la “pèl“ ( pelle )“. Amico, guardati in giro e vedi in ogni angolo sciupo di risorse. Vedi colonne di macchine grandi come pullman con il solo guidatore ed è concesso d’avere una macchina con quattro tubi di scappamento se paghi la Co2 che produci, peccato però che la respirano anche i poveretti. Vedi bambini cicciottelli, signore con deretani spropositati fasciati da Jeans aderenti da far temere scoppi intempestivi, uomini con trippa debordante dalla cinghia dei pantaloni, carrelli stracolmi di cibo che superano le transenne dei supermercati a colpi di suntuose carte di credito. Allora? A chi non viene in mente il concetto della “decrescita felice“ con un P.I.L che non cresce come un fungo, ma che non vuol dire austerità e povertà“ ma una azione controllata e di buon senso dei consumi e della produzione economica con l’obiettivo d’avere uno stabile e giusto rapporto tra la natura e l’uomo. Il consumatore non deve essere necessariamente un divoratore di beni. Insomma, viene in mente un P.I.L che cresca rispettando un equilibrio ecologico e una giusta equità tra tutti gli esseri umani. Una produzione esorbitante con l’aumento dei consumi e delle merci può condurci a squilibri sociali e all’autodistruzione. Forse l’amico ha ragione quando afferma che “In nome del P.I.L noi ci lasceremo la “pèl“ (pell ), e senza la “pèl“ il P.I.L. ha poco significato per tutti. Méngu
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