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Sciogliere le Regioni e delegare ogni funzione a Comuni e organi territoriali

ECONOMIA E POLITICA - 11 05 2019 - Alessandro Cantoni

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Come ha giustamente ricordato il Direttore Feltri, le Province continuano ad esistere formalmente, nel senso che seguitiamo a rimpinguare il portafoglio ai dipendenti, sebbene siano state abolite sostanzialmente, delegando molti poteri alla Regione. Un ente certamente più dispersivo e, perciò, meno adatto a soddisfare le esigenze e le richieste dei piccoli territori periferici. Il toscanaccio nostrano, Renzi, sembra non aver compreso che il vero fardello economico di questo paese non sono le Province. Semmai avrebbe dovuto alzare la voce contro le Regioni, carrozzoni indigesti alla popolazione e più fessi che indefessi. L'esperienza insegna che le piccole realtà possiedono una maggiore capacità gestionale. Per sostenerlo non occorre essere degli statisti, ma applicare un po' di sano buon senso. Renzi propose anche una revisione della Costituzione, idea di per sé legittima e persino necessaria. I professoroni convinti che la nostra Carta sia scevra d'ogni difetto, tirarono fuori gli artigli e ruggirono ferocemente. Una solenne fesseria. Peccato però che il Matteo da Rignano sull'Arno volesse sostituire il Senato con una Camera delle Autonomie di cui non comprendiamo l'utilità.

 

In ogni caso, condivido il dubbio di Feltri circa l'effettiva opportunità di rimettere in piedi le Province. Queste non possiedono più le stesse competenze di una volta e il loro ruolo è pressoché inesistente. Torno perciò a ribadire l'urgenza di sciogliere le Regioni e delegare ogni funzione a Comuni e organi presenti sul territorio. 

C'è poi un altro aspetto non meno interessante: dobbiamo tornare al Medioevo. Nonostante da molti venga percepito come un'età del menga, trovo che sul piano amministrativo fosse ineccepibile per quel che riguarda le municipalità. Il principio era semplice. Un podestà veniva nominato dal consiglio dei cittadini, i quali avevano i loro rappresentanti in municipio. Se il capitano del popolo non era in grado di fare il suo mestiere, non soltanto andava cacciato con i sassi e con le clave, ma non intascava neppure una lira. 

 

Così accadde a Giovanni II Bentivoglio, Signore di Bologna, a cavallo tra il XV ed il XVI secolo. Sempre a Bologna, non meno fortunato era stato il vescovo Gerardo Gisla, estradato nell'anno 1195, e ancor più sfigato fu il podestà imbroglione Guidottino. Costui non venne semplicemente messo in fuga. Pare fosse così mascalzone che i suoi sudditi gliela fecero pagare amaramente. Gli strapparono i denti e gli cavarono gli occhi. Il motivo? Pare fosse un accanito esattore delle tasse e un ladruncolo. Alle casse del Comune mancarono in effetti parecchi denari. Capito il concetto? Se sei bravo ti copro d'oro, se invece abusi del tuo potere sono lacrime e sangue. Molto spesso si sostiene che gli amministratori prendano troppo, o troppo poco. Le cose cambierebbero, e non minimamente, se costoro fossero retribuiti in base ai risultati prodotti alla fine di ogni mese o dell'anno. Agli spreconi e gli scansafatiche non spetterebbe la forca, ma un po' di fischi e un'uscita di scena non proprio in pompa magna. Roba da Medioevo, eppure si tratta di un principio sacrosanto. La politica non può essere un mestiere, bensì solamente un'attività svolta a servizio della comunità. 

 

C'è un solo punto che non mi convince del governo municipale di allora. Il podestà doveva venire da un'altra città per evitare di schierarsi con un gruppo sociale piuttosto che con un altro. Ma si sa, quelli erano altri tempi e quelle antiche controversie sono acqua passata nella storia dei comuni. Meglio che a menarci per il naso ci sia qualcuno che conosce bene e meglio le realtà del territorio.

 

Alessandro Cantoni

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