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Le belle “cenerentole“ del tiranese

CRONACA - 17 07 2023 - Ezio (Méngu)

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/Vecchia mappa delle località Vulpera, Prima Croce , Bertola, Corradini e Ronco
Vecchia mappa delle località Vulpera, Prima Croce , Bertola, Corradini e Ronco

Alzi la mano chi ricorda il fascino degli anni ’50 dei siti di Vulpera, Le piane, Prima Croce, Bertola, Corradini e Ronco. Mano bassa per quelli che quei siti li percorrono in moto da trial e trovano il tempo per scanalare con le loro potenti moto, boschi, sentieri e strade e non hanno il tempo per sentire la frescura e il respiro dei castagneti, la carezza delle frasche mosse della brezza, ma solo la potenza e il frastuono che scaturisce dei loro mezzi.  

 

Solo coloro che percorrono a piedi quei siti con amore e devozione , solo coloro che conoscono ogni avvallamento di quei sentieri che ricordano le pietre della” bruzzera” ( mulattiera ) lisciate dai carri, solo quelli che hanno mappato nel loro cervello ogni onda lieve delle “muràche” ( muri di pietrame ) dei castagneti, solo quelli che riescono ad intercettare l’albero sul quale il cuculo che canta e fuggitivo se ne va su un altro e coloro che colgono con un guizzo d’occhio il saettare dello scoiattolo e il verme rintanarsi sono in grado di rispondere al mio interrogativo.

 

Sono quasi certo che le poche mani alzate sono quelle rugose dei grandi vecchi che hanno percorso quelle strade con le loro “priale”, ( carri di legname e fieno )  di quei “ burelée “ ( boscaioli ) che hanno segato a mano e trascinato a valle con i loro muli il legname dei loro boschi, di quelli che raccoglievano le castagne una a una senza perdere nemmeno quelle cadute tra i sassi delle ”muràche”.  Le mani alzate sono di quelli che rastrellavano le selve come giardini. Forse anch’io posso alzare la mano, poiché sono di quelli che portavano a pascolare le pecore tra il “ Castelàsc”, La Cà dei Gatèi, fino alle Piane e giù  per Vulpera e aveva sempre il “ rampelìn “ ( falcetto ) in tasca per tenere in ordine i sentieri.

 

Ancora oggi sogno spesso quei siti e in particolare le selve alla Prima Croce. Ieri, giornata di gran calura, ho voluto salire per rivedere quei cari siti prima che sia troppo tardi per me. Ho percorso la vecchia strada di Vulpera passando dalla località “ cadéni “ ( catene ) luogo in cui i “viciurìn” ( conduttori di carri ) che scendevano dai monti con le loro “priali” ( carico di fieno o legname ) dalla “ bruzzéra “ ( mulattiera  ) di Canali potevano quasi dirsi sani e salvi e a casa.

 

Sono giunto alla Selva – “ Cimitero”  di Vulpera. E’ una deliziosa selva chiusa da un ordinato muro in pietrame con dei grossi castani e molto ben tenuta. Quel sito al tempo della peste nel ‘600 era servito da Campo Santo per tanti Tiranesi. Sono convinto che in quei castani c’è l’aurea dei nostri cari avi. La croce posta sul cancello d’ingresso alla selva sembra che parli e incute grande rispetto.

 

A lato e a monte dei questa selva v’è un cartellone che ricorda il “ valore “ dei castagneti e delle castagne e indica la mappa dei castagneti di Tirano. Quel cartello l’ho visto posare una decina di anni fa mentre si faceva una “ bonifica e potatura “ dei castani in località Vulpera. Mi era rimasto un buon ricordo di alcune selve curate a modo.

 

Ora passando e visionando con cura quelle selve sono rimasto stupefatto. Alcune mi sono parse diverse da allora perché invase da boscaglia. Com’è stato possibile? La potatura deli castagneti mi era parsa eccellente e così la pulizia del suolo. Quell’ eccellente lavoro non ha dato frutto? Alcuni dei proprietari di quelle selve non hanno saputo  tenere in ordine la loro proprietà? Morti i vecchi i figli hanno rinunciato alla cura delle selve di castagno?  

 

Con questi pensieri, mi sono avviato sulla strada agro-silvo- pastorale denominata Vulpera – Bertola . Una decina di anni fa l’avevo percorsa a motivo del restauro della santella denominata “ fo al Sant”  per visionare il lavoro finanziato dalla Comunità Montana di Tirano. Avevo raggiunto quella cara Santella posta a lato della strada e su una roccia, con una Panda.

 

Ora? La strada non più percorribile se non con un potente trattore. L’acqua e l’incuria hanno fatto il danno alla strada sterrata. Le traverse per deviare l’acqua sulla strada sono addirittura scomparse, alcune sono marce, alcune sono sommerse dal terriccio trasportato durante le forti piogge. La strada è disseminata da ciottoli tondi come uova da non far stare in piedi una gallina.  Allora la strada era stata sistemata a dovere, ora è in gran parte in rovina.

 

Giunto alla prima Croce, dopo aver dato un saluto a nostro Signore, ho rivolto lo sguardo alle due selve dirimpettaie. Non sono più selve, sono ormai bosco. Quei cinque grossi castani che sovrastano la boscaglia, sono il ricordo della mia gioventù e erano luogo di riposo di molti passanti dopo la salita della “ Ràta “( salita )  della Prima Croce.

 

Concludo dicendo la mia opinione: è desolante, per gli anziani e forse anche per la gioventù vedere quelle selve, quella strada come è ora e ricordare come erano alcune decine di anni fa. E’ una pena vedere cunette che sembrano” valgèi “ ( fossi ) in mezzo alla strada scavate dall’acqua, vedere delle traversine fatte per deviare l’acqua dalla strada portandola nel bosco marce e sepolte dalla terra, vedere delle recinzioni di protezione a suo tempo fatte in luoghi pericolosi della strada  che con un colpo di mano cadono a pezzi perché marce.

 

Ma sì, va bene così ! I finanziamenti che arrivano dai vari Enti o dalla Regione forse è meglio investirli nel turismo poiché quei soldi investiti hanno subito un ritorno economico e di immagine. Curare castagneti, boschi e strade al massimo che puoi sperare è in qualche persona “ bizzarra “ che ti dice : GRAZIE !

 

Il mio “ grazie “ per la manutenzione del territorio è ispirato dal ricordo delle fatiche dei nostri vecchi che giungevano a casa sudati fradici, stanchi per le fatiche fatte in montagna, segnati con bugne rosse sul collo, stomaco e schiena, dovuti ai succhiotti dei tafani grossi come pollici che dal cavallo passano all’uomo. Erano Uomini che oltre al loro lavoro avevano sempre con loro l’accetta pronti a bonificare luoghi dove transitavano. Pronti ad accomunarsi nell’evitare qualsiasi pericolo sul territorio e il territorio lo conoscevano bene poiché era quello che dava loro da mangiare. Amare le nostre radici, a mio parere, è amare noi stessi e la nostra natura e preservarla.

 

Ezio (Méngu)   

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1 COMMENTI

17 07 2023 09:07

Unas

Condivido pienamente: e mi chiedo quale tipo di input sia mai atteso per migliorare quello che può essere definito soltanto uno schifo. E non si parli di fondi, perché numerosi interventi potrebbero essere eseguiti con costi estremamente limitati. Questione di civiltà, e di amore e rispetto per il passato, che non era nemmeno farcito delle odierne comodità. A proposito de "li cadeni", sul sito di Regione Lombardia - Beni culturali vi sono bellissime foto relative alla "priala", con un riconoscibilissimo Runcaòl. In corrispettivo, lo storico punto di inserimento del "redee" è seppellito da terra e rifiuti.