Essere abbronzati o no?
CULTURA E SPETTACOLO - 04 09 2017 - Méngu
Incontro una mia giovane amica. Ha i calzoncini corti e neri, le spalle da atleta. Indossa una maglietta nera che le avvolge solo parte della schiena e del seno che appare chiuso come da una conchiglia . Mostra l’ombelico e qualcosa di più. Ha un profumo che porta i maschi a meditare sul mistero della procreazione e che li rende simili alle falene intorno al lampione. Santa vergine! Quel fisico abbronzato è proprio l’insegna della giovinezza. Mi dice sorridente: “guarda come sono abbronzata” . Mi indica le gambe. Poi, sorridente e birichina, arrotola lentamente sulle cosce i suoi già attillati calzoncini fino a mostrami un parte di tatuaggio a forma di cuore trafitto. E’ abbronzata anche la parte inferiore del tatuaggio. Vorrebbe mostrarmi qualcosa di più, ma data la mia età si astiene. “Come sei nera! ” rispondo io con una voce turbata. Poi mi riprendo e dico : “ sei una madonna nera! “ . Lei mi guarda con occhi da gatta, ride poi dice “ è il sole della Sardegna” . Il nostro colloquio si svolge a metà viale di Madonna di Tirano. Mi guardo intorno, con circospezione, dopo quel mostrar di “ grazia di dio “ e vedo un folto gruppo di turisti giapponesi che si avvicina. Tre signore, bianche come lenzuola da bucato avanzano zigzagando con la testa in aria e con un ombrellino aperto. Le altre, armate di macchine fotografichei, hanno pantaloni corti simili ai miei che indossavo da ragazzo per andare a scuola. Mia madre me li faceva portare fin sotto le ginocchia poiché non dovevo mostrare le vergogna. Gli uomini, giallognoli, avanzano, con cappellini da guerriglieri schiacciati sulla nuca. Avanzano lentamente in ordine sparso vestiti come nostri contadini di un tempo. Ma va bene così, ben vengano perché portano soldi e noi ne abbiamo bisogno. La giornata è serena e il sole delle undici è cocente. Dico alla mia amica, che intanto si è srotolata velocemente i bordi dei calzoncini non senza avermi ben guardato il viso e il mio sguardo un poco assente e trasognato: “ guarda quelle signore con l’ombrellino bianco. Quelle evidentemente non vogliono abbronzarsi. I raggi del sole per loro li trattano come fossero spruzzi d’acqua da ripararsi il capo “ . Mi risponde alzando le spalle mascoline e con un’aria da sufficienza ma con grazia risponde “ quelle hanno le cosce bianche come le galline !”. Poi mi saluta con occhi azzurri, come il mare della Sardegna. Spruzza da ogni poro della pelle zampilli di simpatia e scintille di gioia di vivere. Se ne va sgambettando e sculettando. Per ristorarmi mi siedo in una panchina a lato del viale e aspetto che il gruppo di turisti giapponesi transiti innanzi a me. Sono piccoli, hanno le gambe storte, pallidi come cenci ma sono anch’essi felici e sorridenti alla faccia della abbronzatura! . Mi accuccio nei miei pensieri e ricordo quando negli ultimi anni quaranta per la prima volta vidi un uomo nero a Tirano. Ero con mia nonna. Come un grillo, alla visione dell’omone color carbone, saltai tra le sue due braccia dicendo : “ nonna, l’hanno bruciato ! “ . L’avevo paragonato al tizzone di legno rimasto nel camino della cucina “. Mia nonna mi rispose che era stato il Signore a dipingerlo di nero. Noi, continuò, ci ha tinto di bianco. Ora che sono anziano so che le cose non stanno così. L’evoluzione e la natura hanno fatto la loro parte. Ma i corsi e ricorsi della storia ci hanno messo lo zampino sul colore della nostra pelle. Per il mondo antico e fino al ‘8oo l’intera classe aristocratica per distinguersi dalla plebe amava avere la pelle chiara, poiché era un evidente segno di ricchezza e di benessere . Aver la pelle chiara significava non esporsi al sole per lavorare i campi; i lavori manuali portavano spesso ad essere esposti al sole e quindi ad abbronzarsi. Insomma, se la mia amica, fosse vissuta nell’’800 l’avrebbero scambiata per una gran raccoglitrice di patate in mutande. Ora no ! Oggidì chi ha la pelle bianca è visto alla pari di una mosca bianca. Appare come un esiliato, uno che esce soltanto a far la spesa e vive nel suo oscuro “ buco “. Non condivido, ma ahimè , questa è la moda d’oggidì. Apparire e apparire abbronzati è uno status symbol vincente e aggraziante. Ricordo che negli anni ’50 molti milanesi quando non avevano i soldi per andare in villeggiatura, facevano la scorta di viveri per quindici giorni; chiudevano le ante di casa, staccavano la corrente e andavano sul tetto della loro casa ad abbronzarsi, Dopo quindici giorni scendevano neri come carbone. Aprivano le ante, attaccavano la corrente. Poi in braghe corte o in vestiti da mare passeggiavano tra gli ombrosi viali facendo struscio e strombazzavano: “sono stato al mare, guarda come son nero”. Dunque se un tempo era conveniente aver la pelle chiara, ora conviene essere abbronzati , poiché altre a guadagnare in bellezza i raggi del sole sono salutari e migliorano la qualità della vita. Méngu
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