La birichinata di Ernestino, ‘l maialüganéghi
CULTURA E SPETTACOLO - 31 12 2021 - Ezio (Méngu)
Si racconta che in quel di Ronco, in una giornata di festa, Ernestino e i suoi inseparabili tre amici, abbiano mangiato ciascuno con polenta taragna, preparata da mia nonna Verginia, sette “ lüganéghi cotte ( salsicce ) a testa, annaffiate con due fiaschi di vino rosso del Mazacavàl. Ma fin qui potremmo essere nella normalità se uno è dotato di un poderoso “ büdèl de pànsa e cülar “ e quindi la cosa non fa notizia. Il fatto è che durante la gran mangiata nacque una divergenza di opinioni sull’appetito tra Ernestino e i tre amici. Era successo che a fine mangiata delle sette salsicce a testa con la taragna, i tre amici di Ernestino erano sazi come un gatto che si è mangiato una pantegana mentre Ernestino aveva ancora fame. Il guaio era che il gran tagliere della polenta era vuoto e delle file di lüganéghi che la nonna aveva cotto a puntino rimanevano solo i legacci e un gatto sotto il tavolo sembrava strozzarsi masticando le corde profumate. La nonna vide i faccioni tondi e rossastri e gli occhi “ vinus “ dei tre amici di Ernestino che sorridenti si massaggiavano la pancia ed ebbe piacere. Ma quando guardò la faccia di Ernestino fu presa dall’ansia. Lui sembrava un passerotto con il becco aperto che ancora aspettava il cibo nel nido. La nonna vide l’ansia famelica di Ernestino e capì, si grattò la testa e disse: “Ernestìn tée maiàa abòt ? Ta ma pàret amò scanàa dèla fam, tàa garée mìga adòs ‘l vèrum sulitari ? Vùu purtàa ‘na pulénta che i la maiava mìga ‘i mée dùu ciùn. U marcàa giù ‘n del taqquin che garìi de pagà 28 lüganeghi freschi, pudìi es ‘npansàa tücc quàtru ! “ I tre amici annuirono poi si fecero portare una bottiglia di grappa e tacquero. Ernestino no ! La sua pancia emise un brontolamento come il suono di una cornetta rotta e disse “ Vérginia, par piasè, fam amò scià sèt lüganeghi freschi e pòrtum àa tüta la pulénta che ‘l gh’è amò giù ‘n del paröl, maieròo àa la crùsta! Desmenteghèt mìga ‘l butigliun de vin! “. La nonna diceva sempre che il cliente ha sempre ragione per cui “ Padrùn cumanda, caval tròta “ Dopo una buona ora Ernestino era alle prese con le salsicce e la polenta, ma questa volta solo e mangiava con ghigno di sfida verso gli altri. Sbaffato la poderosa portata, sibilò un rutto modulato in “ sì bée dür “ e scolò la parte di grappa rimasta nella bottiglia dei tre e disse: “per ‘ncöö sòo rass !”. Tutti contenti pagarono il conto senza litigare tra loro e fu contenta anche mia nonna ad avere clienti così buoni di stomaco e di portafoglio. Ma la storia di Ernestino non è questa. Adesso sappiamo che a Ernestino piacevano le salsicce fresche e anche quelle ben secche di cantina. Successe in settembre quando l’amico Lorenzo ammazzò i suoi due maiali. Lo fece in modo tradizionale, comandando a giornata Ettore provetto macellatore che del maiale non gettava nulla. Il lavoro lo fece nella corte dove abitava anche Ernestino. Non mi dilungo, ma dirò solo che a lavoro concluso la cantina di Lorenzo era come la cattedrale di Notre Dame, però al posto dei turiboli luminosi e lampadari accesi c’erano salsicce, salami, cotechini e ogni ben di Dio e dallo sfiato della sua cantina proveniva una arietta che ti mandava in visibilio lo stomaco e ti trascinava in un orgasmo più sottile e dolce della tua prima notte di nozze. Ernestino, appena arrivato dai lavori dei campi con il solito buco nello stomaco doveva passare innanzi a quello sfiato di cantina. Pover ‘uomo! Si fermava e poi tirava tre lunghe annusate d’aria, e poi si accasciava al suolo con occhi da drogato. Doveva uscire dalla cucina la moglie Celestina e doveva trascinarlo per il “ patùn dè li bràghi” sino al tavolo di cucina e dargli un bicchiere di rosso per farlo ancora vivere nel nostro mondo tribulato. Immaginatevi il tormento! Per alcuni giorni resistette alla tentazione e poiché Ernestino aveva visto Lorenzo riporre la chiave della sua cantina in un buco del muro assai poco visibile, prese la chiave, entrò in cantina e con un colpo netto di “rampelin”, staccò dalla fila sette “luganeghi” secche. Le sette gioie non ebbero vita lunga poiché dopo 10 minuti erano in pancia a Ernestino che di nascosto a sua moglie le aveva mangiate con furia da drogato. La moglie aveva lasciato un biglietto sul tavolo dicendo che era andata alla Messa delle ore 18.00 in Parrocchia. Ernestino aveva mangiato solo 7 salsicce ma quelle poche gli avevano dato già il sapore di una vita nuova e fatto vedere la sua vita torturata da sua moglie con l’occhio più delicato, poiché a fine Messa, tornata in cucina la donna aveva ricevuto un bacio schioccante sulla guancia. Non sono sicuro, ma in questi casi le mogli sospettano sempre qualcosa e nel caso di qualche nostra birichinata è meglio comportarsi come al solito. Passarono due giorni e Ernestino ebbe rimorso per aver rubato le 7 salsicce a Lorenzo. Così la domenica seguente andò in parrocchia a confessarsi. Disse per filo e per segno il suo vizio di “maialüganéghi “ e il suo desiderio irresistibile che lo impossessava quando passava presso lo sfiato delizioso della cantina di Lorenzo e pianse a dirotto. Il buon prete gli disse “ sü, sü, curàgiu Ernestino, hai peccato ma sappi che il Signore perdona i nostri peccati, perdona sempre , così anche Lorenzo, il padrone della cantina dove tu hai rubato le 7 salsicce, per andare in Paradiso, ti dovrà perdonare, poiché il Signore ha detto di perdonare non solo 7 volte, ma settanta volte sette “ . Ernestino al sentir dire passò dal pianto al sorriso e pensò : Òla pèpa, 70 x7 = ‘l fa 490, cristoforo, alùra mi sòo ‘n de nà but de fèr , tra salsicce, cotechini, salami e ogni ben di Dio quello che c’è nella cantina di Lorenzo non giunge a tanto e dovrei starci dentro. Il prete vide Ernestino più tranquillo, gli impartì la benedizione e lo assolse dai sui peccati. Così, a lungo andare, durante l’inverno Ernestino si godette furtivamente le spoglie dei due maiali e non raggiunse tra salsicce, cotechini, salami, pancette ecc. la quota famelica di 490. Il suo “ delitto gastronomico” non lo turbò affatto poiché era sicuro che Lorenzo, buon cattolico, l’avrebbe sicuramente perdonato così come la “ parola” del Vangelo comanda. Che delizia li lüganéghi bèn còcì, che gran delizia la pulénta taragna! Sü, ulsìi al ciel ‘na filagna,car sòci, de lüganéghi per fach gran unur al Signur, pòo tarìi sü ‘na taragna e desmenteghì tücc i vos crüzi e dulur. ‘N Paradìs tücc i spécia de güstà chèla delizia. Fina S. Pédru ‘l dìss: sòci, mandìi sü ‘n pulentìn de maià, che i la tasterà àa ‘l Creatur che tütt ‘l pöl pòo vederìi chè ‘l brüt Curunavirus sü la Tèra, Lüü ‘l farà la Grazia de destöl. Ezio (Méngu)L’ufèrta prupizia
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