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Nuova rubrica - IL FLACONE SEPOLCRALE

CULTURA E SPETTACOLO - 16 11 2016 -

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«Il flacone sepolcrale» è il mio nuovo inventario magico. Il suo nome è tratto dal poema «Le flacon» di Charles Baudelaire, al quale pospongo l’aggettivo «sepolcrale».  Dentro la boccetta vitrea di Baudelaire risiedono migliaia di pensieri crisalidi, dimenticati dal tempo; sono fiori appassiti, maledetti: sono i Fiori del Male. Eppure, talvolta questi pensieri riemergono in superficie, uscendo dal mare scuro come il vino o ridiscendono dagli astri infuocati. Con il loro profumo inebriante spiccano il volo, muniti di ali «tinte d’azzurro, di rosa ghiacciato, laminate d’oro».  Baudelaire ha osato aprire lo scrigno d’Oriente e similmente farò io; anzi, noi. Sonderemo gli abissi più profondi, forse non della conoscenza. Ed ecco che quando crederemo di aver colto l’essenza di quei pensieri cristallizzati nei secoli, come suole essere la salgemma preziosa nelle grotte di Salisburgo, la Vertigine ci spingerà verso «una voragine oscura di miasmi umani». Ho sempre provato immensa fascinazione per i simboli. Adoro osservare il mondo attraverso un velo. Il velo di Maya? Perché no. Do forma alle cose, ai pensieri, al cosmo… Ma così va a finire che divento Dio! Non preoccupatevi, non leggerete le parole di un megalomane (o forse sì?). Questa settimana trascriverò un colloquio immaginario con mio padre. Perché mio padre? Perché in lui ho scoperto l’amore per il sapere ed una grande passione per la filosofia. Ma forza, diamo inizio a questa commedia – o dovrei forse definirla una farsa? – senza dilungarci in lunghi prologhi come soleva fare il mio amico Plauto!
  Padre: Osserva, figlio, all’orizzonte: immense distese di prati, infuocati da girasoli e da crochi impazziti di luce; montagne imponenti come cattedrali gotiche, adorne di pinnacoli degni delle più mirabili maestranze! Rimira i larici e gli abeti, simili alle imponenti colonne ioniche e corinzie dei templi greci! Ed il cielo, lassù, così vasto! E le costellazioni e la via lattea! Non fu forse il figlio di Apollo a generarla, facendo deviare il carro del Sole, per poi essere folgorato dal Sommo Giove? Osserva e dimmi se cotanta meraviglia non è degna di un Dio, che la creò ad immagine e somiglianza del Regno dell’Olimpo o del Paradiso Terrestre! Figlio: Oh padre, tu parli come i poeti, che dalle stelle fanno partorire gli dei e gli spiriti tenebrosi. Ma hai forse dimenticato che i poeti sono i più grandi menzogneri? Eppure questo è anche il tuo cosmo, padre mio. Se a te garba che un Dio abbia generato tutto ciò, ebbene, così sia! Padre: Non credi tu forse in Dio, caro figlio? Con il Suo sermone divino, la Virtù impose ciò che è Bene e ciò che è Male. Domanda a Capaneo, che osò sfidare il Sommo Giove con la sua ira e stolta superbia! O all’intrepido Odisseo, che tante pene patì prima di giungere nell’amata patria rocciosa, Itaca. Rimembra gli Achei, i quali non porsero onori a Pallade Atena! Figlio: Caro padre onoratissimo, come sono raggrinzite e consumate le tue parole. Esse ricordano i nembi velati che si diradano all’orizzonte per cedere il posto ad Aurora dalle rosee dita. Io sono uno spirito vago. Non esistono, nel mio universo, tavole della Legge. Esiste solamente la Mia Legge; esistono le Tue Tavole! Padre: Per Ercole! Cosa odono le mie orecchie! Che gli dei te ne scampino, figlio mio! Figlio: Ma sono io, Dio. Padre: Bada a ciò che dici se non vuoi divenir come codesti rovi spinosi ed infecondi! Ma narrami con parole oneste, figliolo. Se non esistesse un regno celestiale e puro sognato da Platone o un Motore Immobile, come garbò definirlo ad Aristotele, precettore del Magno Spirito che sedette tra Grecia ed Albania e che sotto la pioggia infuocata giunse nella terra bagnata dalle acque feconde e benedette del Gange, chi generò l’Idea di Bene e di Male? Figlio: Il mondo è un insieme di elementi che l’uomo, con il proprio linguaggio, chiama per nome e dice:- Questa è una foglia, questo è un albero -. Dipende da egli se quel fiume che tu ora vedi sgorgare dalla roccia sia nettare divino e dolce ambrosia o se si diparte da Elicona, ove siedono le ninfe dai seni vellutati e le carni morbide, aventi il sapore del latte. Io posso vedere in questa montagna un aggregato di rocce o il più prezioso dei diamanti, che racchiude mondi onirici o cumuli di sabbia dorata. Di nuovo, padre, mira il cielo. Vi è al mondo qualcosa di più prezioso del suo blu zeffiro? Solo l’oceano dai flutti spumeggianti è degno della sua Bellezza. Ma cos’è esso? Il sudario della Terra oppure la chiave d’accesso a mondi perduti? E’ forse Zefiro un Dio che con la sua aurea preziosa guidò il divino Odisseo e sparge semi e frutti nelle immense praterie? Noi solamente possiamo dire ciò che è o ciò che non è. Padre: Mio Dio, figlio mio, come un poeta tu parli!
Alessandro Cantoni  

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27 11 2016 21:11

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