Sei giovani quarantenanti raccontano
CULTURA E SPETTACOLO - 07 11 2020 - Ezio (Méngu)
Tre ragazze e tre ragazzi del milanese, studenti universitari, decidono di trascorrere alcuni giorni di vacanza in una bella baita sui monti. E’ il mese di ottobre, le montagne e i boschi sono immersi in un arcobaleno di colori. Il papà di Lorenza, la più giovane delle ragazze possiede una baita tra le balze rocciose del Mortirolo. Sono giornate meravigliose di sole e di colori e la sera decidono di cucinare la polenta” taragna “ da accompagnare con salsicce e del buon vino. Ecco il dramma !. Mario, laureando in geologia, innanzi al buon piatto di polenta e alla salsiccia fumante esclama: “Ragazzi avete cucinato non una polenta ma un pastrocchio perché non sa di nulla. Poi assaggia la salsiccia e scuote la testa e dice sconsolato : ” questa deve essere del tempo di Tutankamen “. Milena, studentessa in farmacologia, guarda Mario, poi lancia un’ occhiata agli amici e urla “ Mario è infetto da Coronavirus, non sente i sapori della nostra squisita polenta e delle salsicce bollite” . Quei sei giovani avevano seguito l’evoluzione del virus nei primi mesi dell’anno. Sapevano che il coronavirus causava la mancanza di sapori nelle persone infette. Insomma tutti, dopo aver mangiato la polenta e le salsicce e bevuto del buon vino sino a vedere i piatti puliti e lucidi come usciti dalla lavastoviglie, decidono di mettersi in quarantena in quella baita. Mario poteva essere un infetto. Per non annoiarsi ognuno si impegna a scrivere e a raccontare la sera una novella. Io ho avuto la fortuna di raccogliere i loro scritti e se non tedio i lettori mi impegno a trascriverle su questo giornale.
Il sindaco tentenna(La novella di Lorenza al tempo del coronavirus)
In una bella e graziosa cittadina, un sindaco si trovò, nei tempi di coronavirus, in grande confusione mentale. Malgrado gli innumerevoli appelli che sentiva alla televisione e alle diposizioni governative che davano delle linee guida ai sindaci come comportarsi e prendere decisioni “sulla pelle” dei propri cittadini per evitare il propagarsi del contagio, egli non seppe trovare una risoluzione.
La sua gente diceva che le disposizioni per evitare il contagio erano eccessive, che si potevano tenere aperte gran parte delle attività commerciali nel paese, e che la pandemia di coronavirus dilagante era poco più di una normale influenza. Il sindaco era quindi incerto, forse più del “ re tentenna “. Era indeciso se lasciare che molte attività che portavano consumo e ricchezza alla cittadina potessero ancora, malgrado la pandemia, funzionare oppure era preferibile che tutto fosse chiuso. Gira e rigira ne parlò in giunta, ma anche con loro non trovò un risoluzione. Il sindaco era un uomo di Mondo, perciò nel suo tempo libero frequentava volentieri i bar del paese. Incontrò , forse non per caso, un suo vecchio amico politico di “ pelo grigio “ che sapeva come accontentare la gente adeguandosi ai loro interessi personali.
Il sindaco gli parlò del fatto che lo tormentava e l’amico politico gli propose una soluzione. Tutto sommato quel sindaco doveva sapere se i suoi cittadini amavano più i soldi o la loro salute. In soldoni, il politico gli propose di scegliere il quesito: “o la borsa o la vita, cittadini decidete voi ! “. Il sindaco sapeva che il diffondersi del virus tra i suoi cittadini comportava la morte certa di alcuni anziani già sul filo della falce, mentre tra i giovani il virus non faceva troppa paura. Sapeva che ormai sono i giovani che fanno “girare” il mondo, mentre i vecchi anche se brontolano come suocere alla fin fine dicono sempre di si per accontentare i giovani. Bontà del vecchi che danno tutto e i giovani pochino. La sua cittadina contava circa 5.000 abitanti, a conti fatti anche l’un per cento di morti a causa della pandemia sarebbero stati troppi. Al mattino seguente emanò un avviso pubblico. La domenica successiva i cittadini e tutte le attività commerciali potevano, se lo ritenevano ragionevole, rimanere aperti al pubblico e con una ottima visibilità. In quella domenica il sindaco avrebbe contato le attività aperte e quelle chiuse e visto anche la presenza dei cittadini nelle strade e nelle piazze. Avrebbe poi deciso il da farsi. Il sindaco era un buon uomo e ci teneva alla salute dei suoi cittadini, ragion per cui aveva scritto nell’ordinanza a chiare lettere che coloro che avessero chiuso la loro attività con l’intenzione di contenere la pandemia in limiti circoscritti, avrebbero ricevuto un encomio solenne scritto all’albo comunale. Aveva la segreta speranza di disporre la chiusura totale di negozi e ristoranti ! Questo fece il bravo sindaco con l’intento di proteggere i cittadini dalla pandemia dilagante. Venne la domenica, fu difficile contare i negozi aperti per la grande confusione. Si contarono quindi le attività chiuse. Erano sette e si indagò. La causa fu che due rimasero chiuse per lutto famigliare, quattro per cessata attività, e uno per quarantena. Il sindaco incontrò di nuovo l’amico politico che gli disse : “ voce di popolo è voce di Dio, i tuoi cittadini hanno preferito la borsa. Tranquillizzati e vivi giorni tranquilli, non ti saranno mai contro qualsiasi cosa succeda” . Il sindaco scosse la testa e si grattò il capo e per scrupolo si toccò le parti basse! Dopo due giorni il sindaco rese noto con un altro avviso pubblico il risultato di quello speciale “ referendum “ fatto di domenica e più non ne parlò. Dopo alcuni mesi la pandemia dilagò in modo furibondo nel paese e nella Regione e molti morirono a causa del coronavirus. Molti cittadini e tantissimi gestori di attività pensarono d’aver dato un messaggio sbagliato in quel “ referendum “ ma tacquero. Anzi no, tra loro borbottarono e non pochi criticarono il sindaco che in quel caso avrebbe dovuto avere una visione “ super partes” “ e poi decidere, secondo suo giudizio, per la salvaguardia della salute dei cittadini, suo impegno primario. Quel sindaco, malgrado in cuor suo propendesse per la salute dei cittadini, non seppe imporsi e lasciò ad altri la soluzione. Nessuno lo accusò, ma lui sentì quei morti di coronavirus del suo paese sulla coscienza.
Ezio (Méngu)
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